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RecensioniNovitàJupiter’s Legacy: tanto splendore per nulla

Jupiter’s Legacy: tanto splendore per nulla

Tutti i mercoledì negli Stati Uniti vengono pubblicate decine di albi a fumetti. Ogni Maledetta Settimana è la rubrica che tutti i venerdì, come un osservatorio permanente, racconta uno (o più) di questi comic book.

Jupiters Legacy

Iniziata nell’aprile 2013, la prima miniserie di Jupiter’s Legacy si era conclusa in poco meno di due anni nel gennaio 2015. La pausa tra il primo e il secondo volume ha permesso a Quitely di accumulare materiale e così i primi numeri del nuovo ciclo sono usciti con una normale cadenza mensile, dal giugno 2016, mentre gli ultimi due si sono fatti attendere e solo ora con il quinto episodio si è conclusa la serie. Non definitivamente però: al termine dell’epilogo, su una pagina dallo sfondo appropriatamente tutto nero, viene annunciato che Jupiter’s Requiem inizierà nel 2019, dando a Quitely ben un anno e mezzo di tempo almeno per una pubblicazione forse compatta.

Questi conti della serva non hanno naturalmente lo scopo di criticare Quitely, che se è relativamente lento lo è con buone ragioni e rimane tra gli artisti più straordinariamente capaci del panorama mondiale, del tutto unico nel suo saper immortalare il movimento con precisione quasi fotografica senza però perdere nulla della plasticità dell’azione. Si conferma poi ancora impeccabile nell’invenzione di scene fantascientifiche, dal character design dei suoi superesseri con costumi improvvisati o fetish, agli scontri telepatici in mondi mentali, fino alla rappresentazione di tecnologie futuristiche e robot assassini.

Jupiters legacy

Senza contare che Jupiter’s Legacy gli ha permesso di sfoggiare anche tutta la sua abilità nelle scene di massa, con orde di supertizi che si azzuffano, così come di spaziare tra i più diversi scenari naturali e di inventarsi una Dubai con un grattacielo che ha al suo interno un complesso innevato. Nel suo stile è cambiato qualcosa nella rappresentazione dei volti, meno “grassocci” e più segnati dal tempo e da linee lunghe, semplificati forse rispetto al passato ma non per questo meno espressivi.

Quitely insomma si conferma ai massimi vertici del mondo del fumetto, ed è proprio per via di un talento tanto prezioso che il tempo dedicato a un progetto come Jupiter’s Legacy appare quasi uno spreco. A conti fatti questi primi due volumi hanno impegnato il disegnatore per quattro anni pieni – e con il seguito arriveremo almeno a sei se non a sette – e che cosa ci hanno lasciato? Prima un’ennesima variazione sul tema dei supereroi classici, troppo rigidi nella loro moralità, e dei loro figli, troppo debosciati per essere cresciuti come superstar semi-onnipotenti. In parole povere una variante di The Boys di Garth Ennis, con in più il tema generazionale e in meno il senso del grottesco.

jupiters legacy

Il colpo di scena con il massacro di Utopian e soprattutto della sua famiglia, era stato violentissimo e d’impatto, ma pure di un’iconoclastia che da Millar risulta risaputa. L’idea di questo secondo volume è che per la riscossa dei pochi buoni rimasti in vita, questi si debbano alleare ai cattivi che vivono in clandestinità oppure imprigionati senza poteri nell’impenetrabile complesso Supermax. Il fatto che a essere radunati siano i super-criminali non ha però nessun peso reale nella storia: si tratta di figure senza alcuna motivazione o approfondimento, spesso senza battute, appena distinguibili l’uno dall’altro solo grazie al segno di Quitely.

Dunque l’idea che la salvezza dalla hybris di chi si sente superiore al resto dell’umanità, e in diritto di comandarla, arrivi da chi egoisticamente si è sempre fatto gli affari propri, finisce neutralizzata per palese inconsistenza. L’unico personaggio che riceve un po’ di sviluppo è Starfox, il nonno del geniale e potentissimo Jason. Rivela di essere diventato un villain perché i supereroi si limitavano a difendere lo status quo, dove lui vedeva invece troppe ingiustizie sociali. Quando fu sconfitto dopo aver cercato di ri-equilibrare il sistema bancario, mentre il pubblico applaudiva al pestaggio che riceveva dai supereroi, Starfox decise che l’umanità non meritava niente. Tocca quindi a Jason trovare un modo di farlo uscire dalla propria misantropia e farlo partecipare al loro piano.

E fino a qui tutto bene, ma la risoluzione dell’arco narrativo di Starfox è brutale e improvvisa, in un certo senso scioccante ma soprattutto gratuita e irritante, sia perché in netto contrasto a come era stato presentato il personaggio, sia perché ha l’effetto di scopare sotto il tappeto tutte le questioni accennate, sacrificando il solo nuovo vero personaggio della storia insieme a Jason.

jupiters legacy frank quitely

Millar insomma preferisce dedicarsi a rendere ingegnose le super-risse che Quitely dovrà disegnare, e in questo come al solito fa un buon lavoro, ma davvero è tutto qui e alla fine per quanto godibile e visivamente sontuoso risulta anche vacuo.

