È nato Skeleton Monster, un nuovo collettivo di autori composto da Werther Dell’Edera, Antonio Fuso, Gud, Emilio Lecce, Giorgio Pontrelli e Stefano Simeone. Sei autori molto differenti per stile, esperienze e ispirazione, che si uniscono per creare un’entità nuova.
Il sito, www.skeletonmonster.com, è stato lanciato oggi. Abbiamo incontrato i membri del gruppo nel loro nuovo studio romano.
Innanzitutto, come è nato il nome? Perché proprio “Skeleton Monster”?
Pontrelli: Il nome è nato ed è stato scelto perché…non riusciva a nascere!
Fuso: I membri di ogni band quando raccontano la genesi del proprio nome inventano sempre storie tra il meraviglioso e l’epico: “eravamo nella prateria, improvvisamente un bisonte è caduto, la polvere alzata dal tonfo ha composto un simbolo antico e quindi…”. Niente di tutto ciò, ci siamo solo detti: “Come ci chiamiamo?”
Pontrelli: …e non ci riuscivamo a trovare questo benedetto nome! Siccome io sono specializzato nello sparare nomi ad michiam, nel senso che spesso confondo nomi di film, libri, attori…ho fatto alcuni tentativi: Gianbargiazio, Red Nano…
Lecce: Quest’ultimo ispirato da un ragazzo che viene ogni lunedì mattina in studio a venderci i calzini…ogni volta ribadisce: “Originale”, ma noi abbiamo sempre capito: “Red Nano”.
Dell’Edera: Lo diceva guardando Stefano…io invece ero “Grande Lavoro”!
Pontrelli: Insomma, siccome non ci veniva nulla, abbiamo tirato fuori “Skeleton Monster”!
Ma come! Io credevo “skeleton”, perché siete parti diverse che compongono un’unica struttura, e “monster” dal latino “monstrum”, che significa “prodigio”…quindi una prodigiosa struttura collettiva… no, eh?
Fuso: Vedi, questo è il lavoro del critico!
Va bene, ma comunque…come mai proprio “Skeleton Monster”?!
Pontrelli: Beh, perché “skeleton” lo abbiamo tutti detto almeno una volta nella vita!
Va bene, allora ecco un’altra interpretazione: “Skeleton” evoca Skeletor, quindi omaggio all’immaginario anni’80 della nostra infanzia, la passione per i cartoni animati e i giocattoli…”Monster” riferimento al fumetto di Naoki Urasawa…e quindi: narrazione popolare e alta, gioco e dramma, Oriente e Occidente…
Insieme: Oh, lo vedi che lo hai capito! E’ chiaramente quello il significato!
Pontrelli: E poi scusa, dì le due prime parole che ti vengono in mente…
Beh…Skeleton Monster!
Pontrelli: Lo vedi!
Gud: Esce proprio naturale…
Bene, in quanti passi volete conquistare il mondo?
Simeone: Io inizierei dal Molise. Lo riunifichi con l’Abruzzo, attacchi la Valle D’Aosta e da lì ti sposti in Belgio. Una volta conquistato il Belgio, non invadi, come tutti si aspetterebbero, il Lussemburgo, ma procedi per Danimarca e paesi Scandinavi. Con quella potenza annetti la Spagna. In Sudamerica, parlano tutti spagnolo…il gioco è fatto!
Come nasce il progetto?
Fuso: Il progetto è nato da alcune considerazioni comuni. Ognuno di noi è disegnatore di fumetti. Però, nella nostra carriera, abbiamo tutti avuto occasione di calarci in altri campi creativi, di sperimentare “contaminazioni” (locandine per eventi, loghi per aziende , illustrazioni, etc.) A questa comune consapevolezza, si sono recentemente aggiunte alcune felici e significative coincidenze. Nel settembre scorso, l’organizzazione del festival “Fermentazioni” mi ha contattato perché voleva realizzare una sorta di “happening” artistico. Non una mostra statica: lo spettacolo concettualmente non sarebbe stata l’opera finita, ma l’atto del realizzarla, un “live painting”. Con Stefano e Giorgio abbiamo partecipato, riscontrando la grande attrattiva che una performance del genere esercita su un pubblico non avvezzo al mondo del disegno. Calati in un contesto altro, ciò che noi abitualmente facciamo nelle fiere di fumetto per un pubblico che comprende la nostra grammatica ed è abituato a quel genere di performance, diventa uno spettacolo affascinante. Tornando da Lucca, con Emilio e Daniele (“the artist fomerly known as Gud”), abbiamo verificato la nostra intuizione comune: la performance live del disegnatore (ad esempio, l’abituale disegno di”dedica”) non soltanto dona valore ad un libro in quanto lo personalizza con un disegno originale, ma è anche ricordo di un’esperienza. Oltre al valore artistico, c’è un valore emotivo.
