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FocusProfiliIl mystery marino di Aqualung, un nuovo webcomic italiano

Il mystery marino di Aqualung, un nuovo webcomic italiano

Tra i nuovi fumetti italiani pubblicati online nel corso di questa prima metà del 2015, Aqualung è senza dubbio uno di quelli da tenere d’occhio. Innanzitutto per la cura del progetto: una piattaforma pulita ma elegante, atmosfere classiche ma intriganti, cadenza regolare, scroll verticale e vignettone formato landscape, disegni maturi e colori pop – il tutto già solido e professionale. Un altro aspetto interessante è che a realizzarlo siano due perfetti sconosciuti, uno sceneggiatore e un visualizer pubblicitario al loro debutto nel fumetto ‘pubblicato’, Jacopo Paliaga e French Carlomagno.

In linea con la tradizione del mystery di ambientazione marina – e la stagione è quella giusta – Aqualung è una serie (o meglio, una coppia di serie ambientate nella stessa località) che racconta le avventure di una giovane donna in una piccola località della provincia americana. Una località i cui segreti emergono piano piano, al ritmo di (un equivalente di) 8/10 tavole alla settimana, che ci accompagnerà per ancora un mese, e che tornerà a farsi vedere in autunno. Anche perché Jacopo e French, con i quali abbiamo chiacchierato, hanno idee chiare sul futuro del progetto, determinati come sono a renderlo un terreno di prova e un trampolino di lancio per le loro carriere fumettistiche.

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Un thriller d’atmosfera, con elementi soprannaturali e un po’ di super-scienza. Cosa racconta Aqualung?

Jacopo: Al di là del thriller, sotto le vesti sovrannaturali e fantascientifiche, Aqualung è una storia di accettazione, della vita e di tutte quelle cose che avremmo voluto fossero diverse ma che invece non lo sono. Racconta di Holly che deve ritrovare il padre, scomparso nelle profondità marine, ma anche di Holly che deve imparare a fidarsi di chi gli sta accanto, o di Holly che da sempre è costretta a dover crescere troppo in fretta. C’è un sacco di roba, sotto la superficie. Tanto che il vero cuore di Aqualung potrebbe tranquillamente essere lo stesso di una commedia sentimentale (parecchio pop).

Perché l’ambientazione marina?

J: Prendendola larga, da bimbo ero in fissa con gli squali: avevo le videocassette con i documentari di Cousteau e avrò visto una ventina di volte Lo Squalo di Spielberg, prima ancora di veder spuntare il primo pelo sotto le ascelle. Il problema è che poi avevo una paura matta di tuffarmi in acqua, lì dove non si tocca. In realtà ho paura ancora adesso… però questo forse risponde alla domanda: le profondità del mare sono una delle cose che riusciamo ancora a spacciare vagamente come ignote, distanti e incontrollabili. Quindi l’ambientazione marina mi è venuta spontanea, per un mystery. Cold Cove, inoltre, è una cittadina di provincia che prende tanto da una Twin Peaks quanto da una Tree Hill. Ho sempre apprezzato la semplicità e allo stesso tempo la complessità dei luoghi provinciali, dove tutti sanno tutto di tutti. O almeno credono.

French: Sicuramente l’ambientazione ha influito molto anche sulla mia scelta di entrare nel progetto. Quando Jacopo me lo propose, l’ho trovata interessante e l’idea di disegnare mare, baie ma soprattutto mostri marini mi ispirava un sacco. Sicuramente è uno dei punti fondamentali su cui si basa l’intera serie.

La pubblicazione settimanale di Aqualung si alterna con un’altra serie, Journey Into Pseudoscience. Cosa hanno in comune (e cosa no)?

J: Per il momento le due serie hanno in comune l’ambientazione, Cold Cove. Per il momento. Quello che abbiamo consigliato ai lettori fin dall’inizio è stato di tenere gli occhi bene aperti, sia su Aqualung che su JIPS che sull’episodio speciale uscito da poco, “Inenarrabile”. In realtà è già stato mostrato molto del futuro di Aqualung, fin dai primi capitoli. È che (per fortuna) nessuno ancora se n’è accorto.

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Per essere un lavoro d’esordio, la qualità ci ha sinceramente sorpreso. Da quali esperienze provenite?

J: Dopo il diploma in sceneggiatura alla Scuola Internazionale di Comics, ho cominciato a buttar giù i primi progetti. Primi progetti consapevoli, intendo, ché di roba ne ho pieni i cassetti. Inaspettatamente sono arrivati anche i primi “sì” di persone a cui sono stati presentati, anche se – visti i tempi dell’editoria – sono stati seguiti da “ci vorrà un po’”. Quindi, anziché perderci d’animo o rimanere in attesa come nelle chiamate con gli operatori Telecom, che mentre aspetti ti percuotono le orecchie con la prima canzonetta pop che gli capita a tiro, dopo aver conosciuto French ci siamo detti «Buttiamo qualcosa online!». «“Perché no?». E quindi eccoci qui.

