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RecensioniUSAI nuovi Avengers formato blockbuster

I nuovi Avengers formato blockbuster

Dopo il proliferare dell’ultimo decennio di serie di ogni tipo con il titolo Avengers, l’evento No Surrender ha posto fine a tutte le trame in corso e azzerato la situazione preparando il terreno alla ripartenza della serie bandiera della Marvel, che nell’era Cebulski è la sola a fregiarsi del titolo Avengers (o meglio: ci sarebbe anche West Coast Avengers ma è un titolo che ha una sua particolare storia).

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A scriverla quello che negli anni è diventato il principale “architetto” della casa delle idee, Jason Aaron, e a disegnarla uno dei nomi di punta del comicdom mainstream americano, Ed McGuinness, inchiostrato da Mark Morales e colorato da David Curiel.

Ma non sarebbe la Marvel se non ci fosse qualche incidente di percorso con i disegnatori: il lento McGuinness non ha saputo tenere il passo e così dal secondo numero è servito un secondo inchiostratore, Jay Leisten, sostituito nel quinto con Karl Story.

Nel terzo numero entra in scena come autore della gran parte delle tavole Paco Medina, inchiostrato da Juan Vlasco che si aggiunge ai credits. Nonostante la staffetta entrambi i penciler sono arrivati un po’ provati all’ultimo numero dove alcune pagine sono al di sotto del loro standard qualitativo. Insomma il solito pasticcio, per altro ampiamente prevedibile considerate le abitudini di McGuinness.

Tra l’altro fra McGuinness e Medina c’è un discreto abisso, tanto il secondo è dotato di poca personalità quanto il primo ha invece un tratto potente, figure e volti caratteristici, “pupazzosi” e cartooneschi ma con un gusto per l’esagerazione che porta con sé anche grande energia. Aaron gli regala l’occasione di inventare una nuova schiera di Celestiali neri, ma il design di McGuinness su questo fronte non impressiona, anche perché si scontra con l’imbattibile Kirby che i Celestiali li ha creati.

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Gli dèi alieni di McGuinness non sono abbastanza alieni e sono banalizzati da armi come una falce, o da una forma scheletrica con fiamme verdi, che ne sottolineano banalmente la cattiveria. Inoltre, va bene il nero ma pure con gli accostamenti di colore si poteva e doveva osare un po’ di più.

McGuinness come sempre dà il meglio di sé con i personaggi più nerboruti, quindi la sua Hulk (Jennifer Walters con una personalità in verde che sembra però d’intelligenza limitata come quella del cugino Banner alle origini) è irresistibile, il suo Thor sempre pronto a esplodere e il suo Capitan America fin troppo imponente e massiccio, tanto da essere una figura quasi più minacciosa che d’ispirazione.

Gli altri membri del gruppo, ossia Iron Man, Capitan Marvel, Pantera Nera, Ghost Rider e – per questi primi episodi – Doctor Strange sono meno nelle corde del disegnatore, che però soprattutto con la plasticità di Pantera Nera riesce a divertirsi e a divertire.

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Medina invece se la cava meglio proprio con Iron Man e più in generale con le armature, dove il suo stile più pulitino dà corpo a un mecha-design ricco. Sono invece i volti il suo punto debole, tutti vagamente piegati da una smorfia. Anche nell’azione McGuinness ha decisamente una marcia in più, basti vedere le sue splash page o una delle prime tavole del secondo episodio, in cui una prospettiva vertiginosa, che percorre in diagonale tutta la pagina, Carol Danvers porta via un Celestiale “morto”.

Venendo alla trama siamo nel territorio più blockbuster immaginabile, con giganteschi dèi alieni “morti” che piovono sulla Terra mentre i Celestiali neri si preparano alla mietitura. Ovviamente gli Avengers, per quanto ci provino, non possono affrontarli direttamente e così dovranno cercare disperatamente altre soluzioni, chi ad Asgard, chi al centro della Terra, chi ascoltando i monologhi di Loki e chi rispondendo a un allarme. È così che Iron Man arriva nella distrutta città degli Eterni, tutti ammazzati, e riceve dal moribondo Ikaris il potere di evocare l’Uni-Mente.

