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NewsAccademia di Belle Arti di Bologna: dieci anni di formazione sul fumetto

Accademia di Belle Arti di Bologna: dieci anni di formazione sul fumetto

Nel 2004, l’Accademia di Belle Arti di Bologna fu la prima Accademia d’arte italiana a proporre un corso (triennale) di ‘Fumetto e Illustrazione’. Una buona notizia, che segnalò una maturazione nell’offerta formativa sul fumetto nel nostro paese, che ancora oggi brilla, purtroppo, per l’assenza di corsi di laurea universitari, e in cui la parte del leone la fanno pressoché solo le scuole private. Nel 2009 l’Accademia ha inoltre lanciato un corso – questa volta biennale (vero e proprio diploma di secondo livello) – in ‘Linguaggi del fumetto’, con il quale ha spinto l’acceleratore sulla formazione pratica e teorica di aspiranti fumettisti interessati a percorsi di ricerca e sperimentazione più autoriali.

Tra i diplomati dei due corsi e con ormai diversi libri alle spalle ci sono autori quali Marina Girardi o Silvia Rocchi, e talenti in ascesa come Anna Deflorian, Cristina Portolano, Simone Cortesi, Isaak Friedl, Ugo Schiesaro, Andrea Settimo, Liliana Salone, Guido Volpi. Di questo traguardo decennale, delle caratteristiche (e dei limiti) degli aspiranti autori, e delle questioni che attraversano la formazione al fumetto nel nostro paese, abbiamo discusso con i coordinatori didattici Emilio Varrà (triennio) e Edo Chieregato (biennio).

academia bologna fumetto

Dieci anni di corsi sul Fumetto in Accademia: che bilancio ne avete tratto?

EV: Mettiamola così: l’esposizione “I primi dieci anni” che l’Accademia ha organizzato durante il festival Bilbolbul del 2013, con una selezione di circa 30 studenti tra disegno, illustrazione e fumetto, ci ha messo di fronte a una difficoltà di scelta. Una buona notizia, perché rivelava di fatto una realtà molto positiva, di cui forse non eravamo ancora del tutto consapevoli. L’impressione nostra e dei visitatori è stata quella di vedere opere di “professionisti” – alcune molto originali, altre più tradizionali – e nel complesso di osservare un frammento rappresentativo e consapevole di quanto si fa oggi in Italia e soprattutto nel mondo. La mostra, insomma, ci sembrava degna del festival internazionale che la ospitava.

C’era una volta l’andare “a bottega”. Cosa è cambiato, negli aspiranti autori, rispetto all’epoca in cui erano autodidatti o apprendevano il mestiere solo nell’esperienza diretta accanto a un autore già affermato?

EC: In primis credo la consapevolezza di quello che si fa. L’indirizzo, nei primi tre anni e ancor più nei bienni di specializzazione, insiste molto su questo. Accanto ai corsi laboratoriali più specifici di disegno, fumetto, illustrazione e sceneggiatura, gli studenti seguono diversi corsi teorici sia di storia dell’arte, di fumetto, di illustrazione, di cinema, di fotografia, ecc, sia di educazione all’immagine e/o inserimento nel mondo editoriale. Inoltre, poiché la maggior parte degli insegnanti sono anche professionisti nel campo in cui gli studenti stessi vogliono inserirsi (fumettisti, illustratori, grafici, editori, editor, ecc), la didattica è un continuo mescolare pragmatica del lavoro con riflessioni critiche e interpretative sull’opera e sul suo posizionamento.

Qual è il profilo dei vostri studenti? Da quali percorsi formativi provengono, e che ruolo gioca il fumetto?

EV: Al triennio, dove ogni anno si presentano 150 studenti da tutta Italia per una selezione di 50 divisi in due classi, le provenienze sono per lo più da Istituti d’arte, Licei artistici e non. Non ci sono sbarramenti, nemmeno al biennio, poiché viene chiesta una laurea triennale qualsiasi e quello che più ci interessa è la ricerca e la costruzione di autori, per cui la formazione fumettistica in senso stretto non è prioritaria e determinante per noi. Quello che più consideriamo necessario è curiosità e apertura culturale, una forte propensione al racconto e al disegno naturalmente, ma ben vengano approcci anche meno tradizionali o non da scuola specializzata in fumetti. Molte soddisfazioni sono arrivate infatti anche da studenti che non avevano fatto alcuna facoltà artistica, o scuola di disegno, ma nello stesso tempo dimostravano una forte maturità e determinazione per proporsi come autori.

Valzer-bashir
Lorenzo Ghetti

Il corpo docente è cambiato (lievemente) negli anni: quali competenze ritenete siano le più efficaci e quali le più complesse da trasferire?

