Chris Ware non ha bisogno di molte presentazioni: l’autore statunitense, che ha innovato il linguaggio del fumetto con Jimmy Corrigan e più recentemente con Building Stories, è una delle figure più importanti dell’illustrazione e del graphic design contemporaneo. Nel 1993 Ware ha creato una serie originale di libri a fumetti, The Acme Novelty Library, dove da anni sperimenta innovative soluzioni grafiche e narrative e dà vita alle storie di personaggi come Quimby the Mouse, Jimmy Corrigan, Sparky, Potato Guy e Rusty Brown. Nel corso degli anni la serie Acme Novelty Library ha vinto numerosi premi Eisner, Ignatz e Harvey, i più importanti riconoscimenti nel mondo dei comics statunitensi.
Questa è la storia di Jordan Lint
Nel 2010 è uscito per Drawn and Quarterly il volume 20 della serie Acme Novelty Library, il più recente pubblicato finora. Il libro, in formato orizzontale e molto simile per estetica e design ai vecchi album di foto di famiglia, si intitola semplicemente Lint. Chris Ware questa volta ha deciso di dedicare l’intero volume alla vita di un solo personaggio: Jordan Wellington Lint, una figura secondaria apparsa brevemente nei volumi precedenti dell’Acme Novelty Library dedicati alle storie di Rusty Brown. Ogni pagina del libro, 72 in tutto, racconta in un’istantanea un anno della vita di Jordan Lint, costruendo così una parabola temporale ascendente e discendente dalla nascita alla morte del personaggio.
Lint, un uomo normalmente disfunzionale
Chi è Jordan Lint? Un uomo imperfetto, come tutti, incapace di affrontare la realtà ordinaria della sua vita e in costante fuga da se stesso. Un egocentrico talmente concentrato sul suo obiettivo di diventare una persona felice e realizzata da non accorgersi, se non all’ultimo momento, del male inflitto a chi lo circonda. Un bastardo di successo, apparentemente appagato da una vita a tratti ricca di benessere materiale ma in realtà vittima del proprio carattere, che lo porta ad autosabotarsi in ogni occasione di momentanea felicità. Jordan Lint è un perfetto perdente, un concentrato di mediocrità quotidiana che vuole disperatamente provare a se stesso – senza peraltro riuscirci – di essere normale. Ogni pagina di Lint è una breve scena di una tragedia del quotidiano, dove l’impietoso passare del tempo trascina tutto e tutti verso l’inevitabile conclusione. Odiare o disprezzare Jordan sarebbe fin troppo facile, ma Chris Ware riesce nell’arduo compito di farci provare una profonda empatia per la sua storia, e di farci capire attraverso 72 pagine cosa vuol dire davvero essere Jordan Lint.
All’inizio erano solo pensieri senza parole
Come appare il mondo quando si è bambini, prima ancora di iniziare a parlare? Quali sono i pensieri di una mente prelinguistica che indaga ma che ancora non conosce i nomi da dare alle cose che la circondano? Ware trova una risposta efficace nelle prime pagine di Lint, che attraverso disegni stilizzati di forme geometriche semplici ed elementari – punti, linee, cerchi, quadrati, triangoli – cercano di rappresentare in modo essenziale la mente di Jordan Lint durante la prima infanzia. Ware usa in modo minimal ed estremamente efficace un tratto semplice e spigoloso per rappresentare il mondo quotidiano filtrato dalla percezione del piccolo Jordan e dalle sue priorità visive: piccoli particolari misteriosi come l’angolo della bocca della madre quando sorride, le teste dei parenti intorno alla culla, i volti confusi degli sconosciuti, le parole ancora incomprensibili per la mente di un bambino, la lampada sopra il letto, l’alternanza misteriosa di luce e buio nelle stanze della casa.
Crescere è un mestiere difficile
Jordan prende lentamente confidenza dapprima con la realtà fisica del proprio corpo e poi con il resto del mondo: arrivano le prime esplorazioni in giardino, le lotte con gli altri bambini per il possesso dei giocattoli, i frequenti litigi dei genitori. Nel rapido susseguirsi delle pagine assistiamo poi alla rapida crescita di Jordan Lint: l’improvvisa morte della madre – un evento che segnerà per sempre la sua vita emotiva e in particolare il rapporto con le donne – il nuovo matrimonio del padre, gli scontri verbali con le maestre e con la matrigna, la scoperta della sessualità e i sogni adolescenziali di diventare un musicista in un gruppo rock. Con il procedere del libro Ware arricchisce pian piano il tratto spigoloso usato inizialmente per descrivere l’infanzia di Jordan e adotta uno stile via via più morbido, ricco di particolari e colori, l’ideale contrappunto visuale allo sviluppo fisico e mentale del personaggio.
