‘X-Men: Giorni di un Futuro Passato’: la recensione

In uscita il prossimo 22 Maggio, il nuovo film sui mutanti prende spunto dall’albo degli anni ’80 di Chris Claremont e John Byrne. Nel cast: Hugh Jackman, Jennifer Lawrence, Peter Dinklage, James McAvoy e Michael Fassbender.

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«Il passato», scrive Stephen King in 22/11/’63, «non vuole essere cambiato e fa di tutto per impedirlo». E leggendo Giorni di un Futuro Passato, il ciclo narrativo di Chris Claremont e John Byrne, pare proprio così – anche loro sembrano averla pensata come King. Intendiamoci: se avete letto il fumetto saprete che alla fine, a fatica e dopo più di qualche difficoltà, gli X-Men riescono a cambiare il corso del tempo. Ma a che prezzo? Basta un istante, un uomo morto e tutto può assumere una piega catastrofica: i mutanti costretti nei campi di concentramento, gli Stati Uniti sull’orlo della fine e le Sentinelle pronte ad invadere il resto del mondo. E il resto del mondo – cosa da non dimenticare – pronto a rispondere all’invasione con le armi atomiche. Che è, nell’albo di Claremont e Byrne, il pretesto per tutta la narrazione.

Kitty viene rimandata nel passato solo perché – questa è la spiegazione ufficiale – è l’unica degli X-Men a non essere abbastanza abile, negli anni ’80, da respingere un attacco telepatico. Il suo compito è quello di impedire l’assassinio del senatore Robert Kelly. Il nemico: la Confraternita dei Mutanti Malvagi capitanata da Mystica. Il nocciolo di Giorni di un Futuro Passato è contenuto in appena poche pagine e i capitoli seguenti sono solo il racconto degli effetti del viaggio nel tempo di Kitty («il passato non vuole essere cambiato e fa di tutto per impedirlo»). I mutanti sopravvivono, ma anche stavolta ritorna la domanda: a che prezzo?

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Ecco, di questa storia, di questi dubbi e di queste considerazioni, Bryan Singer e Simon Kinberg hanno preso solo l’essenziale per il loro film, X-Men: Giorni di un Futuro Passato. Solo l’essenziale e, viene da aggiungere, l’utile. Kitty c’è ma non è la protagonista: ad essere rimandato indietro nel tempo, «perché l’unico a poter resistere fisicamente ad una cosa del genere», è Wolverine. Xavier non è morto nel futuro e anzi fa da mentore, anche se a distanza di 50 anni, agli X-Men della «first class».

Il film corre su binari totalmente diversi rispetto al fumetto, eppure, in un modo tutto suo, lo omaggia e lo cita: Singer e Kinberg, che ha firmato la sceneggiatura, prendono qua e là spunti ed intuizioni; dell’albo firmato da Claremont e Byrne resta poco, molto poco. Ad esempio non sono solo gli Stati Uniti, nel futuro, ad essere sottomessi alla dittatura delle Sentinelle, ma il mondo intero. Kitty diventa la mutante in grado di mandare le persone nel passato, cosa che non viene minimamente presa in considerazione in Giorni di un Futuro Passato – il suo potere, dopotutto, è l’intangibilità, non il time traveling.

Ciononostante Bryan Singer fa centro. Centro – aggiungiamo noi – come non lo faceva da anni. E regala al pubblico un film appassionato ed appassionante, non fedele ma citazionista; non puramente action, come sono stati i Vendicatori di Joss Whedon, ma profondo, introspettivo – una riflessione su celluloide che non si discosta di molto dall’albo originale. Mystica, interpretata da Jennifer Lawrence, è sempre il mutante da fermare. Il suo obiettivo, però, non è il senatore Kelly ma Bolivar Trask (qui con il volto e la voce di un bravissimo Peter Dinklage), l’inventore delle Sentinelle.

Ogni cosa, alla fine, si incasella perfettamente. Singer ricorda e riutilizza tutti i vecchi film, nessuno escluso (no, nemmeno il terzo). E ogni personaggio fa quello che ci si aspetta che faccia – Wolverine è l’esempio calzante. Singer riesce inoltre nella difficile impresa di riscrivere il finale della scorsa trilogia e di ridare vita a Jean Grey e a Scott Summers. Stupenda la scena con Quicksilver (Evan Peters), che in appena pochi minuti riesce ad imporsi sul resto del cast e a conquistare lo spettatore con la sua simpatia e profonda e stupefacente caratterizzazione (nota da ricordare: il theme musicale che fa da sottofondo è The First Time I Saw You di Roberta Flack).

Ma fenomenali sono pure Magneto e Charles Xavier, sia nelle loro versioni più giovani (Michael Fassbender e James McAvoy) che in quelle più vecchie (Ian McKellen e Patrick Stewart). Collante tra l’inizio e la fine dell’intero film è Wolverine (Hugh Jackman). Poco spazio agli altri interpreti e mutanti. In definitiva, X-Men: Giorni di un Futuro Passato non è il film che ci si aspetterebbe di vedere dopo aver letto il fumetto; ma è sicuramente il film che ci si aspettava da Singer, e che ridà lustro, almeno cinematograficamente, ad uno dei team più amati e famosi della Marvel.