La Revue Dessinée: giornalismo indipendente, a fumetti

Sembra che all’inizio dovesse chiamarsi Cyclope. Ma purtroppo per gli ideatori, nello stesso periodo, qualcun altro ci aveva già pensato. Così, Franck Bourgeron e gli altri cinque fondatori de La Revue Dessinée hanno dovuto optare per un nome meno evocativo.

Fra pochi giorni uscirà il terzo numero di questo nuovo periodico francese, nato su iniziativa di un gruppo di autori e dedicato interamente al giornalismo a fumetti. 230 pagine di reportages, inchieste, documentari e divulgazione scientifica, al prezzo di 15 euro, in un formato che viene definito “mook” con riferimento all’ibridazione tra rivista (magazine) e libro (book).

Inizialmente la Revue Dessinée era stata concepita in una versione unicamente digitale. Ma di fronte alle nebbie di un mercato ancora tutto da esplorare, la scelta è poi ricaduta sulla cara e vecchia carta, con distribuzione nelle librerie assicurata da un colosso come Gallimard (che partecipa per il 20% circa al capitale della società). Per il primo numero la rivista aveva affidato la copertina alla matita e agli acquarelli di Gipi, di cui qui vedete un ritratto con penna in bocca + copertina, diventato rapidamente virale sui social networks.

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Dietro la Revue Dessinée ci sono il già citato Franck Bourgeron, Olivier Jouvrai, gli sceneggiatori Sylvain Ricard, Virginie Ollagnier e Kris ed il giornalista David Servenay, ex di Radio France e dei siti di informazione OWNI e Rue89. Come spiegano ogni volta che sono chiamati a raccontare la genesi della rivista, la motivazione principale che li ha spinti ad imbarcarsi in quest’avventura è la frustrazione di un gruppo di autori, alla ricerca di nuove motivazioni, nel tentativo di smarcarsi dalle condizioni imposte dagli editori. Una frustrazione che accomuna la nascita di altri progetti editoriali francesi recenti e che si è espressa anche con la costituzione (nel 2007) di un raggruppamento dei fumettisti all’interno della SNAC, il sindacato di autori e compositori. Il dibattitto che si è costituito intorno all’organizzazione ha certamente contribuito a far riscoprire il piacere del lavoro collaborativo. Anche da quest’ottica si può spiegare il florilegio di riviste a fumetti uscite ultimamente.

In Francia il successo di pubblico del reportage BD è forte. I libri di Joe Sacco e di Etienne Davodeau hanno superato le 100.000 copie vendute ed il genere suscita l’interesse di molte case editrici. Difficile dire se si tratti di un interesse indotto in qualche maniera dal mercato stesso o se ci sia effettivamente un’attenzione maggiore nei confronti del reale ed una voglia di nuove forme di narrazione giornalistica. Quello che è certo è che con la Revue Dessinée il fumetto fa un altro passo nel percorso di allontanamento dal ruolo di genere minore. Percorso al quale ha contribuito anche l’esperienza di XXI, trimestrale di slow journalism costruito sul modello mook che dedica regolarmente una trentina di pagine al giornalismo a fumetti.

In un’epoca nella quale siamo bombardati quotidianamente da foto e video, tornare a mettere insieme parole e disegni per raccontare la realtà può sembrare anacronistico, un salto indietro nel tempo fino alla Domenica del Corriere della Prima guerra mondiale. Ci si può interrogare sul rapporto tra oggettività e soggettività, è evidente che il disegno veicola la visione dell’autore. Il patto con il lettore si basa su questa evidenza e secondo gli autori la messa in scena nella ricostruzione gioca un ruolo che non è differente da quello che gioca in tutti gli altri ambiti dell’informazione. Solo il disegno può restituirci l’atmosfera visiva di una situazione della quale non ci sono immagini, spesso con una potenza evocativa che può competere tranquillamente con una foto di un professionista dell’informazione. Detto questo, alla Revue Dessinée sono esigenti. Come spiegano sul loro blog, un disegnatore deve essere capace di muoversi tra più livelli di lettura difficilmente conciliabili tra loro: quello illustrativo, quello simbolico ma soprattutto quello informativo.