Il classico cattivo ragazzo
Durante la crescita si manifestano tutti i lati negativi di Jordan Lint, un mediocre che divide il tempo della propria giovinezza tra atti di bullismo omofobo, frequenti bravate alcoliche e continue fantasie erotiche sulle ragazze del college, viste perlopiù come semplici oggetti sessuali. Bisogna anche dire che la vita ad Omaha, Nebraska – la città natale di Jordan – sembra offrire poche soddisfazioni a un adolescente ad eccezione delle partite di rugby, dei riti delle confraternite studentesche e di occasionali e tristi sveltine con le compagne di corso.
Prima o poi tocca anche diventare adulti
Gli anni del college passano in fretta e alla soglia dei 30 anni Jordan Lint si trova presto a fare i conti con la triste realtà: il suo sogno di carriera nel mondo del rock è soltanto un’illusione adolescenziale tenuta in piedi dai soldi ricevuti ogni mese dal padre, la sua vita sentimentale un disastro costellato di continui colpi di fulmine – subito delusi – per ogni donna che dimostra un minimo di interesse nei suoi confronti. La morte del padre permette a Jordan di ereditare, seppur malvolentieri, l’azienda di famiglia e di trasformarla, grazie ad alcune abili speculazioni finanziarie, in un’agenzia di compravendita di titoli azionari.
Non poteva durare per sempre: l’inizio della fine
Con i soldi dell’azienda paterna la vita di Jordan Lint sembra prendere finalmente il binario giusto: dopo molte storie sbagliate arriva la stabilità famigliare con il matrimonio e i due figli. Questa breve oasi di felicità si confonde però in un mare di insicurezze e problemi relazionali: Jordan nel frattempo continua ad avere numerose amanti ed è sempre di più perseguitato dal senso di colpa per le sue azioni e dal timore di un possibile futuro giudizio divino. Ben presto alcuni sbagli nella conduzione dell’impresa finanziaria di famiglia e l’amarezza causata da un pessimo rapporto con i propri figli lo conducono alla rovina economica e alla catastrofe sentimentale: perfetta anche in questo caso la scelta di Ware di rendere la palette dei colori di queste pagine sempre più grigia e monocroma per sottolineare lo sprofondare di Jordan nella depressione e nella malinconia.
L’ultimo atto di Jordan Lint
Gli ultimi anni di vita di Jordan Lint sono segnati dal collasso generale di qualunque tipo di relazione affettiva con le persone che lo circondano e da un colpo di scena che porta alla luce un dramma sepolto nel passato: in una breve e toccante sequenza Ware per una volta abbandona il suo solito tratto geometrico e prova a disegnare la violenza fisica contro i bambini con un tratto decisamente violento ed espressionista.
Gli ultimi attimi di Lint, ormai vecchio e malato, coincidono significativamente con le ultime pagine del libro della sua vita: Jordan ora è disteso su un letto di ospedale per un ultimo disperato intervento d’urgenza dopo un infarto, mentre assistiamo al suo confuso monologo interiore fatto di rimorsi, rimpianti e fantasmi del passato. Il ciclo si chiude: le ultime parole di Jordan prima della morte sono confuse e indecifrabili come i primi vagiti di un bambino, il tratto del disegno diventa via via più rarefatto fino a diventare identico alla prima pagina del libro, quella della nascita. E mentre Jordan Lint ha la visione finale della sua vita noi siamo in grado di vedere le sue ultime sillabe, un ininterrotto “I am”, che oltrepassano il confine fisico dell’ultima pagina del libro per spingersi in lenta dissolvenza, come un singhiozzo irregolare e sincopato, fino al centro del retro di copertina.
«È questo il modo in cui finisce il mondo
È questo il modo in cui finisce il mondo
È questo il modo in cui finisce il mondo
Non con uno schianto ma con un sospiro»(Thomas Stearns Eliot, Gli uomini vuoti, 1925)