Capodanno con Little Nemo: 1909

Per questa tavola di Little Nemo del 27/12/1908 potrebbe valere uno slogan del genere: “Eppur si muove, ma con apparente immobilità”. In questa sequenza l’apparente immobilità un po’ granitica di Nemo è contrapposta al realismo semi-fotografico della città sullo sfondo, che accresce il sapiente effetto ibrido di un movimento in un apparente immobilità e viceversa.

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Se le vignette sono invece prese singolarmente, l’effetto mobile sparisce. Non ci sono infatti linee o tratti, a suggerire il movimento cinetico all’interno delle singole vignette: esso esiste solo in quanto sequenza, giustapposizione di singole immagini costruite secondo un sapiente senso dell’ellissi, così fondante nel linguaggio del fumetto.

Anche qui McCay sfoggia una sapienza nella gestione delle sfumature di colore che, per l’epoca, aveva dell’impressionante: dal blu scuro del cielo cittadino, nella prima vignetta, si attraversa un gradiente che conduce fino all’arancio più acceso e al giallo della penultima vignetta, la 12.

Ed è proprio il colore, e il suo effetto di contrasto, a contribuire a sottolineare la differenza fra le due metà, superiore e inferiore, della tavola: cupa e fredda la scena urbana, squillante e irreale la sequenza “aerea” più smaccatamente onirica in compagnia dell’anno vecchio e di quello nuovo (sempre un vecchio uomo e un bebé). Questa seconda sequenza orizzontale, inoltre, sul piano contenutistico possiede un’empatia e una tragicità anch’esse anomale nella produzione di fiction per ragazzi (tranne rare eccezioni come Miyazaki), con questo vecchio che si lascia cadere, ovvero morire, per lasciar posto al “nuovo”…