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FocusCome cambia il mercato del fumetto digitale, in 4 punti

Come cambia il mercato del fumetto digitale, in 4 punti

Il fumetto digitale, ultima frontiera. Nel mercato statunitense la digitalizzazione dei comic-book ha ormai superato la fase della ‘fenomenale novità’ per diventare una realtà consolidata. Una realtà dal valore di quasi 100 milioni di dollari che non vede crisi all’orizzonte (mentre DC Comics ha rivelato che il mercato digitale copre il 15% del fatturato a fumetti, gli ebook nel 2013 hanno registrato un passivo del 3%) e che è parte integrate delle strategie distributive degli editori.

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E dire che solo nel 2009 i guadagni relativi ai digital comics ammontavano ad appena un milione di dollari. Il 2010 è stato l’anno del boom, con un incremento del 700% sugli introiti. Da lì, la percentuale di aumento è diminuita gradualmente portandoci all’anno scorso, quando il registro di cassa ha segnato 90 milioni di dollari, il 29% in più rispetto al 2012. E i dati, così come li riporta il sito ICv2, non includono gli abbonamenti offerti da realtà come Marvel Unlimited o Crunchyroll. A fare da testa di ponte c’è stato il sito, e la relativa app, comiXology – l’iTunes dei fumetti – con un database di 50.000 titoli in grado di strappare contratti in esclusiva con Marvel e DC; legato a comiXology è anche il Guided View, la modalità di lettura guidata che ha contribuito al successo dell’app, nonché la possibilità di pubblicare sul sito i propri lavori.

L’inizio del 2014 è stato scosso dall’acquisizione di comiXology, da parte del colosso Amazon. Sembrava la solita storia di ascesa e successo, ma le cose sono andate diversamente: la compagnia ha disattivato l’opzione per acquistare fumetti direttamente dall’app, attirandosi le critiche del settore. Da allora, nuove strade si sono aperte nel futuro del mezzo. Publishers Weekly segnala alcune di queste nuove tematiche.

I panchinari scendono in campo

comiXology ingloba circa il 90% del mercato fumettistico digitale; la sua entrata nella famiglia Amazon ha lasciato il campo libero per le realtà minori, quel 10% composto da compagnie come iVerse Media, Madefire o Dark Horse Digital. Si aprono nuove opzioni di distribuzione per gli editori.

iVerse, per esempio, si è attivata per diventare l’alternativa principale. Lo ha fatto prima includendo la possibilità di leggere materiale scaricato illegalmente e poi presentando in pompa magna al Comic-Con di New York uView, il sistema che vuole prendere il posto del Guided View di comiXology: con uView l’utente può creare la propria modalità di lettura del fumetto e potrà condividerla con chiunque abbia una copia di quello stesso fumetto. iVerse ha iniziato a dialogare con settanta sistemi bibliotecari statunitensi e australiane, raccogliendo un pubblico potenziale di 34 milioni di utenti. Un mondo che Amazon e Comixology non hanno mai voluto approcciare seriamente. Con iVerse hanno già firmato Valiant, Boom, IDW e Archie.

Madefire ha stretto accordi con Deviant Art e ha puntato sulle offerte di titoli gratuiti previo acquisto di uno dei 2000 fumetti presenti nel proprio catalogo. Anche loro hanno progettato un nuovo sistema di lettura, adottato da 35.000 utenti, ma i ritorni sono, per ora, modesti.

Altra voce fuori dal coro è Dark Horse; la loro app, tra tutti, è quella che rimane nella situazione più contraddittoria. Da una parte, è una delle poche entità fomentate direttamente da un editore. Per lo sviluppo dell’app, la casa editrice ha chiuso i canali con il resto del mondo digitale, privandosi di contratti lucrativi con le piattaforme di cui sopra. Dall’altra, l’editore ha evitato di restare invischiato in comiXology, anche a livello tecnologico – perché i brevetti di comiXology sono usati dalle app di molte case editrici, tra cui Marvel e DC, e questo costituisce un costo in termini di diritti.

