Ah, le belle storie di Topolino degli anni Trenta, quelle che tutti ricordano. La Banda dei piombatori, con il serafico Giuseppe Tubi, Il mistero dell’Uomo Nuvola, con il dottor Enigm… E Topolino fra i corsari, in cui il nostro eroe deve andare a salvare Topolina dal pirata Piè di legno per poterla poi sposare…
Un momento, da dove sbucano questi nomi? Eppure siamo effettivamente negli anni Trenta, più precisamente nel 1933. Solo che non siamo in una storia di Floyd Gottfredson e nemmeno tra le pagine di un giornale di Topolino.
Parliamo infatti di radio, e concentriamo la nostra attenzione sulla Radiofantasia intitolata Le avventure di Topolino, trasmessa dal maggio 1933 all’agosto 1934. Il giornale di Topolino pubblicato da Nerbini era quindi già una realtà, anche se solo dal dicembre dell’anno precedente – ne abbiamo parlato qui – mentre il Topo cinematografico stava riscuotendo eccezionale successo anche nello Stivale.

Il programma venne scritto da Angelo Nizza e Riccardo Morbelli, al loro debutto radiofonico. Sempre accompagnati dai “commenti musicali” di Egidio Storaci firmeranno l’anno dopo I quattro moschettieri, ovvero il capolavoro di Alexandre Dumas padre riscritto in chiave di parodia musicale, che, sempre sulle frequenze dell’allora EIAR, riscuoterà uno straordinario successo.
Il merito è da iscriversi anche a un concorso a premi abbinato alla trasmissione, che consisteva nel completare un album di figurine allegate ai prodotti Perugina e Buitoni, sponsor del programma radiofonico, disegnate da Angelo Bioletto, futuro artista Disney. Con un album completo si poteva avere un volume illustrato dedicato al programma, mentre con la bellezza di 150 album si vinceva una Fiat 500, altrimenti detta… Topolino. Ma torniamo al Topolino radiofonico.

Abituati come siamo a un universo narrativo estremamente codificato, questi esemplari di archeologia radiofonica hanno un effetto quasi straniante: sentire Topolino (con la voce di una bambina) impartire ordini al suo schiavo per tentare di liberare la sua Topolina ci riporta d un’epoca in cui l’universo Disney era ancora tutto da inventare, dove il mondo di Topolino e (pochi) compagni era ancora soprattutto cinematografico.
Gli shorts animati di Mickey Mouse arrivarono in Italia già nel 1930, proprio nello stesso anno in cui iniziarono le strisce a fumetti negli Stati Uniti. Il Topolino delle strip arriverà in Italia solo nel 1933, attribuendo finalmente un nome a dei personaggi che sul grande schermo erano solo anonimi coprotagonisti.

Parlavamo all’inizio del perfido pirata Piè di legno: l’assonanza con l’assai più noto Pietro Gambadilegno è evidente, ma all’epoca della trasmissione radiofonica il villain non era ancora comparso sulle pagine dei fumetti nel nostro Paese. Chissà quindi che Nizza e Morbelli non abbiano pensato di inventarsi di sana pianta un nome per il gattone zoppo che compariva nei cartoni di Topolino a partire da The Cactus Kid (1930).
Ma di che parlano Le avventure di Topolino? Nella loro Radiofantasia, i due autori preferiscono sviluppare un mondo tutto loro: tutto ha inizio nel bel palazzo dove Topolino, diventato ricchissimo grazie alla sua carriera di attore, è andato a vivere. “Porta il brillante al dito” recita l’introduzione del primo episodio, e ha uno schiavo di nome Martedì. Da qui prende il via una serie di avventure: Topolino libera Topolina, si reca in un castello infestato da un fantasma, tenta di recuperare una collana in barba a ferocissimi cannibali… Gli episodi riescono ancora oggi a non annoiare, strappando pure qualche sorriso.

Forse il merito è delle canzoni, a volte cover di pezzi all’epoca famosissimi, come Gastone di Ettore Petrolini, qui diventato Mammone, “gatto d’eccezione”. O forse per quella patina vintage e per il totale sprezzo per la politically correctness della Disney dei giorni nostri. Va detto che anche dall’altra parte dell’oceano il mondo di Mickey e compagni è ancora in via di creazione e alcuni elementi che oggi daremmo per assodati allora non lo erano affatto.
Volete un paio di esempi? In un vecchissimo cortometraggio di Mickey Mouse, il sesto prodotto, intitolato When the Cat’s Away, (1929) abbiamo la palese dimostrazione che ai suoi esordi il Topo era considerato alto quanto un comune roditore, anche se antropomorfo, accompagnato da una tribù di altri scalmanati topini, praticamente identici ma dal naso all’ingiù. E il gatto del titolo è un comune gatto domestico, non un criminale incallito come Gambadilegno. Curiosi? Potete vederlo cliccando qui.

L’altro esempio non è cinematografico, ma librario. Stiamo parlando nientemeno che del primo volume intitolato a un personaggio Disney, Mickey Mouse Book, pubblicato nel 1930. Si tratta di un prodotto autorizzato, per il quale l’editore aveva regolarmente pagato Disney per l’utilizzo del suo topo. Adesso ogni immagine e ogni riga di testo sarebbero probabilmente sottoposti a scrupolosi controlli. Ma all’epoca le cose sono diverse: leggenda vuole che i testi del libro siano opera dell’allora undicenne figlioletta dell’editore, che si inventò una biografia tutta sua per Mickey. Secondo la piccola Bobette, il nostro eroe si chiamava in origine Topo numero tredici, e venne scacciato dal Regno dei Topi per aver osato tirare la barba al re. Giunto a Hollywood, conobbe un giovane animatore di nome Walt Disney, che lo ribattezzò perché (tenetevi forte) il topino era goloso di green cheese, e tutti sanno che il colore dell’Irlanda è il verde, e allora perché non chiamarlo con il nome irlandese di Mickey? Non siamo poi così distanti dal Re Topone e dal Topo Rosicante di Nizza e Morbelli, in fondo…

Se vi siete incuriositi e volete prestare orecchio alle Radiofantasie di Topolino, potete trovare le prime sette avventure, ottimamente restaurate, cliccando qui. Buon ascolto!