Negli studi di Giorgio Salati e Luca Usai

Questa settimana, per la rubrica #tavolidadisegno, siamo andati nello studio Platypus a intervistare lo sceneggiatore Giorgio Salati. E poi siamo stati presso Pseudostudio, per intervistare il disegnatore Luca Usai. Il motivo è semplice: entrambi collaborano a Topolino, ed hanno lavorato insieme per una storia in uscita proprio in questi giorni. Una buona occasione per proporvi una intervista doppia, corredata – come sempre – da una nutrita serie di foto.

A cosa state lavorando attualmente?

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Giorgio: Ho recentemente sceneggiato per Topolino la storia che Luca sta disegnando. E’ intitolata “Tip & Tap e il basket virale” e uscirà mercoledì 30 aprile su Topolino n. 3049. Racconta di come dei ragazzini usano internet per aiutare la propria squadra di basket. Lo spunto arrivò per caso. Ero in redazione a discutere con un editor di Topolino l’eventualità di un soggetto a tema sportivo, e in quel momento passò Luca a consegnare delle tavole. Io e Luca, oltre a essere amici da tempo, condividiamo la passione per il basket (io non sono più molto aggiornato ma Luca è un vero appassionato). Venne così spontanea l’idea, suffragata dall’editor, di lavorare insieme a una storia sulla pallacanestro. Ricordo che l’idea di giocare a questo sport da ragazzino mi venne da una storia con Sport Goofy di Marconi/Cavazzano proprio su Topolino. Al di là di Topolino, con Luca stiamo lavorando anche su altri progetti che spero vedano presto la luce.

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Luca: In aggiunta, posso dire che all’interno ho inserito alcune citazioni sportive disegnando i personaggi secondari con le fattezze di giocatori del passato e del presente della NBA, soprattutto del periodo in cui mi sono appassionato a questo sport, erano i primi anni novanta e Michael Jordan tornava a giocare a basket dopo un periodo complicato in una squadra di baseball. Una strana casualità è che ho ripreso a giocare a basket a livello amatoriale proprio mentre iniziavo a disegnare questa storia.

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Quali strumenti usate per disegnare/scrivere?

Luca: Per quanto riguarda questa storia – come per tutti i lavori disneyani – da qualche tempo disegno e inchiostro in digitale utilizzando come supporto la Cintiq. Il programma che uso ora, e che permette di avvicinarsi maggiormente alla china manuale, è Mangastudio. Ma sugli strumenti sono un po’ schizofrenico, soprattutto sulle illustrazioni, e posso partire da un disegno su un foglio e passare poi al digitale, o realizzare tutto con tecniche tradizionali, oppure ancora disegnare la matita al computer, stampare e inchiostrare col buon vecchio pennello Winsor&Newton e della china da rapidografo molto diluita, o usare pennarelli di vario genere. Ad esempio, per i due volumi di Normalman scritti da Lillo e pubblicati da Salani ho lavorato interamente in ‘tradizionale’, inchiostrando con dei pennarelli graduati 0.3 e con un pennello Tombo per le campiture e gli effetti di china a secco.

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Giorgio: Il mio strumento di lavoro principale è un computer portatile, che uso in studio o che mi porto in treno e in albergo quando sono a qualche evento fumettistico. Ma non è l’unico strumento: quando devo trasformare un soggetto in una sceneggiatura spesso faccio un passaggio intermedio che consiste nel “disegnare” (le virgolette sono d’obbligo, essendo totalmente privo di talento grafico) degli sbrigativi layout. Quindi tra gli strumenti possiamo metterci anche un blocco A4 e matita. Infine, uso un minitablet che mi porto sempre in giro per annotare gli spunti che mi passano per la testa: notoriamente le idee migliori mi vengono in metrò. Quindi tra gli strumenti di lavoro aggiungiamo anche… la metropolitana.

Avete qualche piccola abitudine prima di sedervi al tavolo di lavoro? Cosa deve essere pronto?

Giorgio: Spesso quando la mattina arrivo in studio, io e i colleghi andiamo al bar per un caffè e brioche. E’ un’abitudine senza la quale mi sento un uomo perso. Sono pieno di piccole abitudini. Forse il fatto di aver scelto un mestiere privo di routine (che è uno dei motivi per cui l’ho scelto) mi ha fatto diventare piuttosto abitudinario sulle cose di piccola importanza. Inoltre devo sempre avere la brocca dell’acqua sulla scrivania: bevo spesso (e non whiskey come Don di Mad Men), in maniera quasi compulsiva.

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Luca: Prima di sedermi alla scrivania devo capire dove mi trovo, nel senso che l’arrivo in studio la mattina è sempre traumatico. Quindi caffè con i colleghi con cui condivido lo spazio, due chiacchiere, leggo le mail alle quali a volte rispondo il pomeriggio, e quindi posso iniziare. La mattina, mentre lavoro, mi piace tenere la radio accesa, il pomeriggio invece passo alla musica. Avere qualcosa in sottofondo aiuta la concentrazione, a meno che non debba realizzare lo storyboard della tavola, quello è un momento in cui ho bisogno di silenzio altrimenti non cavo un ragno dal buco. La creazione dei personaggi secondari e gli storyboard di solito li faccio piccolissimi su un foglio di carta e poi inizio a disegnare la tavola vera e propria in digitale. Non amo fare pause lunghissime ma preferisco fare dei piccoli intervalli, tipo pause sigaretta, solo che io non fumo quindi mi ritrovo a bighellonare in internet o a disturbare i colleghi fingendo di supervisionare i loro lavori!