F: Disegno da che ho memoria sinceramente, anche se gli eventi mi hanno portato negli anni a lavorare in pubblicità e nelle agenzie come visualizer. Il disegno e il fumetto sono sempre stati la mia passione e il mio obiettivo. Sapevo di voler fare quello da sempre e, bene o male, gli ho sempre dedicato tutto il tempo che potevo. Ora sto cercando di trasformarlo in un lavoro a tutti gli effetti e, per fortuna, i riscontri sono sempre più positivi man mano che vado avanti.

Qualche lettore ha paragonato l’ambientazione di Aqualung a quella dell’Aquaman di Geoff Johns; a noi ha fatto pensare, più in generale, a certe produzioni Image. Che siano o no dei modelli, quali fumetti ci sono tra le vostre letture abituali, e a quali autori guardate?

J: I due pilastri che mi hanno fatto innamorare del fumetto sono certamente Brian Bendis e Mark Millar. Avevo circa dodici anni quando ho messo le mani sul primo numero di Ultimate Spider-Man, seguito a ruota dagli Ultimates di Millar, che rimangono ancora gli albi a cui sono più affezionato. In quel periodo leggevo anche Monster Allergy e avevo appena scoperto One Piece, immagino. Senza stare a citare i classici, ché altrimenti la lista durerebbe più di tutta quest’intervista, da qualche anno sono un accanito fanboy delle cose di Jonathan Hickman e Rick Remender, e ci metto pure Matt Fration e Jeff Lemire. Ma, sul serio, le influenze arrivano un po’ da tutte le parti, da Grant Morrison a Warren Ellis, da Zerocalcare a Roberto Recchioni. Senza dimenticare film o serie televisive. Soprattutto le serie televisive, parti importanti della mia dieta quotidiana.

Le letture abituali sono difficili da delineare: vado a gusti e a periodi. Mi piace leggere qualche spillato Marvel di mattina, mentre prendo il caffè, soprattutto perché rimangono aperti da soli sul tavolo, così appena sveglio non devo reggere in mano un albo. Poi Invincible, Rat-Man, Dylan Dog, Tex, Orfani, una carriola di serie Image come Black Science, Sex Criminals, Saga, The Manhattan Projects, East of West, Deadly Class, Descender, Southern Bastards e… sul serio, la finisco qui che è meglio.

F: Per parlare dei miei modelli non basterebbero dieci pagine, credo. Sono cresciuto con gli albi Marvel e con in mente e nelle mani lo stile fantastico di John Romita Jr. Lui è sicuramente uno dei miei riferimenti principali, da quando ho cominciato a leggere fumetti, e credo che in qualcosa si possa anche notare. Poi ce ne sono talmente tanti che non saprei da dove cominciare. Per citarne qualcuno di attuale: Bastien Vivès, sicuramente Gipi e Manuele Fior, fino a Bruce Timm e Cyril Pedrosa.

Perché avete lanciato il vostro webcomic come progetto autonomo, e non lo avete offerto a qualche sito o piattaforma collettiva? Motivi editoriali, tecnologici o altro? 

J: Semplicemente perché abbiamo pensato ad Aqualung come a un grosso biglietto da visita, qualcosa che ci desse modo di farci conoscere. Abbiamo avuto la fortuna di trovare qualcuno che ci desse una mano con il sito e, soprattutto, qualcuno che ci desse assistenza sui social, che io fino a ieri quasi non sapevo cosa fosse un hashtag… Inoltre, vista la natura allargata e propositiva del progetto, contenuti in una piattaforma ci saremmo sentiti un po’ stretti. Ci serviva un posto in cui avere un controllo creativo totale, dove ci saremmo potuti sentire liberi di gestire le nostre cose senza rendere conto a nessuno. In seconda battuta, perché un sito del genere ci sembrava una buona via di mezzo tra una testata classica, cartacea, e un fumetto comperato su App come Comixology.

F: Sicuramente non c’è altra motivazione. Il fatto di poter gestire tutto in autonomia è la cosa che ci ha fatto protendere verso questa soluzione. Non dover render conto a nessuno è utile per far sentire la propria voce e sicuramente la creatività ne giova solamente. Inoltre ci siamo trovati subito benissimo con Jacopo e questa sintonia penso si rifletta positivamente sui nostri progetti.

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Il punto è anche che, in Italia, non sono molti i webcomics ‘stand-alone’, interamente gestiti dagli autori. Per citare solo due nomi, pensiamo a Zerocalcare o a Lorenzo Ghetti. Siamo solo un po’ in ritardo rispetto a – per esempio – gli USA, o ci vedete altre spiegazioni?

J: Non credo sia una questione di ritardo. Credo sia una questione di cosa ci vuoi fare, con un webcomic. Una bomba atomica come From Here to Eternity, per fare un esempio, avrebbe funzionato sia in un collettivo, che su di un sito proprio, che sotto forma di quei banner fastidiosi che ti appaiono su YouTube mentre guardi per la trentaduesima volta il trailer del nuovo Star Wars. Idem per Vivi e Vegeta, o I <3 My Robot. Invece, non riesco a immaginarmi un To Be Continued di Lorenzo Ghetti ospitato su di una piattaforma, per i motivi che chi sta seguendo la serie conosce bene.

