Orfani: Ringo, n. 2. “Non è un paese per buoni (o cattivi)” [Recensione]

La grande sfida dell’immaginario contemporaneo – ormai da tempo – sta nel raccontare il mondo così com’è, senza avvalersi di personaggi troppo buoni o, all’opposto, eccessivamente cattivi. Perché il mondo è ‘grigio’, e le persone che lo abitano non si dividono in categorie cristalline, ma in sottoinsiemi che costantemente, quasi senza rendersene conto, si uniscono, intersecano, toccano. Un uomo buono può essere anche cattivo. Una madre paziente può essere, di contro, anche asfissiante. E un eroe può essere allo stesso tempo anche un anti-eroe, come Ringo, il protagonista assoluto della seconda stagione di Orfani, che dopo il primo episodio, quello che abbiamo definito Filomena Marturano in salsa post-apocalittica, ritorna in Nulla per nulla e si rivela, grazie soprattutto alla scrittura di Mauro Uzzeo, per ciò che è: un eroe, sì, un (ex)leader; ma un uomo che ha sostanzialmente abbandonato la sua strada – che non è più il Pistolero, e che sicuramente non è l’araldo della rivoluzione. È stato la miccia, solo questo. Ora il suo tempo è passato, finito. Rimettersi in carreggiata – ritrovare un buon motivo per cui combattere – è la sua sfida. L’obiettivo non è statico, in attesa; è anzi dinamico – è il viaggio stesso che Ringo compie.

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C’è una psicologia sottile, interessante, in questo nuovo profilo del personaggio creato da Recchioni e Mammucari. A voler seguire i toni di metafora dei tempi (post)moderni della serie, la sua identità non è che una critica a un sistema politico che insiste, nonostante abbia fatto il suo decorso, ad autorigenerarsi per rimanere identico a sé stesso. Oppure, Ringo può essere visto come una rappresentazione di un mondo che vive più di eredità che di effettivi rinnovamenti. Ringo, nello specifico, è un superuomo, certo, ma pur sempre umano: con più bassi che alti, con le sue insicurezze, le sue paure – la sua noia. È padre, ma questo, ora che è morta la sua ex-compagna, non gli interessa più. Quello che doveva fare, l’ha fatto. La rivoluzione è iniziata. Come una madre che mette al mondo un figlio e di cui, poi, non si occupa più, ha dimenticato il suo compito.

L’altra faccia di Nulla per nulla è Abe, il capo del forte, quello che – contrariamente a Ringo – è rimasto, per la sua gente e per il suo mondo, e che non ha esitato, nemmeno per un momento, a “infilare le mani nel fango” per fare ciò che credeva essere necessario. Per il bene superiore. Orfani, insomma, prende tempo. Rallenta. I toni si fanno più ponderati; le pause che Uzzeo si concede calzano a pennello con la trama. L’azione si alterna alla stasi. Finalmente, viene da dire.

Ringo 2 orfani bonelli recchioni

Da Napoli, che pure rimane sullo sfondo, ci stiamo spostando lentamente più a nord, verso Roma. (La copertina del terzo episodio, pubblicata sulla pagina Facebook di Orfani, lascia presagire che i nostri eroi arriveranno nella capitale molto presto.) Lasciamo il centro urbano per la periferia. Lasciamo le torri del centro direzionale per le rovine. E da qui proviamo a ripartire.

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Con questo secondo episodio, Orfani: Ringo si assesta come fumetto – pure nella sua connotazione di fiction – più realistico. Con una certa tendenza a presentare una morale, terribile e onnipresente. “Giusto o sbagliato non esistono. Conta solo una cosa: quello che ti fa sopravvivere”. Anche i disegni (di Luca Maresca), in qualche modo, sembrano godere del cambio di timone nella narrazione: primi piani quasi fotografici, ambientazioni avvolgenti; ambienti luminosi o oscuri, a seconda dei balloon che li introducono.