Per ogni bambino imparare a stare in piedi e a fare i primi passi è una sfida impegnativa. Per Al Davison, autore inglese di fumetti nato con la spina bifida – una malformazione incurabile del midollo spinale – camminare come gli altri è stato ancora più difficile. Per raccontare la sua esperienza della malattia Davison ha scritto The Spiral Cage, un libro autobiografico uscito originariamente nel 1990 e ripubblicato nel 2003 da Active Images.
La lotta di Al Davison contro la spina bifida
The Spiral Cage, che Alan Moore nella sua introduzione al libro definisce “un lavoro importante” e “una speranza per il futuro del fumetto”, descrive la battaglia personale di Davison contro gli innumerevoli disagi fisici e psicologici causati dalla spina bifida. Il titolo stesso dell’opera è un gioco di parole tra “spinal cage”, la gabbia del midollo spinale che paralizza le gambe dell’autore fin dalla nascita, e “spiral cage”, la spirale biologica del DNA che ha causato la malformazione genetica di Davison nel ventre materno.

Sopravvivere nonostante tutto: i primi passi
I primi anni di vita di Davison sono una costante lotta quotidiana per sopravvivere: i medici si aspettano che il bambino, sempre sorridente nonostante i terribili dolori causati dalla spina bifida e le numerose operazioni chirurgiche, possa morire da un momento all’altro a causa delle malformazioni. Grazie però all’incrollabile volontà e all’amore della madre di Davison, che ogni giorno per mesi e mesi porta in braccio il piccolo Al avanti e indietro da casa all’ospedale, il bambino sconfigge ogni cattivo presagio dei dottori e riesce pian piano a conquistare una minima capacità di movimento grazie anche all’aiuto delle stampelle.

Sentirsi sempre diverso dagli altri
Ai molti disagi fisici causati dalla malattia si aggiungono ben presto i primi problemi con le relazioni sociali: fin dall’inizio il percorso scolastico di Davison è costellato di numerosi atti di bullismo da parte dei suoi coetanei, che non esitano a definirlo “zoppo”, “storpio”, “ritardato” e “spaventapasseri”. Anche in campo sentimentale le cose non vanno meglio: le ragazze lo prendono in giro e rifiutano ripetutamente i suoi timidi tentativi di approccio per paura del suo aspetto fisico.

Rinascere grazie al buddismo e alle arti marziali
Nonostante le molte difficoltà, Davison trova pian piano la forza di reagire e di accettare se stesso sia grazie allo studio intensivo dei testi religiosi buddisti, di cui vengono riportati alcuni stralci nel libro, sia in seguito alla pratica costante delle arti marziali, in particolare del karate. Questa evoluzione consente all’autore di acquisire col tempo una grande resistenza fisica e una maggiore autostima a livello psicologico. I risultati non tardano ad arrivare: a 29 anni Davison riesce finalmente ad allacciare un rapporto sentimentale stabile con Maggie, che diventerà poi sua moglie, e trova una stabilità spirituale duratura negli insegnamenti del buddismo.

Un collage di memorie e ricordi
Lo stile narrativo di The Spirale Cage si serve di numerosi salti temporali avanti e indietro nella vita dell’autore. Il risultato è un diario autobiografico disordinato, fatto di ricordi e istantanee, di momenti dell’infanzia e dell’adolescenza. La narrazione procede per brevi episodi, spesso singole pagine giustapposte una dopo l’altra, per tracciare un’evoluzione emotiva lineare durante una crescita fisica difficile e sofferta.

Un bianco e nero denso e realistico
I disegni di Davison sono molto densi e scuri e ricordano per un certo verso il tratto underground di Robert Crumb: l’autore usa il bianco e nero per tratteggiare in modo realistico i vari personaggi e non disdegna la variazione frequente dello stile di disegno. Alcuni episodi, in particolare quelli collegati all’adolescenza, vengono descritti con uno stile da striscia umoristica; i momenti di maggior sofferenza fisica e di frustrazione sono influenzati dallo stile pittorico degli espressionisti e di Egon Schiele; altri ancora infine, per esempio i giochi infantili, vengono rappresentati con schizzi appena abbozzati tipici di un bambino alle prime armi con la matita. Da sottolineare inoltre che il lettering dell’autore, fatto a mano e talvolta simile alla scrittura su un diario cartaceo, rende spesso difficile la lettura delle parole, specialmente nelle pagine con spazi di testo piccoli o molto affollati.

Disabile è chi il disabile fa
The Spiral Cage avrebbe potuto trasformarsi facilmente in un’autobiografia triste e densa di autocommiserazione. Il grande merito di Davison, invece, è di aver messo in luce più volte nel libro l’innato ottimismo e la voglia di vivere che consentono a una persona di compiere l’impossibile a dispetto di ogni previsione medica e di combattere i propri demoni interiori. La lettura di The Spiral Cage ci ricorda una volta di più che la spina bifida, e la disabilità più in generale, non è soltanto una differenza nello sviluppo fisico delle persone ma anche una conseguenza del pregiudizio sociale e della commiserazione degli altri. Arrendersi alle debolezze del proprio fisico è facile: la vera sfida è vivere e andare avanti ogni giorno nonostante tutto. Come dice un antico detto buddista riportato all’inizio del libro “la vita è il più prezioso di tutti i tesori. Anche solo un giorno in più di vita vale più di dieci milioni di pezzi d’oro”.