Questa settimana, per la rubrica #tavolidadisegno, siamo entrati nello studio di Gipi. Al solito, abbiamo fatto cinque domande e scattato parecchie foto.
A quale progetto stai lavorando attualmente?
Ho una storia che si intitola “La terra dei figli” per le mani. Un progetto in bianco e nero, senza voce narrante, senza ellissi nella narrazione. In sostanza un suicidio artistico, visto che proprio colore e scrittura di voce narrante sono alcune armi mediamente affilate del mio lavoro. Ma ne ho un altro dove vorrei parlare solo di amore e di sesso. Non so tra i due chi la spunterà. Il titolo, stupidissimo, nella mia testa è “Girls”. Un libro che immagino con una cover gialla o rosa dove raccontare 32 anni di relazioni con le femmine nel modo più spietato possibile. Non so se lo farò. Non so molto al momento, sono confuso.
Quali sono gli strumenti e le tecniche che prediligi?
Non so se prediligo una tecnica o l’altra. Dentro di me c’è sempre un’inquietudine, un desiderio di cambiamento, ma da qualche libro in qua torno a lavorare con gli acquerelli. Non riesco a cambiare. Faccio test preliminari con altre tecniche ma poi torno a loro. Vorrei cambiare. Il bianco e nero de “La terra dei figli” risponde anche a questo desiderio di andare su terreni nuovi. Però sono cosciente di non essere molto forte in bianco e nero e quindi ho paura. È difficile rinunciare ai punti fermi. Alle sicurezze minime che può dare una tecnica sperimentata.
Hai qualche rituale o abitudine che segui prima di metterti a disegnare?
No. Solo un accorgimento: devo stare lontano dalla contemporaneità. Questo significa che disegnare deve essere la prima cosa che faccio appena alzato dal letto. Non devo accendere Facebook, non devo leggere Twitter, non devo ascoltare la radio. Dopo che ho iniziato sì, posso farlo ed anzi mi diverto a mandare cazzate online mentre mi asciugano le pennellate e mi diverto anche a disegnare ascoltando lo streaming de La Zanzara, il programma radio di Giuseppe Cruciani, su Radio 24. Lo ascolto, rido, mi incazzo, urlo contro i conduttori o quelli che chiamano in diretta e intanto disegno.
Ci sono fumetti o libri che devono essere a portata di mano o autori a cui in generale ti ispiri?
No.
Quanto è importante per te l’ambiente di casa come luogo di ispirazione?
Come scritto prima, disegnare deve avere una connotazione quasi fisiologica. Deve venire prima di lavarsi i denti e sì, deve avvenire in casa mia. Devo avere la sicurezza della casa intorno. Posso scrivere in giro, prendere appunti, anche stendere storie intere in treno o sui gradini di un palazzo. L’ho fatto tante volte, ma il lavoro richiede una sorta di idea di ordine e di pace. Devo anche avere del tempo davanti, se so che nel primo pomeriggio dovrò andare a liberare la badante di mi madre dai morsi della vecchia (esempio a caso) vengo bloccato. Il disegno si inibisce. Devo sapere che ho l’infinito davanti. Come Buzz Lightyears.