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RecensioniClassicIl Diavolo veste Nocenti

Il Diavolo veste Nocenti

Da sempre la testata del Diavolo Rosso si barcamena tra alti e bassi. Diverse sono le gestioni stellari – Stan Lee, Frank Miller, Ann Nocenti, Brian Bendis, Mark Waid – che lo hanno reso un personaggio di estrema complessità e al contempo esposto al rischio di scadere in facili cliché. La prima e vera svolta per il personaggio – è superfluo ricordarlo – arriva con Frank Miller. Dopo anni in cui il titolo era stato trascurato, pur conservando uno zoccolo duro di lettori, si pensa di affidarlo ad un veterano come Frank Robbins (il cui tratto era selvaggiamente regredito/involuto), ma all’ultimo momento l’assistente redattrice Jo Duffy fa il nome del giovanissimo Frank Miller.

Insieme a Roger McKenzie, Miller esaspera la vocazione urbana e noir di Devil, pescando a piene mani da autori come Eisner, Kurtzman e Krigstein. Non è un caso che il modello di Elektra fosse, per l’appunto, Sand Saref, una femme fatale che Miller aveva incontrato tra le pagine dello Spirit di Will Eisner. All’immaginario esotico e hard boiled, Miller aggiunge la sua ossessione per l’oriente e le arti marziali creando Elektra, uno dei personaggio di più indubbio fascino della Casa delle Idee (almeno sino alla scellerata decisione di D.G.Chichester reo di riportarla in vita durante la saga Caduta del Paradiso). Nonostante il ricco cast di comprimari, tra cui spicca il giornalista Ben Urich, è proprio Elektra a monopolizzare le attenzioni del pubblico (e dello stesso Miller). Dennis O’Neil, all’epoca editor della testata, pur non condividendo la sterzata violenta e cinica di Miller, ne appoggia ogni mossa sino al tragico epilogo narrato in Daredevil #181 dell’aprile del 1982, dove la ninja viene trafitta con le sue stesse armi dallo psicopatico Bullseye.

typhoid mary devil panini comics

Ma Devil conobbe un altro importante personaggio femminile: Typhoid Mary, creato da Ann Nocenti su una manciata di numeri. Quelle storie, originariamente pubblicate su Daredevil #254-257 e 259-263 e precedentemente apparse in Italia sulla testata dedicata ai Fantastici Quattro dalla Star Comics, sono ora raccolte nel volume Typhoid Mary recentemente pubblicato da Panini Comics.

All’epoca Ann Nocenti, già redattrice di Uncanny X-Men e sceneggiatrice di Spider-Woman, incomincia a scrivere Daredevil nel novembre del 1986 e debutta con una storia disegnata da Barry-Windsor Smith. Tuttavia, l’autrice lega il suo nome a quello di John Romita Jr. (coadiuvato dalle chine di Al Williamson). Insieme firmano la run che introduce uno dei temi di maggiore longevità nella storia di Devil: la sua presunta natura destinale e sacrificale. La gestione della Nocenti – chiamata a sostituire all’ultimo momento un dimissionario Steve Englehart – si sarebbe potuta risolvere in una disfatta, visto le aspettative inesaudibili dei lettori ormai consci che dopo Miller nessuno sarebbe stato all’altezza del compito. Invece, la sottile vena politica e sociale dell’autrice riesce a dare uno spessore particolare alla narrazione, concentrandosi sulla vita privata di Murdock, sui suoi conflitti interiori e sulla sua doppia natura di uomo di legge che si muove lungo i bordi della legalità, sia nei panni civili gestendo un consultorio legale che come eroe, divenendo un punto di riferimento fondamentale per gli abitanti del sordido quartiere dove sono ambientate le vicende.

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Typhoid Mary nasce per contestare il mondo fallo-centrico dei supereroi, scritto e disegnato da uomini e rivolto a un pubblico maschile (sempre più “maturo”). In questo mondo le donne sono accidentali, solitamente figure marginali e secondarie, oggetti del desiderio e della possessione. La tendenza dominante è quella di oggettivare le donne ad un’estetica soft-porno, che genera improbabili e procaci anatomie.

