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Il migliore dei fumetti possibili

Il modello democratico ha dei limiti enormi. Per esempio, la storia del suffragio universale mica l’ho mai capita fino in fondo.

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Pensaci. Per poter fare le cose pericolose, di solito, devi studiare, dare degli esami e dimostrare la tua idoneità. Magari devi farlo periodicamente. Ripetutamente. Sparare con un fucile, spegnere un incendio, andare sott’acqua con le bombole, manovrare una gru, guidare un’automobile… Ecco. Per fare quelle cose devi avere una licenza. Poi ci sono altre cose, veramente pericolose, che puoi fare senza che un ente di controllo sancisca la tua idoneità. Alcune di queste, poi, sono pericolosissime e, ciò nonostante, possono farle tutti. Anzi, nella maggior parte dei casi, se qualcuno che potrebbe farle non le fa, viene guardato con una punta di riprovazione.

Ti faccio due esempi.

Tutti possono – anzi, dovrebbero – fare figli. Poi, è vero, i figli avrebbero diritto a genitori almeno decenti, ma questo diventa un problema che ci riguarda meno. Le istituzioni di controllo della famiglia più potenti che ci siano, le chiese, prevedono corsi prematrimoniali ma nessuna sessione di formazione prima di mettere al mondo figli. E, diciamocelo, di genitori inguardabili e indifendibili ne conosciamo tanti. Troppi.

Secondo esempio. Tutti possono – anzi, dovrebbero – votare, democraticamente, i propri rappresentanti. Anche quelli che non conoscono la costituzione, la storia e, peggio ancora, la geografia. Guidati dalla cronaca (o da sue semplificazioni), mettono una croce, quasi a caso, su un foglio, convinti magari di aver fatto la scelta migliore, e tornano a casa, dopo aver deciso per tutti. Alcuni di questi, poi, iniziano feroci campagne postelettorali su Facebook, senza alcuna soluzione di continuità con quelle preelettorali… ma questa è un’altra storia.

Diciamocelo. La democrazia è un errore statistico. Le regole d’ingresso, che hanno a che fare con la nazionalità, l’età, l’igiene mentale e penale e, qualche volta, il genere sessuale, sono decisamente fuori fuoco.

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La pensa come me, con ogni evidenza, anche il padrone di casa che, dovendo definire la lista dei migliori fumetti del 2013, ha chiesto a tutti i collaboratori di esprimere opinioni. Lo ha fatto individualmente e mica coinvolgendoli, tutti insieme, su una piattaforma di condivisione delle scelte. Non ha organizzato un meetup e io non ho potuto mettere i miei like (e la chiamano democrazia, direbbe Bruce Cockburn). Poi ha fatto le sue scelte, dicendo di aver ascoltato tutti e di aver mediato le istanze della redazione. Ma tu ci credi? Io no. Nella sua posizione, mica lo avrei fatto. Dopo un anno intero di chiacchiere da dopocena, avrei fatto un giro di telefonate con le mie amiche e con i miei amici più interessanti e avrei chiesto loro di ricordarmi i titoli che avevano amato di più e perché.

Ah! L’ho fatto. Siccome ho una column da portare avanti (guarda come gongolo!) e non un intero sito, l’ho fatto più in fretta. Anzi, ho ottimizzato a tal punto il processo di raccolta delle informazioni da incidere radicalmente sulle telefonate: non ho sentito nessuno (Amici, ci vediamo giovedì per la birra. Ok?). Ho ripensato al mio 2013: a ognuno dei miei affetti più cari, alle chiacchierate da osteria e ai libri che ho letto. E così ho fatto il mio elenco. Però, sappilo, ho tenuto nella dovuta considerazione le opinioni di tutti.

Bando alle ciance, ché il 2014 si avvicina. Ho fatto tre classifiche proprio come Fumettologica (siccome la quarta non l’ho capita, e la quinta è in via di definizione, faccio finta che non ci siano), garantendomi almeno un paio di gradi di libertà. Innanzitutto, non ho sentito il morso della precisione. Non sono stato mica così attento a scegliere proprio dieci titoli: se me ne sono venuti in mente 8 o 12, me li sono fatti andare bene lo stesso. In secondo luogo, li ho messi tutti insieme ché mica sono tanto bravo ad assegnare punteggi ai miei amori.

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Graphic novel

Scegliere una decina di libri a fumetti (contenenti una storia autoconclusiva e venduti nelle librerie di varia: questa è la regola che mi sono dato) mi è abbastanza facile. I marchi che li presentano sono riconoscibili e ce ne sono alcuni che guardo con più attenzione degli altri.

