In anteprima, la recensione di The Amazing Spider-Man 2 – Il potere di Electro, senza spoiler. In uscita nelle sale italiane il 23 aprile.
Nascita di un Ragnoverso
Prendere un franchise di successo come Spider-Man, con tre capitoli all’attivo, (e due miliardi e mezzo di dollari di incassi) e farlo ripartire da zero, con un nuovo cast, un nuovo regista, e una differente concezione del Tessiragnatele. Questo il compito di The Amazing Spider-Man e del suo seguito, dal 23 aprile nelle sale.
Mentre il regista Sam Raimi era dichiaratamente fan del supereroe “classic”, della trimurti Lee/Ditko/Romita, il Peter Parker dei due The Amazing Spider-Man è un Uomo Ragno legato alle più recenti rivisitazioni del supereroe, con parecchi elementi inediti anche per i lettori del fumetto e la necessità di adeguarsi al fiorente filone dei film di supereroi in stile Marvel, inaugurato dal primo capitolo di Iron Man.
The Amazing Spider-Man era un film poco riuscito: scene d’azione senza infamia e senza lode, un 3D tanto strombazzato quanto poco utilizzato, il perfido Lizard mai realmente pericoloso, uno sviluppo della storia affrettato…
C’erano però anche alcuni lati positivi, in particolare un cast indovinato: Andrew Garfield e Emma Stone riescono a infondere vita a Peter e a Gwen, risultando convincenti e soprattutto diversi dai predecessori, anche senza essere aiutati da una sceneggiatura non all’altezza.
Spider-Action e Spider-Soap
Il secondo capitolo della serie, The Amazing Spider-Man 2 – Il potere di Electro è un notevole passo avanti rispetto al predecessore, ma non riesce ancora a convincere completamente.
Quando Spider-Man è in azione lo spettacolo è assicurato. Anche se l’effetto “videogioco di ultima generazione” fa capolino quando la CGI si fa troppo invasiva, questo Spidey si muove, si lancia dai grattacieli, dice battutine e spara ragnatele come Mamma Marvel insegna, e, complice il fisico dinoccolato di Garfield, il ricordo delle storie disegnate da Steve Ditko affiora, con nostalgica lacrimuccia d’accompagnamento, nei lettori di vecchia data. Il regista Marc Webb è molto più a suo agio con Spider-Man, ne gestisce meglio le peculiarità enfatizzando le movenze con un contenuto uso del ralenti e un 3D forse non indispensabile, ma ben gestito.
Ogni film di supereroi ha bisogno di scene “in borghese”: non pagheranno certo Andrew Garfield per rimanere mascherato per due ore, giusto?
E purtroppo quando Peter si toglie la maschera iniziano i dolori. Come nel primo film, i conflitti tra i personaggi non hanno tempo di creare vera tensione drammatica, perché vengono risolti in uno spazio troppo breve.
Facciamo un esempio: Peter e Gwen ora stanno insieme, anche se Peter aveva giurato al padre morente di Gwen, nel finale del primo film, che sarebbe stato lontano dalla ragazza per non metterla in pericolo. Il rischio corso dagli amici di Peter è un pilastro del fumetto, come di ogni buon supereroe con degli affetti e una vita privata senza la calzamaglia, ma in questo caso il tutto viene liquidato in pochi minuti: stiamo insieme/ci lasciamo/torniamo insieme con un tira e molla che non dà tempo sufficiente allo spettatore di empatizzare con i personaggi.

Le regole del gioco
Per fortuna, Garfield e la Stone ci mettono impegno (e il fatto che i due siano fidanzati anche nella vita reale aiuta di sicuro a rendere più credibile l’interpretazione), rimediando in parte alle manchevolezze della scrittura ma anche questa volta l’elemento soap-operistico, una delle chiavi del successo dell’Uomo Ragno, è in parte smorzato da una sceneggiatura poco efficace. Certo, in una serie di comic book gli sceneggiatori hanno mesi a disposizione per sviluppare tutto come si deve, qui poco più di due ore, ma forse si poteva fare di meglio.
