Sembra Filumena Marturano, ma non lo è. La storia è una via di mezzo tra la commedia di Eduardo De Filippo e un racconto post-apocalittico. Siamo a Napoli, l’ambientazione è (quasi) la stessa. Lui si è ritirato a vita privata e del mondo non ne vuole sapere più niente. All’improvviso, lei arriva a bussare alla sua porta e gli chiede aiuto. Hanno rapito tre ragazzi, gli dice, e uno è figlio tuo. Uguale e preciso a Filumena. E qual è?, chiede lui, ingenuamente, come Don Mimì. Non te lo dico, altrimenti tu non mi aiuti.
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Il pretesto è questo, ma non siamo a teatro. Siamo sulle pagine di un fumetto: Ringo, il primo numero della nuova stagione di Orfani. Che è, al di là di tutto, un chiaro omaggio alla città di Napoli. Il team guidato da Roberto Recchioni e Emiliano Mammucari è tornato a lavoro per confezionare un perfetto (per quanto forse prevedibile) sequel alla precedente stagione, la prima interamente a colori nella storia di Sergio Bonelli Editore.
Filumena Marturano a parte, si parla anche di miscela del caffè (che per chi non lo sapesse: è uno dei segreti per fare del buon caffè. Anche questo lo insegnava Eduardo De Filippo, in Questi Fantasmi). Sono passati anni da quando Ringo, battuti gli altri Orfani, è arrivato sulla Terra. Alla scoperta della verità è seguita la dittatura del “governo mondiale di crisi” guidato dalla professoressa Juric. Ci sono ancora dei ribelli, e quale città migliore in cui nascondersi se non Napoli? La riconosci subito nei disegni di Mammucari. Riconosci il porto, riconosci le Vele – ideale base per la rivoluzione – e riconosci il San Paolo che, come lo Stadio Collana durante la II Guerra Mondiale, è diventato una prigione. Niente più divertimento, è la dura legge del nuovo mondo.
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Ringo è il tipico anti-eroe: del mondo e delle persone non ne vuole sapere più niente – l’abbiamo già detto. Ha ucciso i suoi amici, per aiutarli. Ma non è servito a niente. Ora, all’improvviso, deve tornare a combattere – ancora vivo, come dice il titolo di questo primo numero – per salvare (SPOILERino) un figlio di cui non sapeva niente. I suoi avversari saranno i Corvi. La sua arma un arco.
Dopo la spirale crescente di colpi di scena degli ultimi numeri della prima stagione, con Ringo i toni rallentano. Ci si muove con più calma. Più spazio ai dialoghi e alle storie, pur sempre con un pretesto narrativo minimo (e non molto dissimile da quello della prima stagione). Se prima eravamo nello spazio, ora siamo sulla Terra. E non si combatte più vendicarsi, ma per sopravvivere e ‘cambiare le cose’.
Ringo n.1, insomma, non è il tentativo – come qualcuno potrebbe pensare – di rilanciare una serie (che è andata piuttosto bene, intendiamoci). È, invece, un modo per archiviare quanto fatto in precedenza e capitalizzare (anche dalle critiche, sembrerebbe). Raccogliere pareri e consensi e settare un trend, che per Bonelli Editore non dovrà rappresentare solo un’eccezione, ma una spinta verso nuovi progetti.
I disegni, le storie, i toni. Dalla prima stagione alla seconda, Recchioni e Mammucari hanno saputo scrollarsi di dosso parte della tradizione bonelliana e costruirsi un proprio stile – riconoscibilissimo. Ora sai subito che stai parlando di Orfani – Ringo ne è l’estensione in un contesto più realistico. Dalla Spagna all’Italia fino a Napoli: anche questo passaggio sa di storia. Le Fontanelle, le catacombe, le grotte: il mondo del sottosuolo partenopeo è l’ennesima ambientazione di questa storia. Che piace, per carità. Come già detto: è una partita vinta in partenza, con questi presupposti e queste promesse. Attendiamo i prossimi numeri per vedere nuovi cambiamenti. Ma per adesso la linea che unisce la prima alla seconda stagione regge.
L’esperimento Orfani – quello che in qualche modo è stato una scommessa per Sergio Bonelli Editore – è diventato realtà. Ora si chiama Ringo. Continuerà a racconterà un’Italia distopica ma credibile? Arriverà la conferma di una terza stagione? Si affiancheranno altre miniserie con la stessa formula? Staremo a vedere.