Clima – è la parola giusta – eminentemente onirico: un dirigibile vola nella tempesta. Nemo e i suoi compagni di viaggio assistono a un’apparizione: la sagoma di un uomo volante. E’ la personificazione dell’anno 1910, naturalmente.
Anche per il tipo di tratteggio e per il colore, che nella resa cromatica evoca un effetto pastello, pare quasi un’anticipazione degli uomini falco del Flash Gordon la ritroviamo anche in Little Nemo. Anche se in McCay si aggiunge spesso qualcosa che richiama fiabe e mitologie dell’Europa del nord, come in questo caso. Ovviamente, non si tratta di un Odino volante, ma ancora una volta del vecchio anno in procinto di concludersi, perso nella tempesta e salvato dai nostri giovani amici.
Nella strip successiva osserviamo invece una micro-sequenza dal sapore magico, in cui l’onirismo si accresce e si esprime un sentimento di quietudine dopo la tempesta (invece che prima, come vuole il detto). Il cielo è di un delicato verde turchese – elemento fondamentale per suggerire questa quietudine – nel quale fa breccia, in alto al centro, una luna tondissima. Nella prima delle due vignette (la 5), splendido, minuto dettaglio, la sagoma di un altro essere volatile – Padre Tempo – la copre sovrapponendosi perfettamente ad essa, “centrandola in pieno”.
Quest’ultima immagine, nella lettura plastica globale della tavola, è una singola, discreta ma penetrante immagine da contemplare, manifestazione estatica di un mondo ideale. Fosse anche il tempo di un solo istante. Del resto, qui come in questa serie di tavole sul Capodanno, il tema è proprio il tempo. Ed esso è infatti sottolineato dalla successiva vignetta di questa sequenza, che lascia affiorare il medesimo sentimento quando la si contempla: la mongolfiera si avvicina a una torre con orologio – quasi una silhouette – la luna è decisamente più grande e pare quasi un grande faro che illumina l’ambiente. L’orologio, di colore giallo, pare quasi una seconda luna, che crea così una sorta di “eco”, sul piano grafico, in grado di rafforzare il clima onirico, quasi materno e uterino, di gran parte della tavola.
La singola grande immagine finale, un caos gioioso di parole e onomatopee e balloon colorati di buon augurio per il nuovo anno, non è solo un precorrere, con un approccio surrealista nonsensico, il “giocare” sui codici del fumetto (cosa che McCay ha fatto spesso e con gran talento). Siamo gia nel concettuale prima del concettuale, in una raffinata pop-art prima della pop art. E che anticipa tutto quel fumetto che, a sua volta, fa pop art della pop art, o se vogliamo usare formule un po’ meno facili, meta-arte e meta-fumetto. Quel fumetto per intenderci che va da Mattotti a Chris Ware, passando per Crepax, Mazzucchelli, Igort, Burns, Clowes, ecc. E certo Pratt.