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Angela Vianello, il nuovo volto del ‘manga italiano’ [Intervista]

La diffusione del manga in Italia, tra gli anni ’80 e ’90, ha cresciuto una generazione di appassionati e, ovviamente, future leve del mondo del fumetto e dell’illustrazione. Una di queste è Angela Vianello, la talentuosa autrice di Aeon, una serie fantasy e fantascientifica che attinge a piene mani dal linguaggio e dalla narrazione dei manga, ma è ambientata a Roma.

Quel che stupisce nel lavoro della Vianello è la notevole padronanza del mezzo già alla prima opera ‘importante’. Una maturità che comprende sì l’eleganza e precisione del tratto (di dichiarata ispirazione katsuriana, con visibili ascendenze che risalgono fino a Otomo), ma anche la composizione delle tavole, ricche e dinamiche, aiutate da una colorazione che predilige trasparenze e toni fluo. Non potevamo aspettarci niente di meno, da una ragazza che, giovanissima e sconosciuta, ha realizzato un “anime fatto in casa” della qualità di White, una breve serie postata solo due anni fa sul suo canale YouTube, e presto notata nel giro degli youtuber e dei mangafan. Un lavoro che ha contribuito a rafforzarne il percorso nella linea del fusion manga o post-manga, all’interno del quale per la verità le ossa sembra esserle ormai ampiamente fatte, collaborando da qualche anno con autori del calibro di Alessandro Barbucci e Barbara Canepa.

In occasione dell’uscita di Aeon 2 (Shockdom), abbiamo parlato con Angela del suo lavoro, delle sue passioni e dei suoi modelli. E un po’ anche della sua fila di fans a Lucca Comics 2014.

Leggi un estratto da Aeon 2

aeon2c

Inizio subito mettendoti a tuo agio, dicendoti che mi sei stata presentata come “la miglior disegnatrice italiana in stile manga del momento”. Quanto senti la pressione, da 1 a 10?

Oddio, ringrazio chi la pensi così, è un immenso onore! In quanto al lavoro, sai, l’unica pressione che sento è quella delle consegne, il resto è “gioco” per me. Non mi sento appesantita da aspettative, se non le mie, che sono alte.

A Lucca sono passata allo stand della tua casa editrice (Shockdom), e a lato del padiglione la strada era praticamente intasata dai fans di Sio e tuoi, in attesa di dediche. Questo ti dà più tensione o più gioia?

Ovviamente una gioia infinita! C’è anche un video, che mostra il mio viaggio a Lucca. Vedere così tanti fan, alcuni addirittura in lacrime, mi ha dato segno di quanto il mio lavoro sia apprezzato. Mi dispiace solo non aver potuto firmare le copie di tutti…

https://www.youtube.com/watch?v=GyquQrEJyyg

Com’è avvenuto il tuo incontro con Shockdom?

Da ribaltarsi! Nel 2011 avevo finito di disegnare Aeon 1, quindi contattai personalmente Shockdom, che già pubblicava un mio caro amico fumettista compaesano, Eriadan. Volevo fare parte della sua squadra. Però Lucio Staiano (l’editore), all’epoca mi disse che non erano ancora pronti per le edizioni cartacee, e quindi nisba. Alla fine, lasciai perdere il progetto. A gennaio di quest’anno, però, fu Lucio stesso a contattarmi dopo avermi notata su Facebook…il tutto senza ricordarsi che gli avevo scritto anni prima! Come nella trama di un film d’amore: “Dopo anni si ritrovarono, ma non se ne ricordavano…” (qui immagina una musica triste e melodiosa).

Addirittura? 

Quel che mi piace di Shockdom, è che lascia piena libertà a noi autori. Spesso, in editoria, questo non succede. Sapere che le mie idee vengono in qualche modo modificate mi fa sentire imprigionata, e mi toglie la voglia di lavorare a un progetto. Con Shockdom per fortuna succede l’opposto! Mi sono stupita del fatto che la trama di Aeon non abbia subito modifiche, visto che contiene anche concetti piuttosto forti; e mi sento perciò libera di esprimermi come voglio. Lucio e io ridiamo e scherziamo, ma sappiamo dividere l’amicizia dal lavoro. Per un autore è la cosa migliore, perché non si sente subordinato; al contrario, ha più iniziativa, ma si sente parte di qualcosa. Posso azzardarmi a dire che il momento più bello e intimo, alla fine di Lucca Comics, è stato impacchettare scatoloni coi nostri volumi sui pallet, io, tutti gli autori e lo staff. Nessuno ce lo aveva chiesto: l’abbiamo fatto spontaneamente, ed è stato bellissimo.

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E l’incontro con Barbara Canepa, invece?

Storia lunga, ma sarò breve! A 19 anni partecipai ad un workshop di Alessandro Barbucci (allo scopo malvagio di farmi notare, ovviamente!), e siccome gli piacqui conobbi via mail anche Barbara, che mi ha subito presa in simpatia. Già allora lei mi chiese se volevo collaborare per alcune cosette, ma il mio cervello storto decise ugualmente di abbandonare la carriera fumettistica per ben quattro anni. Così, perché sono scema! No, ci sono anche delle ragioni un po’ più sofferte, ma non parliamone. Comunque alla fine fui io a ricontattarla, proprio per cercare lavoro, e abbiamo subito iniziato a collaborare.

Solitamente i fumettisti alle prime armi – specie se sono artisti molto promettenti, come nel tuo caso – tendono a puntare molto sul disegno, trascurando la sceneggiatura. Lo storytelling di Aeon, invece, è già misurato ed efficace. Com’è nata la storia, e come ci lavori?

