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DisneyPaperinik e Universo PK: intervista a Tito Faraci

Paperinik e Universo PK: intervista a Tito Faraci

“In tutto, si tratta di cinque storie di venti pagine ciascuna, per un ciclo di 100 pagine. Ogni storia ha qualcosa di autoconclusivo ma la trama orizzontale è molto, molto forte. E questo si capisce fin dal primo episodio. Come arco temporale si colloca nei primi tre numeri del primo ciclo di PKNA. Il lettore troverà i nemici storici e alcuni degli amici, ma l’idea è quella di raccontare che cosa sarebbe successo se ad affrontare tutto ciò ci fosse stato Paperinik, costretto – di conseguenza – a fronteggiare il pericolo in un altro modo. In che modo, esattamente? Questa è la domanda da cui sono partito”.

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La cover di “Paperinik Appgrade” (Gennaio 2014)

PK (come personaggio) e Tito Faraci (come autore Disney) nascono entrambi nel 1996. È nel marzo di quell’anno che il numero zero di PKNA (“Paperinik New Adventures”), sceneggiato dal team Ezio Sisto e Alessandro Sisti, disegnato da Alberto Lavoradori e frutto di un lungo lavoro di discussioni, riunioni creative e organizzazione redazionale, esce in edicola. È nel maggio dello stesso anno che Faraci firma la sua prima storia su “Topolino”, per i disegni di Sandro Dossi. Sono passati diciotto anni. Questo mese, su “Paperinik Appgrade”, mensile Disney edito da Panini Comics, Tito Faraci firma la prima storia di un ciclo che riprende esplicitamente il mondo, i personaggi, le ambientazioni di PKNA. Per i disegni di Vitale Mangiatordi e Paolo de Lorenzi, il ritorno dell'”Universo PK” (come si intitola la serie) è ufficiale. 

“Il linguaggio narrativo di PK era molto avanti, nel 1996 – spiega Faraci – Questo però è un fumetto scritto oggi, a metà degli anni ’10. Gli strumenti linguistici sono cambiati. Il primo numero di PKNA ha per esempio il classico narratore onnisciente con le didascalie. In questo ciclo, la voce è quella del flusso di coscienza del personaggio, in prima persona. Lo dico perché qualcuno parla di un ritorno indietro rispetto all’esigenza di un fumetto più maturo. Ma qui non si tratta di una parodia. C’è ovviamente una buona dose di umorismo, come ovvio. Ma è anche una rilettura, e – in parte – il tentativo di riscrivere le origini del personaggio”.

E chi non ha mail letto PKNA? Ovviamente, anche i lettori di 11 anni – chi lavora per “Topolino” lo sa bene – devono sempre, in ogni caso, non sentirsi esclusi da una storia disneyana che si rifà a un passato di cui loro nulla conoscono. E infatti, Faraci spiega:

C’è sempre un doppio livello di lettura, anche se ho fatto in modo che chi non conosce PK non se ne accorga neanche. Allo stesso tempo, non mi dispiace l’idea che possa essere il modo di introdurre qualcuno all’universo di PKNA...La domanda è: che cosa rende PK, PK? Risposta: le sue relazioni. Anche perché PK è Paperinink, e questo va detto. Tutto dipende quanto si vuole mischiare le due linee di continuity. Ciò che ci tengo a dire è che l’universo di PK non nega l’esistenza di Paperinik. Sembra un paradosso ma è così. È un gioco metafumettistico, che viene rivelato fin dal primo episodio.

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Un confronto tra la prima vignetta in cui compare PK nel 1996 e il Paperinik di oggi, nella storia di Faraci e Mangiatordi.

Si sa: non possiamo raccontarvi quello che succede nella storia. Nessuno spoiler, tranquilli. Abbiamo allora chiesto a Faraci di raccontarci come è evoluto il suo modo di raccontare il personaggio di Paperinik/PK, in questi anni.