Il finale poi ci rivela che Starfox si poneva domande come “perché amiamo tanto i nostri figli?”, introducendo il sospetto che la procreazione di superesseri faccia parte del piano degli alieni che hanno dato i superpoteri agli umani. Gli extraterrestri probabilmente torneranno in Jupiter’s Requiem per rivelare il senso delle loro azioni. E sembra già di vedere l’ennesimo imperatore alieno super-sadico che umilierà e massacrerà vari eroi prima di essere fermato da Jason. Perché purtroppo oggi Millar sembra soprattutto questo: uno scrittore prevedibile, ed è un peccato che Quitely non collabori invece con qualcuno che magari abbia anche qualcosa da dire.

Bonus 1: Sacred Creatures

sacred creatures image comics

Il disegnatore argentino Pablo Raimondi, passato come di consueto per Marvel e DC, finora ha scritto poco per il mercato americano, ma ha trovato un progetto comune con Klaus Janson e così è nata per Image Comics Sacred Creatures.

Raimondi scrive e disegna, Dean White colora e Janson fa da co-sceneggiatore, per questa storia dove una misteriosa setta di individui immortali coinvolge nei loro piani un comune mortale. Forse in realtà non così comune, visto che alcune battute fanno intuire che lo si stava aspettando da tempo. A ogni modo, dopo avergli distrutto la vita, la setta gli dà la possibilità di rifarsi, a patto che uccida per loro qualcuno con un antico pugnale di pietra. Non vi riveliamo oltre di questo primo corposo numero di circa sessanta pagine, dove nonostante il colpo di scena finale sia un deja vu, la caratterizzazione dei vari personaggi è piuttosto efficace.

sacred creatures image comics

Come disegnatore Raimondi ha uno stile alla Bryan Hitch, infatti per i volti guarda ad attori e fotografie, tanto che uno dei personaggi è molto somigliante a Vincent Cassel, mentre gli altri sono per fortuna meno riconoscibili. Purtroppo però tutto va più o meno in rovina quando, dopo appena una decina di tavole, la città che prima era disegnata è sostituita da fotografie molto poco rielaborate in digitale, con un chiaro scollamento tra i personaggi e lo sfondo. Se ne fa un uso tanto spudorato che il lettore inizierà a sperare, di vignetta in vignetta, che l’azione si sposti al più presto in interni per limitare lo strazio. Una scelta estetica respingente, che cancella anche quel che di buono c’è nella storia e nei disegni di personaggi.

Bonus 2: Unholy Grail

unholy grail aftershock comics

Si tratta della prima serie Aftershock di Cullen Bunn, altalenante scrittore, prolifico come pochi, e al momento impegnato su: X-Men Blue alla Marvel, Harrow County alla Dark Horse, Damned alla Oni Press, Regression alla Image e Unsound con i Boom! Studios (sempre che non ci sia sfuggito qualche altro titolo).

Credo non ci sia un altro scrittore americano contemporaneamente coinvolto con così tante serie e case editrici, ma gli va riconosciuto che nonostante questo super-impegno la qualità media dei suoi testi sembra cresciuta. Anche Unholy Grail ha infatti un attacco che funziona: Merlino qui sarebbe più un ciarlatano che un mago vero e proprio e, in breve, un demone lo uccide e ne prende le sembianze. Va così al suo posto a visitare Uther Pendragon ancora malato, dando vita alla storia di Re Artù, che forgerà come una sua pedina con scopi misteriosi e di certo sinistri.

L’episodio inizia infatti con la dissoluzione di Camelot e con Percivale del Galles che torna troppo tardi con il Graal, quando il regno è ormai caduto. A ritroso viene quindi riassunta, con toni sinistri, parte della vicenda arturiana e anche il finale, che torna su Percival,e si tinge di una luce inquietante nonostante la presenza del Graal.

unholy grail aftershock comics

Bunn dà del suo meglio quando scrive machiavellici villain, come nella sua serie dedicata a Magneto, e qui ha decisamente modo di divertirsi con un demoniaco Merlino. Alle matite Mirko Colak e la colorista Maria Santaolalla che cercano di dare uno stile un poco diverso ai vari momenti raccontati nella storia: più chiara e nitida la morte di Pendragon, molto più cupe e dettagliate le altre scene in cui l’oscurità non ha bisogno di nascondersi.

Una partenza dunque piuttosto convincente, anche se rimane da vedere dove Bunn voglia o sappia andare a parare oltre all’idea provocatoria di una tavola rotonda dark. Nel mentre comunque ha già annunciato un’altra serie ancora per Aftershock, Darkark, disegnata da Juan Doe e di prossima pubblicazione a settembre.

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