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FocusProfiliTatcher, Borges e Kathmandu: James Gunn e Grant Morrison a colloquio

Tatcher, Borges e Kathmandu: James Gunn e Grant Morrison a colloquio

James Gunn e Grant Morrison. Uno è il regista, fra gli altri, di Slither (2006), Super (2010) e del recentissimo ultimo film Marvel di successo, I Guardiani della Galassia. L’altro è uno dei più importanti scrittori di fumetti contemporanei, autore dagli anni Ottanta a oggi di pietre miliari quali The Invisibles, Batman: Arkham Asylum, All Star Superman e apprezzati cicli di storie su Animal Man, Doom Patrol e X-Men. I due si conoscono e si stimano, tanto che nel 2012 Gunn è stato uno degli ospiti della MorrisonCon, convention fumettistica organizzata dallo stesso sceneggiatore nel 2012 a Las Vegas.

La rivista Interview ha quindi pensato di metterli di nuovo a confronto, ospitando un’intervista condotta da Gunn all’autore scozzese, durante la quale si è parlato di svariati argomenti, dall’infanzia di Morrison fino al suo nuovo progetto in corso di pubblicazione per DC Comics, The Multiversity.

MorrisonGunn

È l’inizio della carriera di Morrison, avvenuto a soli 17 anni, a incuriosire inizialmente Gunn. «Cosa ti ha dato le palle per fare tutto ciò, a un’età in cui io non facevo altro che riempirmi di birra e farmi scarrozzare in giro in macchina in Missouri?», chiede scherzosamente il regista. Non altrettanto scherzosa è la risposta di Morrison, che ricorda la sua giovinezza:

«Crescevo nella Gran Bretagna tatcheriana ed ero disperato. Ero un ragazzino povero. Mio padre era stato in galera per aver manifestato le proprie convinzioni politiche. Alla fine volevo soltanto guadagnarmi da vivere. E avevo trovato una maniera per sfruttare il mio esiguo talento nel raccontare storie e guadagnarmi da vivere. Mi ritrovai coinvolto molto velocemente, a dire il vero. È come il punk rock. Avevo 17 anni e i fumetti mi stavano aspettando. Era un momento grandioso per fare quella roba. Il lavoro lo ottenevo da una sorta di magazine underground scozzese chiamato Near Myths, e poi facevo alcuni lavori su commissione per Starblazer, antologico della D.C. Thompson. Sono venuto fuori nello stesso periodo di Alan Moore, Peter Milligan e Bryan Talbot. E ognuno di noi era in qualche modo pronto, tutti questi ragazzi britannici erano cresciuti leggendo fumetti americani ed erano pronti per emergere, prendere in mano le cose e raccontare come si sentivano riguardo a tutto questo.»

Particolarmente interessante è il confronto sulla maniera di concepire la sceneggiatura che hanno i due. Gunn racconta di aver visto una delle sceneggiature di Morrison e di essere rimasto stupito del fatto che era già sviluppata in tavole. «Arrivo sempre alla sceneggiatura partendo dall’immagine, dalla pagina, dalla disposizione delle vignette, dalla costruzione di quella cosa,» risponde lo scrittore scozzese, che ribalta poi la domanda a Gunn, chiedendogli se quando scrive le sue sceneggiature parte dalle parole o dalla sua visione di quelle parole. «Quando scrivo una sceneggiatura – e penso che questo sia uno dei motivi per cui trovo così frustrante fare solamente lo sceneggiatore – non penso in termini di parole sulla pagina, penso in termini di immagini visive, in parole povere: un fumetto. Penso alla sceneggiatura come a una sequenza di scatti.»

Un estratto di una sceneggiatura di Morrison per Doom Patrol
Un estratto di una sceneggiatura di Morrison per Doom Patrol.

Il discorso si sposta poi sugli elementi metalinguistici e postmoderni all’interno dell’opera morrisoniana. Gunn cita come sue influenze gli scrittori Jorge Luis Borges, Thomas Pynchon e Donald Barthelme, chiedendo a Morrison se in qualche modo avessero influenzato anche il suo lavoro. «Sicuramente Borges,» conferma Grant. «Non ho letto per niente gli altri tizi, ma sono cresciuto con l’idea dell’autore che spunta come personaggio nella propria opera.»

Verso la fine dell’intervista, Gunn prova a chiedere lumi allo scrittore britannico riguardo al suo “risveglio mistico” avvenuto negli anni Ottanta durante un viaggio a Kathmandu. È un fatto della vita di Morrison piuttosto noto, citato spesso come punto di partenza per molte delle idee sviluppate nei suoi fumetti e raccontato ogni volta in una maniera diversa. Anche questa volta non fa differenza, il resoconto di quell’esperienza si arricchisce di nuovi dettagli e particolari:

«In pratica, è stato come un rapimento alieno o un viaggio sciamanico. Ero stato trasportato fuori dal mio corpo, sfilato via dalla superficie dell’universo a quattro dimensioni dello spazio-tempo e portato da qualche altra parte. […] Mi venne spiegato che ero in un più alto spazio matematico, dove il tempo e lo spazio convenzionali erano semplici direzioni, come “su” e “giù” nell’universo a quattro dimensioni. Da questa prospettiva vantaggiosa, potevo vedere dal Big Bang fino alla fine dell’universo, e tutto stava accadendo nello stesso istante. […] In seguito, realizzai che i fumetti sono un ottima maniera per visualizzare questa prospettiva. Se mettiamo in fila ogni fumetto di Superman dall’anno della sua creazione nel 1938, avremmo una specie di prospettiva aerea della sua intera esistenza. La vita di Superman si è sviluppata sulla superficie della seconda dimensione. Noi, nella terza dimensione, possiamo guardare in basso a ogni istante della sua vita, possiamo viaggiare avanti e indietro attraverso alla sua personale linea del tempo e mettere un’immagine del Superman del 1942 vicino a quella di un Superman del 2014.»

Per approfondire la biografia e le tematiche di Grant Morrison, solo accennate nell’intervista, è consigliabile la lettura di Supergods, saggio in forma narrativa sull’evoluzione del ruolo dei supereroi nella storia del fumetto.

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