Poi, ancora una volta, sembra che gli sceneggiatori ci tengano a sottolineare alcuni buchi logici provenienti direttamente dai comic book.
Secondo esempio: durante la sua carriera da Tessiragnatele, Peter rimedia cazzotti, escoriazioni, lividi e ferite. Come è possibile che la cara e apprensiva zia May, oltretutto qui decisamente ringiovanita, non si accorga mai delle condizioni di salute del nipotino? Nei fumetti, molto semplicemente, il problema viene ignorato, mentre qui si sceglie di risolvere la faccenda nel modo peggiore: la zietta chiede, Peter non risponde in modo convincente, e la zia cambia discorso. Perché sottolineare allo spettatore che il mondo di Spider-Man (e dei supereroi in genere) è fatto anche di regole non scritte, forse assurde, ma indispensabili?
Spider-Man and His Amazing Friends
Restiamo ancora per un istante sullo Spider-Man dei fumetti: cosa sarebbe l’Uomo Ragno senza il suo cast di comprimari?
Se il primo capitolo della serie si limitava a introdurre il jock Flash Thompson, qui Peter ha modo di ritrovare il vecchio amico d’infanzia Harry. La presenza della Oscorp nel primo film lasciava già presagire che prima o poi avrebbe fatto capolino qualche componente della famiglia Osborn, croce e delizia dell’Arrampicamuri fumettistico, e l’interpretazione di Dane DeHaan è uno degli aspetti migliori del film. Harry è qui un giovane schiacciato dal peso dell’eredità paterna, che fatica a uscire dall’ingombrante ombra del genitore; una figura fragile, a cui DeHaan riesce a rendere giustizia in un tempo tutto sommato limitato.

I letali nemici dell’Uomo Ragno
Come ogni buon film di supereroi, TASM 2 ha ben tre cattivi. Non fatevi trarre in inganno dai manifesti promozionali: il palcoscenico è in buona parte per un solo villain, Maxwell Dillon, alias Electro, alias Jamie Foxx, qui con un look ispirato alla serie Ultimate (il costume della serie classica sarebbe effettivamente stato improponibile in un film dal vero), e rivisitato seguendo lo stereotipo del nerd disadattato ma geniale.
Gli altri due cattivoni, visibili nel manifesto del film qui sotto, e che i più perspicaci avranno già intuito, fanno capolino soprattutto nella seconda parte del film,
evitando il sovraffollamento che tanti danni aveva prodotto nei cinecomic del passato (compreso Spider-Man 3 di Sam Raimi) e ponendo le basi per i capitoli successivi della serie.
Spider-Man Cinematic Universe
I capitoli successivi? Certo, la Sony si è già premurata di annunciare altri due episodi della serie (per il 2016 e il 2018), un film dedicato a Venom e uno sui Sinistri Sei. La mossa di annunciare altri quattro film, con il secondo Amazing ancora non distribuito, è un modo per creare da subito intorno allo Spider-Man cinematografico la percezione di un universo narrativo il più possibile ampio.
I Marvel Studios hanno creato un precedente che i cinecomic che verranno non potranno ignorare: replicare, con i necessari adattamenti al medium cinematografico, uno dei punti di forza dei fumetti, la sensazione di assistere in ogni pagina a un tassello di uno spettacolo più grande. Leggo Iron Man, ma a un albo (o a un film) di distanza posso trovare Capitan America, Thor, Hulk…
La scena dopo i titoli di coda del primo capitolo, così come le sottotrame rimaste in sospeso lasciavano molti spiragli aperti per un seguito, come spesso accade nei kolossal del nuovo millennio, concepiti con un occhio ai sequel.
In questo caso però, gli avvenimenti del film e gli annunci della casa produttrice lasciano presagire l’allargamento dei confini della serie, proprio come accaduto con gli X-Men della Fox e come succederà con i film ispirati agli eroi Dc, primo tra tutti Batman Vs. Superman.
La Sony Pictures ha dalla sua il vantaggio di avere il supereroe più amato della Marvel e uno dei più conosciuti in assoluto. Basterà per costruire uno Spider-Man Cinematic Universe??