Innanzitutto Coconino che, quest’anno, mi ha stupito come non faceva da tempo. Mi è parso che l’uniformità dei materiali sia diventata un obbligo meno stringente. Quel cartoncino usato per tutte le copertine e quella carta giallina su cui smorzare ogni segno e colore mi sembrano, da anni, gesti vezzosi per estendere, a tutti i libri, un vincolo apprezzabile solo per alcuni di essi. Il libro “avoriato” che mi è piaciuto è stato L’intervista di Manuele Fior. Dopo la lettura, mi ero convinto fosse molto meno interessante dei due precedenti. Poi una chiacchierata con un’amica mi ha costretto a una rilettura. Quello è un libro importante. Io René Tardi, prigioniero di guerra allo Stalag II B di Jacques Tardi è uscito in un’edizione molto simile a quella Casterman (volume cartonato, stampato su carta patinata bianchissima) e contiene la prima metà delle vicende di un padre che sanguina storia. Coconino è uscita anche con Unastoria di Gipi e con quel libro ci toccherà fare i conti a lungo.

Ho delle difficoltà ad amare i libri Bao. Mi sembra che, troppo spesso, facciano risaltare i difetti che percepisco nell’intero mercato editoriale: affastellamento avido di titoli dissonanti, vaghezza di progettualità editoriale, nobiltà esibita nella presentazione dei prodotti (quasi sempre impeccabili dal punto di vista cartotecnico) e miseria nell’attenzione ai lettori (evidente nelle traduzioni letterali a scapito del ritmo e del senso). Quest’anno, mi sono parsi necessari Souvenir dell’impero dell’atomo di Thierry Smolderen e Alexandre Clérisse e Billy Nebbia: Il dono dell’ultravista di Guillaume Bianco. Però quest’ultimo, se leggi il francese, ti consiglio di prenderlo nell’edizione originale. Un libro interamente basato sulla ritmica del segno e delle parole non può essere sbagliato fin dal titolo: Billy Brouillard non è Billy Nebbia e, per capirlo, non serve neanche aver fatto il ginnasio.

Ho difficoltà a parlare di Rizzoli Lizard, perché è una casa editrice con cui mi capita di collaborare. Puoi anche non fidarti, ma La proprietà di Rutu Modan è un grande fumetto. Lo stesso vale per Verso una nobile morte di Shigeru Mizuki (c’è la mia prefazione, ma un delirio grafico ha fatto sì che essa sia stata impaginata in un illeggibile senso di lettura levogiro, quindi non mi sento neanche troppo in colpa per aver citato quel titolo).

Panini 9L, con quel nome che dovrebbe essere sanzionato con anni di interdizione, ha pubblicato il giocattolo metatestuale più divertente dell’anno. Si chiama Jim Henson’s Tale of Sand di Jim Henson e Ramon Perez. Infine Grrrzetic ha pubblicato Corpicino di Tuono Pettinato. E per quello, in chiusura d’anno, posso concedermi la sola parolaccia di questa rubrica: che cazzo di libro!

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Serie

Come sai, la serialità sta nelle intenzioni (dell’autore e dell’editore) e nel formato – e nella periodicità – di pubblicazione originaria. Ne scelgo alcune, quindi, che avrebbero potuto essere menzionate anche tra i libri qua sopra.

Innanzitutto Tyrex di Mauro Entrialgo, pubblicata da Diàbolo Edizioni in un volumetto autoconclusivo. Racconta le avventure domestiche di un wrestler mascherato. Un uomo tigre senza il dramma e il conflitto, costretto a sopravvivere alle ossessioni degli amici, alle esigenze della fidanzata e alla noia di qualche brutto fine settimana. Poi, Kagemaru den di Sanpei Shirato, di cui Hazard ha pubblicato i primi tre volumi. Quella è vera bellezza. E gioca in un altro campionato. Possiamo solo sperare che, all’esaurirsi di questa serie, Hazard decida di proseguire con Kamui (ma, se non lo fa, puoi prendere i 4 volumi dell’edizione francese fatta da Kana).

Panini ha portato in edicola tre serie molto belle: Occhio di falco di Matt Fraction e David Aja; Fashion Beast di Alan Moore, Malcolm McLaren, Anthony Johnson e Facundo Percio; e I nuovissimi X-Men di Brian Michael Bendis e Stuart Immonen.

Segnalo, poi, due manga Panini. Il primo è di Naoki Urasawa, che è un narratore stupefacente. Si accompagna a sceneggiatori bravissimi (che tende a far scomparire dietro il proprio marchio) e realizza serie ricche di inventiva con un approccio narrativo in caduta libera che a me ricorda molto quello di Stephen King. GP Publishing sta pubblicando Billy Bat ed è esattamente quello che ci si aspetterebbe dall’autore di Monster e 20th Century Boy. Mentre quella esce (leggila, è divertentissima), ti consiglio di tenere d’occhio una serie, edita da Panini, dalla struttura molto più semplice e dalla continuity molto meno marcata che ha ormai un quarto di secolo: Master Keaton. Semplici indagini tra archeologia, facilonerie storiche e scuola di sopravvivenza.

Seriale per la struttura e per i ritmi di pubblicazione originali, ma non certo per il formato di edizione italiana, è invece Opus di Satoshi Kon. Nel corso dell’anno, inoltre, è uscito il numero 3000 di “Topolino” e quel singolo numero restituisce il senso della serialità al fumetto disneyani.

