Marbles, il memoir intimo di Ellen Forney

Ellen è una ragazza, una fumettista e un’artista. È solare, estroversa, esuberante. Ama quello che fa, ama stare tra la gente, ama il sesso e ama soprattutto essere se stessa. Pratica diversi sport, sollevamento pesi, nuoto, e fa lunghissime camminate – che le chiama “brucia-energia”. E sorride, sorride sempre. Ellen, però, è bipolare. E quando lo scopre, in un primo momento, non sembra capire cosa effettivamente questo significhi: crede di essere entrata in quel ristrettissimo – e fantomatico – circolo degli “artisti pazzoidi”. Ovvero: sei un vero arista perché sei pazzo. Perché sei depresso. Perché sei finito in terapia. All’inizio la prende così perché – molto semplicemente – non è se stessa. Sta vivendo un momento di estrema esuberanza. Una crisi. Solo dopo, dopo aver parlato con la sua analista, dopo essere scivolata in depressione, capisce: deve curarsi. Deve. E al primo pensiero – “niente psicofarmaci, essere bipolare è la mia maledizione/benedizione” – fa subito seguito il secondo, più profondo e convinto: “devo trovare un mio equilibrio”. Ma quant’è difficile?

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Marbles di Ellen Forney (che oltre ad esserne la scrittrice e la disegnatrice, ne è anche la protagonista) è un memoir intimo, appassionato ed appassionante. Dal nero intenso della china alle sfumature degli autoritratti a mano. È una storia coinvolgente che parla con la voce della verità al lettore. Che gli dice, senza inutili giri di parole, che cosa sta succedendo, a chi sta succedendo, cosa si può fare per porvi rimedio (o almeno per arginare il problema). È difficile trovare opere del genere di questi tempi. Un autore – un autore affermato – che si spoglia letteralmente davanti al suo pubblico è un’eccezione rispetto alla regola. È un racconto costante, continuo: a tratti sotto forma di visita paziente-psichiatra; a tratti racchiuso nelle considerazioni dell’autrice, che descrive e si descrive, e che spiega. Il bipolarismo non è una malattia come le altre. È un disturbo. E la Forney si impegna anche nel classificarlo. Nel far capire al lettore di cosa si tratta. Informa, il che non è cosa da poco se considerate che stiamo parlando di una graphic novel. Di un graphic, anzi, memoir. (In cui, teoricamente, lo scrittore dovrebbe tenere sempre e solo in considerazione se stesso perché è di se stesso che sta parlando. E non il lettore, che potrebbe o non potrebbe capire).

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Dall’intimità della confessione, alla forza nell’affrontare il proprio stato. Tra alti e bassi, forza e debolezza. Creatività e vuoti di memoria. La chimera del litio, la paura di non saper più fare; una ragazza che cresce e che, nelle proprie difficoltà, diventa donna. “Dove sarei andata a finire senza mia madre?” Perché le cure costano e non bastano certo i soldi di una che fa fumetti. Quella della Forney è una storia che passa dalle immagini, alla storia, ai disegni. I disegni che, per quanto semplici e intuitivi, dicono molto – forse anche più delle parole.

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Marbles è l’ennesima dimostrazione che il fumetto non è solo disegni e nuvolette; è un medium, un’arte completa. Un mezzo potente ed efficace per raccontare nel migliore dei modi una storia. E la Forney, che è un’ottima narratrice, lo padroneggia – lo piega al suo volere, semplicemente. Al di là delle spiegazioni e dei dettagli, una delle cose che colpiscono di più – forse, anzi, quella che colpisce proprio di più, è l’onestà. L’onestà spiazzante di una donna che si confessa. “Ho imparato a parlare del bipolarismo. Le reazioni non sono sempre quelle che ci si aspetterebbe”. E tu, lettore, resti lì. Incantato.

Marbles
di Ellen Forney

Psycho Pop (Edizioni BD), 2014
256 pag., € 18.00