La battaglia sugli arretrati (e sui costi)

Pensate a un fumetto, uno a caso, che vorreste leggere adesso. È uscito più di cinque anni fa? Allora è probabile che faticherete a trovarlo in formato digitale. Non è solo una questione di vecchiaia. Molte testate hanno buchi gravi e interi cicli narrativi recenti non sono ancora stati travasati nei database. E meno l’industria si interessa di questo problema, più opportunità di sfruttamento ci sono, essendo un terreno vergine. Le uniche soluzioni, per ora, sono i bundle, pacchetti contenenti un ciclo particolare o un evento fumettistico come i cross-over estivi, o qualche offerta promozionale fatta per veicolare una nuova uscita. Il problema, insomma, è in attesa di una soluzione.

Nella gran parte dei casi, comprare in digitale non conviene. Gli albi seriali hanno lo stesso prezzo della loro controparte fisica (dai 2 ai 4 dollari), i volumi anche. Eccezioni se ne trovano (un volume della Top Shelf a 15 dollari costa 6 dollari in digitale, molti titoli Marvel regalano la versione digitale con l’acquisto del cartaceo), ma sono gocce nell’oceano.

Il perché di queste tariffe è presto detto. C’è il motivo politico, ossia che gli editori vogliono preservare se stessi e le fumetterie che li foraggiano, e c’è il motivo pratico. «Uno dei grandi miti del digitale è che non costi nulla» ha dichiarato Ron Richards, in forze alla Image «Quando un fumetto è finito lo stampiamo dai file digitali. E poi dobbiamo riconvertirlo, perché, anche se tecnologie come l’iPad Retina si prestano all’alta definizione, la versione digitale non avrà mai la definizione da stampa, che è molto più alta». In breve, quello che Richards dice è che sul libro paga sono segnati i nomi di un intero staff addetto a queste e altre mansioni (come decidere quale vignetta far muovere durante la lettura o quale onomatopea far esplodere durante la Guided View).

Marvel ha ovviato con abbonamenti annuali ‘tutto a volontà’: con una quota mensile – una decina di dollari – si ha accesso all’intero database della Casa delle Idee. Database che comprende una minima quantità della sterminata produzione Marvel e che è in differita di sei mesi.

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La Silicon Valley è fuori dai giochi

Dopo l’accordo con Amazon, comiXology ha ridotto le funzionalità della propria app impedendo l’acquisto di fumetti direttamente dal dispositivo e costringendo gli utenti a visitare la piattaforma. In questo modo, Apple e Google, che percepivano una quota sugli acquisti fatti tramite app, sono stati tagliati fuori dalla spartizione del bottino (tra le altre cose, non si può più pagare con il proprio account Google Play).

«Sono l’app più remunerativa degli Stati Uniti. Togliere l’acquisto diretto crea un passaggio ulteriore per il consumatore, ma non ci sono altri giocatori con cui dividere i guadagni; e inoltre non devono più sottostare alle politiche restrittive della Silicon Valley» ha scritto Rob Salkowitz, autore del saggio Comic-Con and the Business of Pop Culture «È un rischio che hanno valutato e contano sulla fedeltà dei lettori». La palla passa a Google, Apple e gli altri giganti, che di sicuro non resteranno fuori dall’affare ancora a lungo.

Contenuto e piattaforma separate

Fino a poco tempo fa i DRM erano la regola. I DRM (Digital Rights Management) sono le tecnologie di gestione dei diritti digitali che legano l’acquisto all’account – e all’app – con cui l’hai comprato. I fumetti vengono criptati al fine di controllarne la diffusione. Questo permette la sincronizzazione del file su qualsiasi dispositivo dell’utente, ma impedisce lo scambio o la condivisione e, di conseguenza, la pirateria. Compri la licenza di lettura, non una copia effettiva che sarà tua per sempre, e lo potrai leggere solo sull’app di comiXology se l’hai comprato lì, per esempio.

Ora le cose sono cambiate e, mentre gli editori applicano ancora i DRM ai loro fumetti (la Image è una delle poche a non farlo), i distributori digitali si stanno muovendo verso formati aperti (PDF, ePub, CBR/CBZ). iVerse ha annunciato che i lettori di prossima generazione permetteranno di importare anche i contenuti non acquistati nei loro canali; comiXology ha sganciato i DRM rendendoli opzionali. Uno sviluppo degli eventi curioso se si considera che proprio comiXology aveva consolidato il proprio bacino di utenza legandolo con i DRM all’app omonima.

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