Transformers: L’era dell’Estinzione. Addio umani, benvenuti robot

Alla fine Michael Bay l’ha fatto, è andato oltre: con Transformers: L’Era dell’Estinzione ha ufficialmente sostituito le persone con i robot. E robot – attenzione – fatti al computer, enormi e rumorosi. Ha creato un film, un mondo, su misura per loro. Il resto – gli umani e l’umanità – sono solo un contorno, un di più. Che considera solo a tratti, ovvero: quando proprio deve. Quasi tre ore di esplosioni, inseguimenti e combattimenti. Quasi tre ore di stereotipi e cliché, e di trovate (poco) furbe ma (molto) d’effetto.

In questo capitolo della saga Shia LaBeouf cede il testimone a Mark Wahlberg, che interpreta un pompatissimo ragazzo-padre con la passione per la tecnologia. Un nerd, insomma, come difficilmente se ne trovano in giro. Sua figlia, la luce dei suoi occhi, è – per quanto brutto a dirsi – la tipica teenager americana: prossima al diploma, pensa al futuro, al suo fidanzato (di cui suo padre non sa assolutamente nulla per un terzo del film) e a come tirarsi fuori dalla periferia. Gli Autobot, e più in generale i Transformers, sono in fuga. Gli umani, dopo la guerra di Chicago, danno loro la caccia. Vogliono ricreare la loro tecnologia e per farlo sono disposti a tutto: anche ad uccidere i loro vecchi alleati.

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Tutto il film è una corsa contro il tempo. Prima si scappa dagli umani cattivi, poi da Lockdown, cane da caccia (e Transformer a sua volta) dei Creatori, fantomatiche divinità che hanno costruito i primi robot. Poi si scappa da Galvatron, Megatron ricreato dagli umani, e alla fine si combatte in sella ai Dinobot, i “barbari”, gli antenati degli Autobot. Sorvolando – di proposito – su tutta la simbologia umana inserita nel mondo degli alieni (vedi: la tavola rotonda, i cavalieri, Transformers come emissari di divinità superiori e così via), il film è una via di mezzo tra un sequel e un prequel: Bay getta le basi per una nuova trilogia (molto probabilmente, nel prossimo episodio Prime e i suoi se la ri-vedranno con Megatron/Galvatron); e allo stesso tempo riprende il filo del racconto di Dark of the Moon. Ne L’Era dell’Estinzione, tutto, in qualche modo, si ridimensiona. E dagli USA ci spostiamo in Cina, guarda caso paese co-produttore dell’ennesima fatica del regista. E vero mercato a cui il film sembra rivolgersi.

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Megan Fox, robot-girl della passata trilogia, viene inoltre sostituita da Nicola Peltz, classe ’95. Ma vero punto di forza di tutto il cast “umano” è Stanley Tucci, che si impone velocemente sul resto dei colleghi. Mark Wahlberg, invece, pare un fantoccio. La sintesi perfetta del cinema bayiano: muscoloso, americanissimo, pronto a tutto per la famiglia (la patria, è vero, passa un po’ in secondo piano in questo film). Gli Autobot, da alleati, diventano più “carne e ossa”: in questo film sono pronti a vendicarsi degli umani. E sono pronti anche ad ucciderli (cosa che, come ricorderete, avevano promesso categoricamente di non fare nella prima trilogia).

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Alla fine del film, resta un solo interrogativo: ne è valsa la pena? Se l’avete visto – o lo vedrete – in 3D, direi di sì. Quantomeno nella misura in cui si tratta di un blockbuster pensato per tenere lo spettatore estivo, con l’attenzione già in vacanza, incollato alla sedia, tra esplosioni e trovate – di nuovo – non troppo furbe né originali.

La trama, però, sappiatelo: è la stessa, la solita, trita e ritrita. Gli attori umani (Tucci a parte) sono passabili, tutta la narrazione è nelle mani (nelle voci?) dei Transformers, che nella versione italiana possono contare su un Francesco Pannofino in grandissima forma. Per il resto? È Michael Bay, dall’inizio alla fine. Il re dell’action, il signore del blockbuster. Se avete una serata libera e volete rilassarvi – si fa per dire viste quante esplosioni ci sono – Transformers: L’era dell’Estinzione è il film che fa per voi. Nessuna pretesa, molti effetti speciali, luoghi comuni come se piovessero.