Nello studio di Michele Benevento

Questa settimana, per la rubrica #tavolidadisegno, siamo entrati nello studio di Michele Benevento, disegnatore per Sergio Bonelli Editore, attualmente al lavoro su ‘Lukas’. Al solito, abbiamo fatto cinque domande e abbiamo scattato parecchie foto.

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Quali sono i progetti a cui stai lavorando attualmente?

Sto completando in questi giorni una storia breve di Tex che sarà nello speciale a colori di ottobre (spero). Poi altri due anni di Lukas mi attendono.

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Quali sono gli strumenti che usi per disegnare?

Attualmente utilizzo un Winsor&Newton serie 7 n. 3 in martora per l’inchiostrazione, pennarelli millimetrati Pilot o Staedtler, micromine 3h per i clean up, micromine 2b per le matite e fogli di carta

Schoeller’s Hammer 4R. Una macchinetta digitale per le foto, lo studio e la recitazione dei personaggi e…basta direi che ti ho detto tutto, rigorosamente in ordine inverso. L’inchiostrazione è la fase che preferisco e sfortunatamente anche l’ultimo tassello del puzzle. Proprio su Tex ho però provato a escludere i pennarelli per il ripasso degli sfondi e la cosa mi sta piacendo, anche se ha allungato in maniera drammatica i tempi di realizzazione (almeno all’inizio).

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C’è qualche forma di abitudine ami predisporre prima di metterti a disegnare? Hai degli orari particolari in cui ti metti al lavoro?

Non ho nessun particolare rituale, eccetto gli imprescindibili cappuccino e biscotti. Poi radio o telefilm e via andare. Gli orari sono piuttosto randomici: cerco di svegliarmi prima del resto della tribù per avere almeno un paio d’ore in cui carburare; dopo la capatina all’asilo per accompagnare il pupo si torna al tavolo fino all’ora di cena e a quel punto mi tocca, visto che sono il cuoco di casa. La notte però (se la palpebra regge) è sempre il momento migliore.

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Quali sono i tuoi autori di riferimento? Ci sono testi che devono essere a portata di mano mentre disegni?

In questo momento i miei numi tutelari, guarda un po’ che strano, sono sicuramente François Boucq e il sommo Giraud. E naturalmente Ticci e Villa ché se no mi cederebbero le gambe. Di solito però cerco di non avere troppi riferimenti davanti al naso, per paura di esserne condizionato. Preferisco sfogliare e studiare gli autori che mi piacciono o che mi colpiscono, FUORI dall’orario “di lavoro”. Mi piace che le immagini sedimentino per poi riaffiorare in maniera imprevista e casuale, secondo un processo che potrei definire di memoria selettiva.

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La vita del fumettista è spesso solitaria, si sa. C’è qualcuno con cui ti confronti per valutare la bontà del tuo lavoro quando sei in fase di produzione? Accetti critiche e consigli e agisci di conseguenza, modificando il tuo lavoro? Quanto ti metti in gioco? Qual è l’apporto emotivo quando si lavora su un prodotto seriale e non su un progetto personale?

Nel corso degli anni ho selezionato e formato una serie di figure che oggi chiameremmo editors. Sono da me stipendiati, gli pago le tasse e i contributi e naturalmente sto scherzando. È vero, invece, che cerco di sottoporre al giudizio di mogli (ne ho almeno 3) e amici fumettisti incattiviti (nei miei confronti) le tavole appena sfornate.

Facezie a parte, la necessità di avere un feedback su quello che sto facendo, uno sguardo esterno e distaccato sul mio lavoro è pressoché fondamentale. A volte (spesso) mi manca la lucidità e l’obiettività per valutare serenamente ciò che ho appena fatto e cerco di appoggiarmi alle persone con cui collaboro. Ad esempio durante la lavorazione di Lukas Michele Medda e Andrea Borgioli sono stati (e sono tutt’ora) l’angelo e il diavolo sulle mie spalle (a voi capire chi fa chi). Correggere e modificare non è un problema se è necessario a migliorare il risultato, e anche se la cosa procura “nervosismo e fastidio”. Lukas è un progetto personale tanto quanto lo sono stati Dampyr o Caravan, anche se non sono/ero coinvolto direttamente in quanto creatore dei personaggi. Ma lo sono/ero (coinvolto) in quanto Autore dei disegni e di questi sono responsabile, con tutto ciò che questo comporta. Anche i mal di pancia quando le cose non mi vengono come avrei voluto. Uffa.

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