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Quali sono i fumetti o i libri che devono assolutamente essere a vostra portata di mano?

Luca: I fumetti di riferimento che sono sempre presenti, nel caso di lavori per Topolino, sono storie con ambientazione simile a quella a cui sto lavorando, disegnate dai miei autori di riferimento: Giorgio Cavazzano, Alessandro Barbucci e Stefano Turconi. C’è sempre anche un volume di Carpi o di Scarpa, per ricordarmi come si realizzi un’atmosfera e come si possa essere allo stesso tempo Disney e estremamente personali nello stile. Per i lavori in generale, fuori da Disney, oltre ai già citati autori c’è Mastantuono, soprattutto nella sua versione più grottesca, le follie di Jacovitti, le storie di Asterix, Bone di Jeff Smith e Calvin&Hobbes di Watterson. Mi piace capire cosa succede oggi nel mercato francese, e non posso prescindere dai lavori di Guarnido, Cyril Pedrosa, Enrique Fernandez e da La Marcia del Granchio di Arthur de Pins, solo per citarne alcuni. Tra i fumetti realistici che preferisco, e che sono sempre lì a ricordarmi quale direzione prendere, ci sono Sergio Toppi, Moebius, Micheluzzi e il Ken Parker di Berardi e Milazzo. Poi c’è tutto il mondo dell’animazione, da Disney (soprattutto i cartoon degli anni ‘60 e ‘70) a Pixar e Miyazaki.

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Giorgio: Ho alcuni fumetti di riferimento che ritengo della specie di “manuali di sceneggiatura”. I primi tempi ogni tanto li consultavo durante il lavoro. Giusto una scorsa alle pagine, una “boccata di genio” mi aiutava a sbloccarmi sui passaggi più ardui. Per quanto riguarda Topolino, alcune storie di Barks, di Romano Scarpa, di Faraci. Esulando da Disney, riferimenti per me importanti dal punto di vista della sceneggiatura sono Watchmen e Batman: The Killing Joke di Alan Moore, Sin City di Frank Miller. Poi alcune storie di Medda su Nathan Never, il Mister No di Guido Nolitta (cioè Sergio Bonelli in persona), il Dylan Dog di Sclavi. Altri che mi è capitato di consultare sono Asterix e Calvin & Hobbes. Esulando dai fumetti, fra i saggi sulla scrittura che ho letto quello che ho apprezzato di più ai tempi è il celebre Il viaggio dell’eroe di Vogler. Spostandoci sulla letteratura, ogni tanto devo rileggermi quasi in maniera compulsiva passi dell’Amleto di Shakespeare, così come di Canto notturno di un pastore errante dell’Asia di Leopardi.

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Mi raccontate qual è l’oggetto più curioso che avete in studio?

Giorgio: E’ una pallina da giocoliere. I momenti in cui non sto digitando sulla tastiera del mio computer sono più frequenti di quanto non si possa pensare, perché prima di mettere giù un soggetto o una scena devo pensarci a lungo. In quei momenti ho bisogno di sfogare fisicamente la tensione, di trasformare in atto fisico l’attività del cervello (all’interno del quale possiamo immaginarci i classici due neuroni che corrono sulla ruota come criceti). Passo quindi il tempo con lo sguardo nel vuoto a lanciarmi la pallina da una mano all’altra, a farla rotolare sulla scrivania o a farla rimbalzare sul muro. Ho l’impressione che questa abitudine sia proprio un retaggio della mia antica passione per il basket. Non sempre i miei compagni di studio apprezzano, soprattutto quando – preso dalla foga cerebral-creativa – la pallina finisce sulla scrivania di qualcun altro. Altre volte mentre faccio saltare la pallina da una mano all’altra cammino in tondo in stile Zio Paperone, col rischio di scavare anch’io i relativi solchi nel pavimento. In realtà quella pallina è di uno dei miei compari di studio: Riccardo Secchi, sceneggiatore di Topolino e Nathan Never. Ogni giorno sopporta che io gli rubi la pallina per giocarci. Detta così sembro un bambino scemo.

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Luca: Le Fauve è il gattino mascotte del Festival de la Bande Dessinée di Angouleme disegnato da Lewis Trondheim. Sono stato a quella manifestazione in viaggi sempre rocamboleschi e divertenti, e devo dire che l’atmosfera che si respira lì è decisamente diversa da quella delle fiere italiane. Intendiamoci, non si tratta di essere esterofili, il nostro Fumetto ha dei punti di forza che lo rendono unico in tutto il mondo. Ma ad Angouleme si percepisce la forza e la dignità del mezzo di comunicazione Fumetto, e non solo all’interno della fiera. Come il fatto che la via principale della cittadina si chiama Rue Goscinny. E vogliamo parlare della statua di quattro metri di Corto Maltese su un ponte sul fiume della città? Quanto ci starebbe bene quella statua sui ponti di Venezia! Insomma, quel gattino è diventato un po’ un portafortuna e mi ricorda sempre a cosa dobbiamo tendere per fare bene questo lavoro. A volte i fattori legati alla quotidianità, alle scadenze che si sovrappongono, al cinismo che spesso c’è intorno a certi ambienti rischiano di togliere vitalità alle storie che realizziamo, ma in quei casi il gattino è sempre lì pronto a ricordarmi la via.

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