Sono felice di sapere che la sceneggiatura sia ben riuscita! Naturalmente avevo molta paura perché, da autodidatta, non conosco regole e punti da rispettare. Aeon nasce parlando con un mio caro amico, Gianpaolo, che mi ha dato la maggior parte degli spunti per la trama. È stato lui a riportarmi nel mondo del fumetto. Pensai subito a fare tutto di testa mia: stile molto manga, ma con personaggi italiani. In quegli anni era una novità.
Per quanto riguarda la lavorazione: prima penso alla storia in generale, e in quante pagine può stare. Lavorando da sola, ho il vantaggio di non dover fare né storyboard, né schizzi preparatori, a volte nemmeno le schede dei personaggi. Parto direttamente coi definitivi, una pagina alla volta.

aeon

Qual è la fase del lavoro che preferisci?

Tirare le righe delle vignette! Scherzo. Mi piace tutto: dagli schizzi della pagina, alla colorazione, al lettering. Proprio tutto, non c’è nulla che non mi piaccia fare. La cosa più difficile, però, è trovare le idee per la tavola successiva.

Fammi ricapitolare: sei sempre stata appassionata di disegno, poi a un certo punto hai smesso per quattro anni, e poi così, tanto per ricominciare con calma, ti sei prodotta, scritta, disegnata e addirittura doppiata un anime. Sei masochista o solo spericolata?

È che mi piacciono molti aspetti dell’arte! Che si tratti di comporre un brano musicale, o cucinare, addirittura pulire la macchina, mi piace cercare di fare tutto al meglio! Un po’ è perché amo vedere ciò che ho creato, e un po’ è perché cerco un modo per accrescere me stessa, per stare bene. Ho “sviluppato” il disegno, sì, ma con altre possibilità avrei potuto dedicarmi al cinema, alla danza… Mi adatto a tutto, mi piace fare tutto. Purtroppo, invece, dedico poco tempo alle esperienze “umane”, che sarebbero utili alle mie storie. A volte, per raccontare qualcosa in modo realistico, devo rifarmi ai film o a Facebook.

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Qual è il processo attraverso cui crei White, e qual è il suo legame con Aeon?

Aeon nasce nel 2010, ma non avendo molte possibilità di proporlo agli editori decisi di pubblicizzarmi su YouTube, che non aveva costi e mi avrebbe dato “i numeri” per presentarmi in futuro. White è nato nel 2012, un po’ a caso. Ho usato i personaggi di Aeon perché mi ci ero affezionata, ovviamente. È andata meglio di quanto sperassi, la gente continuava a chiedermi nuove puntate, e così proseguii. Ce ne saranno delle altre, in futuro, ma meglio non dire niente: non vorrei che qualcuno si aspettasse troppo.

Cosa ci puoi raccontare invece sul tuo prossimo lavoro, Blue? So che verrà pubblicato l’anno prossimo (sempre per Shockdom), e che sarà molto diverso da Aeon

Sì, Blue sarà più cupo e sofferto, ma anche grintoso. Parla di una ragazza che, in età dello sviluppo, invece di crescere come tutte le coetanee inizia a “regredire” ad uno stato primordiale, in forma di pesce. Vorrei parlare della mia percezione del bene e del male, che per quanto mi riguarda sono più che altro due punti di vista.

Cosa trovi nel manga, sia dal punto di vista narrativo che tecnico, che non trovi negli altri fumetti? E al contrario, cosa gli manca?

Nel manga trovo un’attenzione al dettaglio e alle piccole cose che solitamente noi occidentali consideriamo poco importanti. Amo anche i vuoti, che nei nostri fumetti tendiamo invece a riempire, come se fossero degli errori. Quel che odio, invece, è il fatto che siano pieni di etichette, di comportamenti prestabiliti, sorrisi di facciata. A volte faticavo a continuare a leggere una storia, per questi motivi.

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Quali autori consideri i tuoi maestri, e cos’hai preso da ognuno?

Tra gli occidentali Claire Wendling, Massimiliano Frezzato e Moebius, che mi hanno ispirata per la loro tridimensionalità. Tra gli orientali, invece, Masamune Shirow, Katsuhiro Otomo, Masakazu Katsura, Hayao Miyazaki e Katsuya Terada, che mi hanno insegnato tutto sulla sensualità del tratto, sull’utilizzo dei neri netti e sulla narrativa di una storia. Per la colorazione, direi Benjamin Zhang Bin e Canepa.

In Italia, attualmente, ci sono moltissimi disegnatori in stile manga, alcuni dei quali molto promettenti, ma forse troppo legati a una forma d’imitazione del prodotto originale. Qual è il tuo consiglio per svicolarsi da questa imitazione? Qual è il futuro del “manga italiano”, o meglio: come fare, perché il manga italiano abbia un futuro?

Non mi sento di poter dare consigli, posso solo raccontare quel che ho fatto io. Il concetto di base è di non copiare solo la facciata di un manga, perché il manga non è solamente ragazze carine col mento appoggiato sui pugni, mancanza di sfondi e paesaggi piatti. Si può imparare a fare manga anche osservando antichi dipinti cinesi o giapponesi, le regole sono quasi le stesse.

Il manga italiano è un argomento delicato. Molti ragazzi si avvicinano al manga per la semplicità delle fisionomie, così iniziano a lavorare a una storia senza però avere basi di disegno valide. Il livello dovrebbe alzarsi ancora un pochetto. Per migliorare bisogna prendere spunto dalla realtà, ma – diciamo – con occhi da orientale.

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