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Grandi classici

Le grandi riproposte quest’anno sono state una presenza costante in edicola. Nella collana Historica di Mondadori, sono tornati i personaggi delle Sette vite dello Sparviero di Patrick Cothias e André Juillard, in due volumi omonimi e nel successivo Piuma al vento. Il giustiziere incappucciato è inoltre protagonista della serie Masquerouge, proposta in versione bonellizzata in 5 albi da Cosmo. In allegato alla “Gazzetta dello Sport” e al “Corriere della Sera”, dopo quella robaccia di Michel Vaillant, quest’anno è iniziata la serie di 44 volumi che raccoglie quasi tutto Lucky Luke di Morris (per molte storie su sceneggiature di René Goscinny). Cento pagine di fumetto divertentissimo la settimana per meno di 4 euro.

Ancora in edicola, stampato con un ciclostile riemerso dagli anni Settanta del secolo scorso, è uscito anche il primo volume delle avventure di Kriminal di Max Bunker e Magnus. L’inventore è Bunker, si sa, ma il libro lo si compra per quel gigante che disegna. A proposito di Magnus, Rizzoli Lizard sta proseguendo la riproposta dei lavori del fumettista in volumi – dal formato ondivago – curati da Fabio Gadducci. Quest’anno è uscita anche la raccolta dei Briganti, un fumetto di cui ho amato ogni singola pagina individualmente e di cui non ho mai capito il senso unitario.

Per il trentennale di Valvoline Motorcomics, Igort, in qualità di direttore di Coconino, ha deciso di proporre cinque libri che raccontassero quell’esperienza. Nel corso del 2013 sono usciti Sinfonia a Bombay dello stesso Igort, Doctor Nefasto di Lorenzo Mattotti e, soprattutto, Polsi sottili di Giorgio Carpintieri.

Le riscritture colme di citazioni mica sono un’invenzione di Tiziano Sclavi e Neil Gaiman. Negli anni Sessanta Mino Milani e Grazia Nidasio giocavano con l’immaginario di Jules Verne e realizzavano un gioiello narrativo per il “Corriere dei Piccoli”, Il dottor Oss. Tutte quelle pagine sono state raccolte dalla Comicout di Laura Scarpa in un volume bellissimo.

Rw Lineachiara sta proponendo un’edizione integrale dello Spirou di Franquin. Ne sono usciti due volumi e ancora ne aspettiamo.

Infine, Orecchio Acerbo. Quando quella casa editrice è nata, all’inizio del millennio, la cosa che stupiva era il coraggio delle novità proposte in un mercato che si stava impantanando. Orecchio Acerbo non aveva paura di fare libri difficili nel paese in cui l’esperienza della Emme Edizioni di Rosellina Archinto era stata presto liquidata con la frase sprezzante “libri per i figli degli architetti”. Dopo anni di piccole rivoluzioni, il progetto editoriale si era un po’ normalizzato. Quest’anno, Orecchio Acerbo mi ha stupito almeno due volte, con titoli pescati dalla storia del picture book: prima con Spiaggia magica di Crockett Johnson e poi con Giallo giallo di Frank Asch e Mark Alan Stamaty. Ed è stata proprio la scelta di guardare a quel titolo, importante e dimenticato, della casa editrice Emme che mi ha fatto ripensare all’attenzione che, da qualche anno, Orecchio Acerbo riserva alla storia dell’albo illustrato. Lo ha fatto proponendoci James Flora, Remy Charlip, Peter Newell, Shel Silverstein,… È un impegno che fa bene al cuore.

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Riassumendo

Graphic novel

9 – Billy Nebbia: Il dono dell’ultravista di Giullaume Bianco

8 – Souvenir dell’impero dell’atomo di Thierry Smolderen e Alexandre Clérisse

7 – Jim Henson’s Tale of Sand di Jim Henson e Ramon Perez

6 – L’intervista di Manuele Fior

5 – Verso una nobile morte di Shigeru Mizuki

4 – Io René Tardi, prigioniero di guerra allo Stalag II B di Jacques Tardi

3 – Corpicino di Tuono Pettinato

2 – La proprietà  di Rutu Modan

1 – Unastoria di Gipi

 

Serie

9 – Billy Bat di Naoki Urasawa

8 – I nuovissimi X-Men di Brian Michael Bendis e Stuart Immonen

7 – Master Keaton di Naoki Urasawa

6 – Occhio di falco di Matt Fraction e David Aja

5 – Fashion Beast di Alan Moore, Malcolm McLaren, Antony Johnson e Facundo Percio

4 – “Topolino” 3000

3 – Tyrex di Mauro Entrialgo

2 – Opus di Satoshi Kon

1 – Kagemaru den di Sanpei Shirato

 

Grandi classici

9 – Kriminal di Max Bunker e Magnus

8 – Sette vite dello Sparviero / Piuma al vento / Masquerouge di Patrick Cothias e André Juillard

7 – I Briganti di Magnus

6 – Polsi sottili di Giorgio Carpintieri.

5 – Spiaggia magica di Crockett Johnson

4 – Lucky Luke di Morris

3 – Spirou di Franquin

2 – Giallo giallo di Frank Asch e Mark Alan Stamaty

1 – Il Dottor Oss di Mino Milani e Grazia Nidasio

 

 

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