Le avventure della fine dell’episodio, di Lewis Trondheim [Anteprima]

Quando nel 1995 il disegnatore Frank Le Gall chiede a Trondheim di proporgli una sceneggiatura nella vena di Imbroglio (pubblicato all’Association tre anni prima), il buon Lewis decide di riciclare il titolo e lo spunto già impiegati per due tavole pubblicate sulla rivista Psikopat nel 1991. Il risultato della collaborazione — che anticipa quella successiva, a ruoli invertiti, sull’episodio Vacances de printemps di Lapinot — è un divertissement citazionista che diluisce i 23 minuscoli riquadri della prima versione in 47 grossi riquadri perlopiù a mezza pagina.

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Rispetto alla versione del 1991, disegnata da un Trondheim ancora acerbo, si nota uno slittamento da un registro stilizzato e “infantile” a uno più evidentemente cinematografico: il disegno è semi-realistico, i personaggi non sono animali bensì esseri umani, le inquadrature non sono fisse bensì in movimento. In questo modo risaltano gli elementi parodistici: nell’abbigliamento “british” dei personaggi, nell’evidente somiglianza dei protagonisti con Sherlock Holmes e Watson, ma anche nella presenza ripetitiva del tuono per sottolineare ogni colpo di scena. Nel cinema questo effetto è tanto diffuso (e inflazionato) che ormai ha persino un nome tecnico: si tratta del “castle thunder”, impiegato per la prima volta nel 1931 da James Whale per Frankenstein, e definitivamente immortalato come topos comico da Mel Brooks in Frankenstein Junior nel 1974.

Ma di che cos’è precisamente la parodia questo fumetto? Non di un’opera o di un genere in particolare, quanto piuttosto di un certo universo inglese immaginario, popolato da personaggi insolitamente impassibili, ambientato in contesti eleganti tra l’Ottocento e il primo Novecento, e soprattutto caratterizzato da un sovraccarico di soluzioni narrative improbabili. È l’Inghilterra della storica serie belga Blake e Mortimer, ma soprattutto è l’Inghilterra del regista francese Alain Resnais, grande anglofilo e grande fumettofilo, raccontata in film come Smoking e No smoking (1993) e soprattutto in Providence (1977). In questo film, ispirato alla vita dello scrittore americano H. P. Lovecraft ma ambientato nella campagna inglese come si capisce dalle architetture e dagli accenti, è questione appunto di licantropia… Riguardo invece al gioco estenuante degli smascheramenti, spinto ben oltre la soglia del realismo, non si può non pensare al geniale film del 1976 Invito a cena con delitto, scritto dall’americano Neil Simon come parodia del genere giallo classico.

A forza di citazioni, si potrebbe accusare Trondheim di avere inventato ben poco, ma lo si perdona perché la ricetta funziona: e soprattutto funziona come fumetto, ovvero come “traduzione intersemiotica” (o “transécriture” come direbbe Thierry Groensteen) di clichés di genere dal medium-cinema al medium-fumetto. In questo senso, una parte importante dell’opera trondheimiana — quella cioè non caratterizzata dall’autobiografismo — può essere assimilata al “postmoderno” inteso come stadio ironico-citazionista dell’arte.

Il fumetto – 24 pagine al prezzo di 3€ – è pubblicato da ProGlo Edizioni. Di seguito, 3 pagine in anteprima.

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*Questo articolo appare come introduzione al volume Le avventure alla fine dell’episodio, di Lewis Trondheim e Frank Le Gall, pubblicato da Proglo Edizioni.