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Le storie possono nascere dalla collaborazione tra un giornalista ed un disegnatore o dalla volontà di un fumettista di farsi reporter. Stando a quanto raccontano i responsabili della rivista sono i giovani giornalisti ad essere più attivi nella proposta di inchieste e réportages, a testimonianza del fatto che per i professionisti dell’informazione si tratta di una ghiotta occasione per poter sperimentare. Esempi interessanti in questo senso sono l’inchiesta sul ritorno all’agricoltura dei giovani francesi e delle difficoltà legate al prezzo delle terre (Manon Rescan, Damine Brunon e Sébastien Vassan), quella che ripercorre la storia dell’estrazione del gas di scisto (Sylvain Lapoix e Daniel Blancou) o ancora il lavoro sulle intercettazioni compiute in Libia dai servizi segreti francesi (Jean-Marc Manach e Nicoby). Accanto a storie nate da una vera e propria ricerca giornalistica ci sono cronache a fumetti di tipo divulgativo e testimonianze del reale realizzate da disegnatori. Nel primo numero Christian Cailleaux ha raccontato il suo viaggio a bordo di una nave della marina francese nelle acque dell’emisfero boreale, Marion Montaigne quello dietro le quinte della nursery dello storico zoo di Parigi, Jean-Philippe Stassen il quartiere a forte immigrazione congolese di Bruxelles, Matonge.

Le storie sono concepite su carta e poi trasposte in digitale dalla redazione – ci racconta al telefono Kris, direttore della comunicazione della rivista, o “communisty manager” come ama definirsi lui – ma in futuro le cose cambieranno, vogliamo esplorare le nuove possibilità offerte dalla tecnologia in termini di narrazione, per questo stiamo lavorando molto con autori che vengono dal digitale in generale e dal webdoc nello specifico. Dietro però ci sono i tempi lunghi della sperimentazione e dello sviluppo”. Al momento quindi l’unica differenza che corre tra le due versioni sta nei contenuti multimediali extra che si trovano su iPad (video, audio e foto). “E’ sempre la redazione, in collaborazione con gli autori, che si occupa dell’aggiunta di questi contenuti” ci dice Kris, “si tratta di un lavoro di documentazione da non sottovalutare, al quale all’inizio della nostra avventura non avevamo tempo e risorse da destinare. Oggi stiamo per assumere un giornalista che si occupi esclusivamente di questo”.

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Nell’autunno del 2011, quando è stata ideata inizialmente, la Revue Dessinée era effettivamente pensata per essere distribuita esclusivamente in versione digitale. Un rapido sguardo al mercato di e-book ed applicazioni è bastato però a far cambiare idea al gruppo di autori dietro al progetto. Al festival internazionale del fumetto di Angoulème del 2012 un privato ha contattato Franck Bourgeron proponendo un investimento per l’acquisto di una parte del capitale della società. Grazie al passaparola è stato possibile vendere il 20% circa delle quote, con un 5% per Gallimard (attraverso la costola Futuropolis) che assicura una distribuzione robusta e capillare. Anche questo deve aver giocato nella scelta della carta come supporto principale. In parallelo la rivista esce anche sotto forma di applicazione per iPad, al costo di 3,59 euro e (per adesso) senza possibilità di abbonamento. La decisione di limitarsi alla piattaforma Apple permette di economizzare i costi di sviluppo e assicura una distribuzione più efficace. Per adesso il digitale resta un’opportunità per il futuro, un modello che ancora non può permettersi di sostenere un progetto editoriale come quello della Revue Dessinée. Considerato che ogni tavola viene pagata 150 euro al disegnatore, e che un numero conta all’incirca 200 pagine a fumetti, ogni uscita costa una cifra vicina ai 30mila euro solo per il compenso riservato agli autori.

Del primo numero della Revue Dessinée sono state tirate 20.000 copie, con soglia di sopravvivenza per la sostenibilità del progetto fissata a 15.000. La curiosità dei lettori si è tradotta in 18.000 copie andate a ruba, 14.000 quelle vendute con il numero 2 (per la versione digitale sono circa 600 le applicazioni vendute su Apple Store). Il vero ossigeno vitale per una rivista restano però gli abbonamenti, che al momento del lancio erano poco più di un migliaio. La metà sono arrivati grazie ad una fortunatissima campagna di pre-abbonamento in crowdfunding sulla piattaforma francese Ulule che ha raggiunto addirittura il 720% rispetto all’obiettivo fissato inizialmente, per un totale di oltre 36.000 euro. Niente male, se si pensa che all’epoca la rivista non esisteva ancora. “Oggi abbiamo superato quota 2.000 abbonati” ci spiega Kris al telefono, “l’obiettivo è arrivare a 5.000”.

Nonostante la forza di un progetto editoriale stia soprattutto nella sua capacità di fare comunità e creare un legame forte con i lettori, i creatori della Revue Dessinée spiegano di non volersi chiudere nella dimensione del clan, della famiglia. “Quella del reportage BD – scrivono sul loro blog – è una famiglia aperta quanto il mondo brulica di storie dannatamente umane. E la realtà spesso ha più immaginazione della fiction”.

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