La maggior parte degli insegnanti non nasce con questa vocazione, ma come autori e/o professionisti. In ogni caso il desiderio di misurarsi con un’esperienza pedagogica, di riflettere su cosa significa insegnare a illustrare o fare una storia a fumetti, di confrontarsi come corpo docenti, è imprescindibile. Ogni docente, come ogni autore, ha la sua modalità di approccio all’insegnamento, ma stiamo parlando di materie artistiche, difficilmente ingabbiabili in ricette o metodi di apprendimento. La tensione didattica generale parte da un’alfabetizzazione, che via via dal primo anno in poi, e con il giusto carico di lavoro, mette a disposizione in poco tempo molta palestra e molta “grammatica della fantasia”. Ci sono studenti che in soli due anni, dalla fine del secondo anno alla tesi del primo triennio, crescono esponenzialmente da tutti i punti di vista e quelli che, proseguendo al biennio, escono con un forte potenziale sia tecnico che narrativo.

Dal vostro osservatorio, che genere di cultura fumettistica avete trovato negli studenti?

EC: Tranne casi eccezionali, l’immaginario medio diffuso è abbastanza omologato. I ragazzi conoscono per lo più il fumetto seriale e mainstream, o il manga. Molti prediligono letture fantasy, i film di riferimento sono una manciata, si conosce molto poco di quanto è stato fatto. Ma anche qui, di anno in anno, tra stimoli scolastici, ricerca personale e la particolare condizione che offre Bologna per il fumetto, l’illustrazione e la cultura in generale, molti fanno balzi da gigante e in pochi anni si aprono ad ambiti del tutto inesplorati. Per quanto riguarda il fumetto, il contemporaneo è sempre piuttosto carente, ma gli incontri con autori nazionali e internazionali durante l’anno, il festival della città, le librerie, le presentazioni, il web, vanno presto a sopperire le lacune maggiori.

L’offerta formativa sul fumetto, all’estero – Francia, Stati Uniti, Giappone – è sempre più ampia e strutturata, e vede in campo sia università che accademie o scuole private. In Italia, invece, dominano le (spesso piccole) scuole private locali. Il nostro Paese è ancora arretrato, nella formazione creativa/pratica al mestiere?

EV: Direi proprio di sì. Tranne qualche insegnamento in altre Accademie, il corso dell’Accademia di Bologna mi pare rimanga un caso isolato per strutturazione e completezza di percorso. Ma forse è anche peggio la situazione delle Università, dove anche facoltà letterarie o addirittura corsi come il Dams sono ancora refrattari a insegnamenti attorno al fumetto e alla narrazione per immagini. Esistono solo casi sporadici, per lo più spinti da pulsioni di singoli docenti che in altre vesti introducono opere, linguaggio o la storia del fumetto all’interno di corsi di letteratura per l’infanzia, sociologia dei media, cinema, semiologia, ecc.

Marianovella Sinicropi
Marianovella Sinicropi

In cosa consiste la specificità del biennio specialistico: materie, modalità didattiche, progetti?

EC: Con il corso bienniale, attivo da cinque anni, si è pensato di privilegiare una modalità didattica che pur insistendo sulla storia e la teoria del medium, possa svilupparsi in un dialogo laboratoriale continuo con gli studenti. L’idea è che si è a scuola ma anche no, che la tensione per un’esercitazione, per un progetto di un workshop o per la tesi finale, è di esperienza personale ma anche di produzione e confronto con un possibile committente, un editore, un lavoro autroprodotto di gruppo. Accanto ai corsi di Arte del fumetto di Gianluca Costantini e Andrea Bruno, Arte del fumetto umoristico di Tuono Pettinato, Scrittura creativa e narrazione per immagine di Emidio Clementi, Edo Chieregato ed Emilio Varrà, ci sono i corsi di Storia del fumetto di Enrico Fornaroli e di Fenomenologia dell’immagine di Daniele Barbieri e insegnamenti come Sistemi editoriali per l’arte (Chieregato), Lettering (Marco Ficarra), Grafica editoriale e Tecniche di animazione (Christian Ghisellini), Tecnologie e applicazioni digitali (Alessandro Micheli). I diversi insegnamenti dialogano tra loro sia attraverso progetti condivisi, come un workshop di autoproduzione che fa da ponte tra il primo e il secondo anno, sia con lezioni incrociate tra più docenti. Gli studenti sono richiamati sia a lavorare su esercitazioni progettuali del tutto simili a quelle con cui autori professionisti sono soliti misurarsi, sia su sperimentazioni editoriali di gruppo e personali. Ciò che viene caldeggiato sempre è la ricerca massima della propria “voce”, e di un approccio che individui la migliore forma di racconto per sé, sia essa tradizionale o di contaminazione tra linguaggi diversi.

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