A questo punto occorre aprire una digressione sugli stermini in corso alla Marvel. L’era Cebulski sembra voler portare ordine nelle varie famiglie della Casa delle Idee, così se da una parte tornano i Fantastici Quattro e fioriscono le miniserie dedicate a personaggi minori, dall’altra è in corso una massiccia e sanguinaria ristrutturazione.

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Abbiamo infatti Death of Inhumans, con una mattanza di rara radicalità, EXtermination, dal titolo eloquente e che probabilmente toglierà di torno i cinque giovani X-Men originali introdotti da Bendis, e l’annuciato Uncanny X-Men Disassembled che sembra promettere poco di buono per altri numerosi mutanti. A tutto questo si aggiunge il massacro quasi en passant degli Eterni (che comunque per loro natura tornano dalla morte).

Non è la prima volta che per rendere la drammaticità del momento e la potenza del nemico qualche gruppo di personaggi poco in voga venga sacrificato. Era successo all’intera o quasi Alpha Flight nel Collettivo di Bendis e ora tocca agli Eterni, sebbene qui la scelta sia più sensata visto il loro legame con i Celestiali. Probabilmente però questa “morte” è un modo per richiamarli in causa attraverso la testata di punta e preludere a un futuro rilancio, se è vero come dicono le voci che proprio gli Eterni potrebbero entrare nell’universo cinematografico Marvel.

Tornando alla vicenda degli Avengers di Aaron, le esagerazioni epiche raggiungono un parossismo quasi comico alla fine del quinto episodio, quando alcuni Vendicatori ottengono i mezzi e le dimensioni per fronteggiare i Celestiali neri alla pari.

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Si assiste così all’equivalente Marvel di uno scontro di massa tra robottoni giapponesi e tokusatsu (come Ultraman e Megaloman), ma per fortuna Aaron ricorre a un’altra soluzione per risolvere l’invasione – sebbene non sia poi molto più ispirata. A rendere il tutto ancora più volutamente eccessivo c’è il racconto di Loki e di Odino che narrano come questa storia abbia avuto inizio milioni di anni fa nella preistoria, ricollegandosi così agli Avengers delle caverne visti in Marvel Legacy ormai qualche mese or sono.

I segreti e misfatti compiuti da quei proto-vendicatori saranno il filo rosso di questa nuova gestione degli Avengers e continueranno ben oltre questo primo ciclo. Tra le righe Aaron fa capire che esplorerà la natura del potere di Ghost Rider (personaggio Marvel tra i primi su cui ha lavorato, sebbene qui in una diversa incarnazione), il rapporto tra Odino e il dio Bast della Pantera Nera, e pure quello tra lo stesso Odino e la Fenice (del resto Aaron l’ha appena reintrodotta anche nel futuro remoto del suo Thor in un nuovo corpo ospite, che preferiamo non rivelare).

Avrà poi sicuramente un ruolo anche lo Star Brand, che Ghost Rider ha involontariamente ucciso in Marvel Legacy a causa di chissà quali innominabili peccati passati, e che ora vaga urlante nell’etere in cerca di un nuovo ospite. Aaron introduce anche una sorta di sottotrama romantica tra Thor e Hulk, che a un certo punto bacia il Dio del Tuono per salvarlo.

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Con un inizio così smargiassone, sostenuto solo in parte dai disegni, è davvero possibile che la serie si evolva in qualcosa di memorabile o è destinata a essere solo il più spensierato aggancio per gli spettatori incuriositi dai film?

Forse nessuna delle due cose, visto che è difficile che gli spettatori si orientino in un dedalo di continuity e personaggi che al cinema non sono nemmeno ancora apparsi, come appunto i Celestiali, gli Eterni e pure Ghost Rider (visto solo in Agents of SHIELD), senza poi dire delle versioni preistoriche degli eroi.

L’ambizione insomma sembra un’altra e ad Aaron non manca la voglia di divertirsi, ma è tutto così programmaticamente spropositato che finisce per godersela più lui del lettore, inoltre molto dipende dalla qualità grafica che la Marvel saprà mantenere sulla serie, dove l’inizio non è certo stato dei migliori.

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