Io ho sempre avuto problemi con i paperi – rivela Faraci – Preferisco da sempre  le sfaccettature del carattere di Topolino, che secondo me sono più vaste. Molti vedono Paperino e Topolino come personaggi antiteci, ma sbagliano. In realtà, rappresentano sempre l’uomo medio, uno all’interno dell’universo di Paperopoli e l’altro in quello di Topolinia. PK mi ha permesso di avvicinarmi al mondo dei paperi. Ho cercato di raccontare l’eroe dietro la maschera. Anzi: “l’uomo” (perché vanno trattati come “uomini”, nel raccontarli). La visione di un Paperino perdente, iracondo e sciocco, non mi è mai piaciuta. Il Paperino di Barks, per dire, è uno che si ingegna, si dà da fare, non si arrende e poi ne esce (quasi) sempre. Sarei rimasto uno scrittore di topi se non fossi passato dall’esperienza di PK. Due in particolare: “Trauma” e “Motore/azione!”, che i lettori ricordano ancora oggi.

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I Coolflame, storici nemici di PK, nella versione del 1996 e in quella del 2014.

Sono passati quasi vent’anni, come si diceva. E tanto è cambiato. Tempo di bilanci? Non proprio. Ma…

Era quella l’epoca in cui cominciavo a scrivere per la Disney. Anzi, ci tengo a ricordare che arrivai a scrivere PKNA quando la serie era già iniziata. Fu Ezio Sisto a volere nuovi autori e bisogna ricordare quanto la sua scelta fu illuminata e coraggiosa. Anche perché la serie andava bene e non era scontato voler cambiare squadra. Inoltre per me è stata una fortuna: non ho vissuto il periodo di discussione e in qualche misura di compromessi con l’editore. Mi sono trovato il prodotto pronto e una grande libertà da subito. E Alessandro Sisti e Francesco Artibani mi hanno aiutato tantissimo, fin dall’inizio, a trovare il mio stile.

Era un periodo di cambiamento, proprio come oggi. La lunga direzione di Gaudenzio Capelli appena conclusa, tanta voglia di sperimentare e – soprattutto – i mezzi per poterlo fare. E oggi? Può tornare la capacità di fare qualcosa di innovativo?

Spero che esca presto questa tua intervista. Ti dirò la verità. Sono un po’ deluso da alcune spinte di restaurazione che arrivano – non dagli editori, né dagli autori – ma dai lettori. Ecco, quando vedo il lettore trentenne che rimpiange gli anni ’50 (in cui non era neanche nato), onestamente non so che dire… Il fatto è che il fumetto disneyano ha da sempre una forza che il fumetto popolare italiano, di norma, non ha mai avuto: tutti i grandi autori disneyani hanno sempre calato i personaggi nel mondo contemporaneo, spingendo al massimo la sperimentazione linguistica. Questa, almeno, è la strada che ci hanno indicato. E invece ci sono lettori disneyani che sarebbero per una restaurazione totale…vorrebbero rivedere le storie di Guido Martina…ma clonate!

Il pubblico disneyano è cambiato tanto, in effetti. Vent’anni fa erano più numerosi i bambini: la mentalità era per forza più aperta…

Una cosa bellissima che era successa all’epoca di PKNA e a cui penso spesso è che improvvisamente tra i lettori erano arrivati anche gli adolescenti. Un pubblico adulto, insomma. Noi eravamo felici e stupiti di questo. Oggi, per esempio, ho un seguito non indifferente di lettori trentenni che hanno iniziato a leggere le mie storie proprio quando erano adolescenti o pre-adolescenti. E questo mi fa un immenso piacere.

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La prima cover di “PKNA” (Marzo 1996)

E con Panini? Come sta andando? “Topolino” trae vantaggio dal non essere più affogato dentro il macrocosmo editoriale di Disney Publishing? La scommessa è quella di ridare a Topolino la sua peculiarità, che non è tanto economica, quanto qualitativa, editoriale…

La percezione è che “Topolino” sia tornato a essere qualcosa di molto importante per qualcuno. E questa è, ovviamente, una cosa molto, molto bella. Il mondo del fumetto italiano è piccolo, si sa. Io sono solo contento di lavorare con persone che conosco benissimo! E poi, diciamolo: “Topolino” è un prodotto italiano ed è giusto che dietro ci sia una casa editrice italiana…

E quindi, buona lettura: qui trovate le prime tavole del primo episodio e qui le tavole in bianco e nero del secondo, in uscita a febbraio.

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