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RecensioniNovitàLe Murder Ballads raccontate a fumetti da Erik Kriek

Le Murder Ballads raccontate a fumetti da Erik Kriek

Le Murder Ballads sono un sottogenere della ballata tradizionale nel folk americano (anche dalle profonde radici anglosassoni), dedicato alla narrazione di eventi delittuosi, spesso particolarmente cruenti e ispirati da moventi passionali. Si tratta di composizioni tinte di forti connotati moralisti, in cui sotterraneamente affiora il fascino per le vicende maledette oggetto di condanna.

Celebre è il disco di Nick Cave così intitolato, che proprio quest’anno compie vent’anni. Ben prima del musicista australiano, però, alcuni dei più grandi nomi del cantautorato mondiale si sono confrontati col fascino oscuro di questo genere. Ad esempio, il noto brano di Johnny Cash Folsom Prison Blues (con i memorabili versi “I shot a man in Reno/ Just to watch him die”) è tecnicamente una murder ballad, senza ricordare le costanti reinterpretazioni dei classici da parte di Joan Baez. Anche Bob Dylan ha frequentato il genere, sia reinterpretando degli standard come Cocaine Blues o Lily of the West, sia componendone di originali come  recentemente Tin Angel.

Murder Ballads

Ora, Erik Kriek, un fumettista olandese già distintosi per il suo volume H.P. Lovecraft- Da altrove e altri racconti, ha tributato il suo omaggio a fumetti a cinque delle più importanti murder ballads.

Il libro si intitola In the Pines (edito in Italia da Eris), citando i versi di Where did you sleep last night, brano dal repertorio del leggendario bluesman Huddie Lead Belly Ledbetter, reso popolare tra le recenti generazioni dalla cover unplugged dei Nirvana.

Al di là del particolare interesse della tematica, il volume presenta alcuni pregi non scontati: la profonda cura filologica nel recuperare le versioni originali dei brani, la capacità di rendere il contrasto tra la quiete della quotidianità e il lato oscuro delle passioni distruttive (filo sotterraneo di tutte le narrazioni alternative al Sogno Americano), l’abilità di creare in poche pagine un’atmosfera di inquietante tensione.

La prima storia è quella di Pretty Polly (Kevin Spacey la canta nei panni di Frankie Underwood in una puntata di House of Cards), nota anche come The Ghost Song, in cui emergono già i temi cardine del genere: erotismo che sfocia in violenza, tradimento e vendetta, il senso di colpa che assume le fattezze ossessive di un fantasma, una maledizione di cui liberarsi a costo della vita.

The Long Black Veil (portata al successo internazionale dalla versione dei The Band) cambia il punto di vista del brano musicale (narrato in prima persona dal protagonista morto) per mostrarci neutramente l’incastro narrativo, in cui un amante per salvare l’onore della propria amata si avvia stoicamente al patibolo, pur essendo innocente.

In Taneytown (pubblicata nel 1997 da Steve Earle) appare il fantasma del razzismo: il protagonista è un umile ragazzo nero che diviene assassino per sfuggire a un linciaggio da parte di alcuni rednecks.

In Caleb Meyer (la canzone più recente delle cinque, essendo stata pubblicata nel 1998 da Gillian Welch) assistiamo forse alla scene più violente del libro: una storia di violenza carnale e vendetta, di gravidanze indesiderate e contrabbando.

Il libro si conclude con Where the Wild Roses Grow, ma il racconto è fedele alla versione originale del brano, completamente diversa dalla reinterpretazione di Nick Cave e Kylie Minogue, che più si accosta alla nostrana La canzone di Marinella di Fabrizio De André.

Murder Ballads

Ciò che più si apprezza nel libro è la forte coesione stilistica, una regolarità ritmica che ben rende l’andamento della ballata, con i suoi stilemi collaudati dalla tradizione.

Anche le scene amorose sono immerse in un’atmosfera da incubo, come se già il nero presagio incombesse inesorabile sul peccato degli amanti (si tratta sempre di adulteri o amori impossibili). Lo spaccato della società rurale dell’America ottocentesca è convincente: il cappio dell’etica puritana sembra quasi indurre i protagonisti al circolo vizioso di delitto e castigo: la  morale oppressiva spinge verso un’ineluttabile trasgressione e all’altrettanto inesorabile punizione, sia essa l’esecuzione capitale o il senso di colpa che divorerà per tutta la vita.

Nel complesso, un esperimento interessante, che mostra (anche a chi non è appassionato di ballate popolari americane) il grande potere di suggestione e reinterpretazione che il fumetto è capace di restituire.

In the Pines
di Erik Kriek

traduzione di F. Ledvinka
Eris Edizioni, 2016
brossurato, 136 pp., a colori

16,00 €

Leggi anche:La musica e la narrativa gotica nei fumetti di Erik Kriek

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