Quali sono le prime iniziative che avete in cantiere?
Fuso: Nella prima fase abbiamo programmato una serie di eventi “live”. Iniziamo con la manifestazione “Eden – Connect the Dots” che si terrà dal 23 al 26 aprile al Teatro dell’Orologio in Roma. Una quattro giorni di danza contemporanea, a cui parteciperanno diverse scuole e numerosi artisti. Nella serata del 25, realizzeremo un pannello 3 x 2, una enorme illustrazione, ispirati dalla musica dal vivo e dal tema dell’evento.
Gud: Saremo in una sala dedicata, realizzando questa grande illustrazione sul palcoscenico. Durante gli altri giorni del festival, faremo comunque delle sessioni di disegno dal vivo, al lato del palco, in contemporanea con gli spettacoli di danza. I disegni realizzati verranno poi esposti in una mostra successiva.
Fuso: Questi eventi saranno caratterizzati dalle nostre performance live, ma sarà presente anche un nostro “corner”, in cui presenteremo delle stampe a tiratura limitata. In occasione dell’evento sopra descritto, le serie di stampe saranno due: oltre a quella tematica #skeletondance, ce ne sarà una intitolata #feedthemonster, l’hastag con il quale abbiamo deciso di far cominciare la nostra presenza viral sui social network. Ovviamente, ogni illustrazione è figlia della diversa sensibilità e del diverso stile di ciascun autore. Questo è uno dei nostri tratti distintivi: siamo disegnatori molto diversi, ma anche molto duttili e quindi complementari.

Gud: Ci interessa molto allargare, attraverso le illustrazioni , il pubblico del medium fumetto. Oltre alla platea abituale dei nostri fan o degli appassionati, il nostro scopo è destare interesse in chi magari ha sempre sottovalutato l’arte del fumetto.
Pontrelli: Vorremmo, in questi quattro giorni al Teatro dell’Orologio, realizzare una sintesi pratica della nostra idea: sei disegnatori calati in un contesto diverso, in questo caso teatrale, che si presentano a un pubblico diverso da quello abituale.
Gud: L’obiettivo sarebbe quello di arrivare all’effetto dei “concerti disegnati”in Francia. Situazioni sempre più diffuse, in cui ci sono sale piene di persone che, pur non essendo appassionate di fumetti, accorrono per assistere ad uno spettacolo che li emozioni.
Fuso: Vorremmo cambiare questa visione del fumettista chiuso nella sua nicchia, nel suo piccolo “mondo”, che si parla addosso e comunica solo attraverso social network perché inchiodato al tavolo da disegno. Questa attitudine ci fa smarrire la possibilità di una visione più ampia. Se qualche autore prova ad ampliare i limiti del medium fumetto sperimentando con altre forme, viene spesso bandito come “venduto” o “commercializzato”. S’instaura la stessa dinamica per cui se un gruppo “indie” diventa famoso e fa un contratto con una major viene subissato di critiche dallo zoccolo duro dei primi fan. Da un lato, ci offendiamo se il fumetto viene snobbato dalla “cultura alta”, dall’altro stigmatizziamo qualsiasi tentativo di rompere questo luogo comune. Per carità, anche io ho una componente “nerd”, ma non deve essere l’unica componente della mia personalità artistica. Recentemente, c’è stata questa manovra culturale per sdoganare il termine “graphic novel”, a cui viene conferito dignità formale. Il nome che rende il fumetto accettabile a livello culturale. Ma perché? In questo senso, è valida la risposta di Gipi a Concita De Gregorio. Vogliamo ottenere il rispetto che si riconosce a veri professionisti.