Il fatto di avere uno spazio proprio è soggettivo: per assurdo, anche uno Zerocalcare avrebbe potuto pubblicare su un Verticalismi, no? Se lo scopo, però, è quello di farsi conoscere, un sito stand-alone risulta come uno di quei biglietti da visita bianchi e patinati che le persone serie t’infilano nel taschino della camicia; una piattaforma – se non sei abbastanza bravo o se sei già conosciuto – diventa come una guida del telefono. Risulta più chiaro e personale, credo. Detto questo, credo che (salvo certi casi, tipo TOBECO) sia poco importante dove viene pubblicato un fumetto se la qualità è buona: non è che tanti prodotti mediocri pubblicati su siti stand-alone fanno accorciare un ipotetico ritardo con gli USA, mentre tanti gioiellini ospitati sulle piattaforme vanno ad abbassare gli standard. È appunto da vedere cosa ci vuoi fare, con un webcomic.

Quanto ha contato, per questo progetto, uno sguardo al panorama internazionale dei webcomics? Ci sono esempi specifici che avete osservato, non tanto per i contenuti ma per il modello di pubblicazione (formati, periodicità, design…)? 

J: Sono dell’idea che bisogna guardare un po’ a tutto, sia a ciò che piace ma anche a ciò che non piace e, soprattutto nel secondo caso, capirne il motivo. Questo sia per quanto riguarda il panorama internazionale che quello italiano, ma anche per quanto riguarda, ad esempio, il mercato più tradizionale, oppure film o serie televisive: un approccio critico è sempre necessario, nel bene e nel male. Per quanto riguarda formati e periodicità, sarà un limite mio ma faccio sempre parecchio fatica a leggere un fumetto online una pagina ogni tre o quattro giorni, o anche più, quindi mi ritrovo spesso ad accumulare pagine su pagine e a leggerle tutte in una volta. Ho pensato che tanto valeva avvantaggiarsi in partenza e proporre un intero capitolo da leggere tutto assieme, anche per una questione di ritmo.

L’idea di scrivere tutto il fumetto con vignette lunghe e orizzontali mi è venuta leggendo su iPad i Fantastic Four di Mark Millar e Bryan Hitch, dove seppure il fumetto fosse stato pensato per la carta, una certa predisposizione per questo tipo di vignette a striscia rendeva la lettura molto più immediata e scorrevole, senza dover zoommare o ridurre per dover leggere la vignetta intera. E da iPad è anche comodo, eh: da PC sarei impazzito.

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Avete stabilito una durata e lunghezza delle due serie, o verificherete più avanti?

J: La prima stagione di Aqualung è di 10 capitoli. Essendo entrambi divoratori di serie televisive, French e io ci siamo trovati immediatamente d’accordo sul formato da adottare per il webcomic, dividendolo in stagioni che ci avrebbero permesso non solo di curare tutto per bene (per quanto French sia una scheggia, è pur sempre un prodotto a colori che, per i 10 capitoli della prima stagione, si aggirerà attorno alle 80-90 tavole, a occhio) ma anche di dedicarci a qualche altro progetto messo in cantiere assieme. Abbiamo previsto una seconda stagione di Aqualung, in uscita a ottobre, e una terza, con la quale intendiamo concludere la storia cominciata con il primo episodio uscito poco più di un mese fa. Journey Into Pseudoscience, invece, durerà sei capitoli e basta. Per la seconda stagione stiamo pensando di fare qualcosa un po’ più in grande, per quando riguarda qualche spin-off e non solo.

Immaginate infine di proporlo in una veste cartacea, o resterà un progetto web? E perché avete scelto di autoprodurvi online, invece che su carta?

J: Oramai internet, Facebook e gli altri social sono diventati la vetrina principale per chi vuole sponsorizzarsi, basti pensare al percorso che hanno fatto Zerocalcare o Giacomo Bevilacqua, per dirne due a caso. Autoprodurre un volume su carta ci permetterebbe di raggiungere, la butto lì, non più di duecento persone, alle fiere. E non parlo di chi ha sentito nominare il nostro lavoro, ma di chi lo ha letto. Da questo punto di vista la pubblicazione online ci sta dando un sacco di soddisfazioni, con lettori che crescono di settimana in settimana e i nomi che pian piano, nel sottobosco, cominciano a girare. Per essere pubblicato su carta, Aqualung avrebbe bisogno di un bel restyling, immagino, perché essendo nato per il web non sarebbe adatto un semplice copia/incolla dei contenuti, stampati poi su carta. Non dico assolutamente di no, eh, ma dico che al momento non ci abbiamo ancora pensato, che non è lo scopo principale né una priorità. Ci piacerebbe, in futuro, fare un volume inedito che vada letto a pari passo o a prescindere della serie online, una sorta di mezzo reboot, uno starting-point per chi non ha mai letto il webcomic e al contempo un seguito dello stesso. Vedremo.

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