Fine corsa. La decrescita felice (?) del fumetto, in Francia

Dopo qualcosa come 15 anni di crescita, per la prima volta, nel 2013 l’industria del fumetto francofono ha prodotto meno fumetti rispetto all’anno precedente. Il dato che emerge dal consueto rapporto annuale dell’Associazione Critici e Giornalisti di Fumetto francese (ACBD) – di cui si occuperà in dettaglio, oggi, la rubrica Numerologica – parla di 5.159 titoli pubblicati contro i 5.565 del 2012, ovvero una diminuzione del 7,3 %.

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Nel 2000 i titoli pubblicati in Francia e Benelux, sempre secondo l’ACBD, furono 1563. Oggi sono più del triplo. Ma la corsa all’aumento dell’offerta è finita, e questo potrebbe essere un segnale negativo. La domanda che suscita un simile dato è di quelle che, giustamente, preoccupano: il più florido mercato del fumetto al mondo (Giappone escluso, naturalmente) è in contrazione? E’ arrivato il momento di considerare chiuso un ciclo storico, la cui narrazione è stata a lungo “mentre l’editoria soffre, il settore del fumetto continua a crescere”?

In realtà, la risposta a questa domanda potrebbe essere, paradossalmente, NO. Perché i dati più importanti per descrivere la salute di un qualsiasi settore industriale sono altri, relativi alle economie generate: fatturati, valore della produzione, margini. E la quantità di prodotti venduti, naturalmente.

Tuttavia questi dati non sono ancora disponibili per il 2013 (lo saranno a breve, commme d’habitude, con le analisi di mercato degli istituti di ricerca GfK e Ipsos, rese note sotto data del prossimo festival di Angoulême). Quello che sappiamo, però, sono un paio di cose piuttosto significative:

1) negli anni 2012 e 2011 il giro d’affari del fumetto francofono ha continuato a crescere; al contempo, le copie vendute hanno iniziato a diminuire

2) nel 2013 è uscito un nuovo episodio di Astérix. Che non è un fumetto qualsiasi: la sua presenza sulla scena è in grado, da sola, di influire sull’intero mercato di un’annata. Basti pensare a un altro dato ricordato da ACBD: la tiratura del 35° volume di Astérix è stata di ben 2.480.000 copie, ovvero 5 volte tanto il secondo fumetto più tirato dell’anno (il 22° tomo di Blake e Mortimer, per la cronaca).

Il che mi permette di fare un paio di rapide considerazioni.

La prima, in sintonia con i commentatori francesi che ironizzano sulla chiave di lettura proposta dall’ACBD – “l’anno della decelerazione” – è che i conti sulla salute del mercato della bande dessinée andranno fatti tenendo conto dei punti 1) e 2). Ed è ragionevole prevedere che ci descriveranno un’annata di ulteriore crescita economica del settore, in barba ai “declinisti”.

La seconda, invece, è che la salute del settore francofono – i *veri* conti – sarebbe bene misurarla facendo la tara del “caso Astérix”. Che potrebbe valere per il fumetto francese quanto (o più) valse il “caso Harry Potter” nell’editoria generalista. Di blockbuster come Astérix non ne accadono tutti gli anni. E la “locomotiva francofona”, senza il contributo della pozione magica Uderzo&Goscinny (ed eredi, ormai), potrebbe mostrarci i segni di una effettiva frenata.