Gud: Anche perché noi, benché autori di fumetti, non andremo a fare “fumetti”. Quindi l’idea si può declinare in diverse forme: dalla campagna pubblicitaria virale alternativa alle performance live, fino al cosiddetto “visualizing” (la funzione di rendere chiari concetti , altrimenti complessi, attraverso il segno). In altre parole, durante meeting e conferenze di aziendali, noi traduciamo graficamente quello che emerge dalla discussione, per renderlo più esplicito. Nel mondo anglosassone questo accade da quindici anni: non solo prestare la matita per visualizzare i concetti e renderli semplici, ma soprattutto far rimanere a chi partecipa al meeting un ricordo, una sintesi, una memoria consultabile ed esteticamente gradevole. In generale, oltre alle performance live, il visualizing e le stampe, siamo aperti anche ad attività on demand, su commissione. Come diceva Antonio, spesso un fumettista si trova a prestare il proprio talento a progetti che sono estranei al mondo del fumetto tout court. Uno dei nostri primi progetti sarà quello di illustrare tre libri di fiabe per bambini per un’associazione culturale, “Salta la corda”.
Dell’Edera: Io che sono istintivamente restio all’approccio pubblico, sono molto contento di rimettermi in discussione in questo nuovo progetto. Il punto di forza del gruppo è l’eterogeneità: siamo sei, ognuno ha uno stile diverso, ma siamo anche in grado di fare la stessa cosa. Un’altra nota distintiva è che la coesione del gruppo è in larga parte rodata, avendo Stefano, Emilio, Giorgio, Antonio e il sottoscritto già condiviso uno studio in precedenza
Lecce: Si, prima stavamo insieme ma separati, nel senso che condividevamo lo studio ma ognuno seguiva i propri progetti. E’ venuto dunque spontaneo il desiderio di unirci.

Simeone: Io mi sento come se fossi in una cellula terroristica: perfettamente integrato. Già in precedenza abbiamo collaudato la nostra capacità di collaborare insieme, in diverse occasioni. Credo sia anche importante uscire dalla routine opprimente dello studio, inteso come “luogo di lavoro”, ma creare eventi in cui si possa incontrare un pubblico diverso. La motivazione principale è realizzare il mio sogno: disegnare delle donne in acrilico. Lo ribattezzerò progetto “Skeleton Mistress”. A parte gli scherzi, per me è importante avere un progetto così stimolante perché mi annoio facilmente, anche per questo provo spesso a cambiare stile. Mi diverte molto, anche solo a livello personale, poter andare in luoghi in cui normalmente non andrei a sperimentare stili diversi
Lecce: Ad esempio, io non mi ero mai cimentato nell’illustrazione o nel disegno dal vivo. Per la prima illustrazione #feedthemonster ho dovuto trovare uno stile del tutto diverso dai miei fumetti, in cui cerco un approccio tendenzialmente realistico. In questo caso, ho potuto sperimentare un tratto più istintivo e divertirmi con l’uso del colore.
Fuso: Un aspetto che vorrei distinguere è che noi non siamo un gruppo di fumettisti che si uniscono per ottenere maggiore visibilità. Lo facciamo per ampliare il margine di operatività.
Gud: Solitamente, accade il contrario. Cioè che, ad esempio nell’autoproduzione, da un gruppo iniziale di esordienti poi ognuno si distacchi per creare la propria carriera “solista”.
Fuso: Siamo un gruppo di turnisti, ognuno con il proprio lavoro di chitarrista, sassofonista, bassista etc., i quali si uniscono, non per fare delle “jam session” o creare una nuova band… ma per aprire un ristorante!! Funzioniamo come un Hub, incorporiamo diverse professionalità. La nostra filosofia è quella del problem solving. Vogliamo applicare il nostro “superpotere”: quello di visualizzare e creare immagini.
Gud: Del resto, “Tutti possono fare fumetti”!