Ne avevo parlato in riferimento alla morte di Gwen Stacy sulle pagine di Csf, ma senza dubbio la povera Elektra è un caso sintomatico della cosiddetta WiR (i.e. Sindrome della donna nel congelatore). Ann Nocenti che incomincia a scrivere fumetti su Spider-Woman con l’ordine tassativo di uccidere la sua eroina, cerca in queste storie di Daredevil di creare una figura femminile emancipata, forte e complessa. Tuttavia, non si sottrae anche lei alla carica di sadismo che da sempre persevera nei comics americani. Anzi la inasprisce con una forte dose di masochismo. Una personalità doppia e schizofrenica quella di Mary, che amplifica il conflitto Matt Murdock/Devil sino a farlo esplodere.

In un’intervista rilasciata a PopImage, la Nocenti parla così del suo rapporto con le (super)eroine:

«Ero nauseata da come venivano tratteggiate le ragazze nei fumetti. Erano le dolci e sfortunate amichette degli eroi, o erano delle puttane stronze o delle streghe cattive, oppure dee bigotte, o altro ancora, comunque sia ne ero infastidita. Pertanto, il mio tentativo è stato quello di fare a pezzi quest’idea di donna e con i cocci formarne una nuova. Quindi, Typhoid era in parte la dolce e sfortunata Mary, ma era veramente messa così male? Era anche una troia: le piaceva giocare con gli uomini? Oppure costringeva la parte innocente a guardare e a prenderne parte? Bloody Mary era il femminismo estremizzato, tanto da distruggersi da sola. A primo acchito, Typhoid Mary era sempre relazionata agli uomini, gli interessavano. Ma in realtà, era più simile ad un gruppo di donne che parlavano tra di loro…ogni “modalità” di Typhoid presupponeva in ogni caso quegli aspetti della sua persona che erano soppressi. Ho provato a far sentire l’ossessiva, vigile e dolorosa presenza degli “altri” [..] Sono abbastanza sicura che una “vera” femminista potrebbe stroncare Typhoid, rimproverandomi per averla creata.»

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Un attacco diretto al problema, ma non una fuga ultra-femminista: un acuto approfondimento della situazione “femminile” nel fumetto supereroistico, con una preoccupante dose di schizofrenia. E’ come se il dramma di Typhoid, fosse anche il dramma di Nocenti, non interessata al fumetto d’azione, ma problematicamente costretta a scriverlo.

Ad accompagnare le danze della scrittrice, un giovane John Romita Jr., presenza stabile della lunga run, ad esclusione della saga finale di ricollocazione urbana dell’eroe, voluta da Ralph Macchio, in compagnia di Lee Weeks. Romita, già riconoscibile e rodatissimo grazie all’esperienza maturata su Iron Man, risente dell’influenza di Miller: la verticalizzazione delle tavole indubbiamente tradisce la fonte, anche se l’artista fa esplodere le asfittiche vignette in splash page dalla grandeur quasi kirbyana.

Unica nota dolente: in questa edizione le chine di Williamson sembrano “scariche”, soprattutto nella parte finale dove sono ospitati i tie-in della saga mutante Inferno e che la Nocenti utilizza come spunto per il lungo scontro tra Devil e Mephisto. Inoltre la storia “…E infine uscimmo a riveder le stelle” (DD #265), che avrebbe chiuso degnamente il volume, è stata omessa.

Un ottimo tassello – a cui spero si aggiungano al più presto altri – per avvicinarsi a un arco narrativo di fondamentale importanza per ogni appassionato del Diavolo Rosso.

Daredevil - 256 - Blindspots - 00 - FC

p.s. Per chi voglia approfondire la figura di Typhoid è opportuno recuperare le storie scritte dalla stessa Ann Nocenti e disegnate da Steve Lightle, che sono state serializzate su Marvel Comics Presents Vol.I e pubblicate dalla Marvel Italia su Wolverine #50-53/72-73 e Ghost Rider #6-7. Le origini del personaggio sono stare narrate su The Man Without Fear da Frank Miller, che ha però così  – a mio avviso – distorto l’idea di partenza.

Devil – Thypoid Mary
di Ann Nocenti, John Romita Jr. e Al Williamson
Panini Comics, 2014
224 pag., 18€

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