Il mondo è una giungla e gli uomini si comportano di conseguenza, come animali in lotta per la sopravvivenza. È il protagonista John Blacksad a raccontarcelo in prima persona, in conclusione del primo volume dell’opera di Juan Diaz Canales e Juanjo Guarnido. Il mondo è una giungla, e l’appartenenza ad un dato gruppo o classe (qui addirittura specie: i personaggi sono tutti animali antropomorfi) determina l’esistenza di chiunque lo abiti, singoli individui schiacciati da eventi più grandi di loro.
Questa è sicuramente la prima, e la più ovvia, chiave di lettura di questo fumetto. I volumi che compongono Blacksad, cinque al momento, raccontano le indagini di un detective privato. Gli ingredienti più classici del genere noir ci sono tutti: ambientazione newyorkese anni Cinquanta, poliziotti e personaggi borderline, corruzione, delitti, sottotesto su temi sociali, violenza.
All’interno di questo mondo adulto, cupo, tratteggiato in modo assolutamente realistico, gli autori danno vita ai loro personaggi, straniati dai contesti narrativi solitamente a loro connaturati. L’opera gioca sui punti di forza di questi caratteri tipicamente disneyani: affezione da parte del lettore, immediata riconoscibilità dei caratteri e loro universalità, veicolata dall’assenza di caratteri somatici umani.
E proprio Guarnido (ma anche Diaz Canales come regista e sceneggiatore) è un autore formatosi nell’ambiente dell’animazione, guarda caso presso la Disney. La sua precedente carriera, sia come animatore che come fumettista, ha reso possibile il successo di questa declinazione del genere noir: la forza è nell’espressività dei personaggi, nelle tavole che alternano azione e atmosfere e nella regia di taglio dinamico e narrativo.
Gli autori si sono sicuramente interrogati a lungo su come sfruttare appieno le potenzialità di questa declinazione della narrazione a fumetti. Prendere in considerazione la caratterizzazione dei personaggi in base ai tratti psicologici e fisici che la maschera antropomorfa suggerisce sarebbe assai banale. Entrare nei dettagli che rendono evidente l’uso ragionato e consapevole di questi caratteri, invece, è decisamente più interessante.
Noi ci abbiamo provato, ed ecco qua i nostri “8 motivi antropomorfici” per – e attraverso cui – leggere Blacksad.
(Il primo volume di Blacksad è uscito in Francia con Dargaud nel 2000, l’ultimo nell’ottobre del 2013. In Italia è in uscita in questi giorni il quinto volume, per Rizzoli Lizard, già editore degli altri 4 tomi. Trovate le prime tavole in anteprima qui).
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1 – Quasi umano.
John Blacksad è un gatto nero. Non potrebbe essere altrimenti, vista la sua natura solitaria. Blacksad è scaltro e disincantato, ma anche coraggioso e impavido. Un gatto? Le linee del volto e i tratti somatici sono semplificati e puliti ad un punto tale da far quasi dimenticare la sua caratterizzazione. Il suo viso tuttavia mantiene l’universalità della maschera: non possiamo riconoscerne i tratti e ricondurli ad alcun volto particolare, se non per la gamma delle espressioni.
2 – Animali in giacca e cravatta.
Per i comprimari e ancora di più per le comparse, la caratterizzazione animale è estremizzata, per sfruttare l’effetto di straniamento. Dove i personaggi hanno bisogno di una sola connotazione o dove questa è funzionale a raccontare un momento, uno stato d’animo, i tratti somatici umani vengono quasi totalmente persi. Nel punto di forza della seconda vignetta, compositivamente parlando, un inquietante serpente osserva la malcapitata faina, normalmente suo predatore – e contemporaneamente il lettore.
3 – Facce da Disney.
Quando invece la narrazione lo richiede e la tensione drammatica si allenta, Guarnido può permettersi un minor realismo nella recitazione e nel character design dei suoi personaggi, tanto da disegnare una striscia con figure decisamente disneyane (sottolineata dalla vignetta scontornata e dall’assenza di sfondi).
4 – Deformazioni cartoonesche.
La caratterizzazione antropomorfa consente deformazioni espressive che il realismo non permetterebbe. Guarnido può anche inserire con eleganza elementi e personaggi cartoon, in questo caso il piccolo xilofonista, alto quanto la scrivania dell’irascibile produttore, giocando sul loro effetto comico.
5 – Prede e predatori.
I protagonisti sono i più umanizzati tra i personaggi, soprattutto Blacksad. Durante un appostamento, tuttavia, è più efficace sottolineare il suo carattere felino anche attraverso la postura. Insomma, un gatto è un gatto, specialmente durante la caccia.
6 – Donne, donne, donne.
Nel disegnare le forme femminili, Guarnido torna ad un forte realismo. Per ovvi motivi. Allo stesso tempo però, usa la caratterizzazione per seminare indizi per i lettori più attenti.
7 – Gatto nero, orsi bianchi.
E’ una felice intuizione quella di usare i diversi mantelli degli animali per parlare di segregazione razziale e razzismo. Scopriamo che Blacksad è considerato un meticcio e quindi malvisto, come ogni eroe solitario che si rispetti, da tutti.
8 – Easter eggs.
L’universo di Blacksad è legato a quello Disney. Guarnido si diverte a citarlo con eleganza e ad inserire qua e là divertenti easter eggs per i lettori più preparati. Qui un paio di esempi. Il cantante in miseria Junior Harper ricorda molto il gallo cantastorie del film d’animazione “Robin Hood”. E un occhio attento può facilmente scorgere, nella microscopica silhouette del topo che fugge in lontananza nella terza vignetta della striscia, un topo molto più famoso: Topolino.