Nello studio di Michele Petrucci

Questa settimana, per la rubrica #tavolidadisegno, siamo entrati nello studio di Michele Petrucci, autore di fumetti come Il brigante Grossi e la sua miserabile banda (Tunué), Metauro (Tunué)Factory (Fernandel).

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A cosa stai lavorando attualmente?

Sto ultimando un romanzo a fumetti dal titolo I pesci non hanno sentimenti, in uscita a inizio 2015 per Coconino Press/Fandango. Si tratta di una storia che parla di amicizia, amore e ricerca della felicità. Una storia particolarmente difficile da raccontare per me, una vera e propria sfida iniziata nel 2009. Ci troverete le ossessioni di Cesare Lombroso, le teorie primitiviste che auspicano un ritorno a un mondo pre-agricolo pacificato e l’amore per le liste e per la cucina. Allo stesso tempo sto lavorando a un libro dove la montagna e la natura più estrema saranno protagoniste.

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Quali sono gli strumenti e le tecniche che prediligi per disegnare?

Da sempre, pennello e Ecoline. Da un po’ di tempo, a partire dai 365 disegni fatti l’anno scorso fino ai recenti racconti realizzati per il Corriere della Sera, sto ripensando al mio modo di lavorare e cercando di “resettarlo”, ripartendo dalle forme e dal colore senza contare sul segno. Si tratta del primo passo di un percorso personale e artistico.

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Hai qualche rituale, qualche abitudine prima di metterti a disegnare?

Non disegno mai di notte, quando la concentrazione è troppo bassa. Di solito cerco di ricavare del tempo la mattina quando in casa c’è più tranquillità e disegno chiacchierando con mia moglie (che lavora come letterista in studio con me) oppure ascoltando qualche trasmissione tv sul computer. La scrittura invece richiede isolamento totale quindi la esercito la sera con la musica in cuffia. All’inizio evitavo di ascoltare musica. Si creava nella mia testa una specie di colonna sonora del racconto a cui lavoravo e poi mi rendevo conto che alcune cose non arrivavano ai lettori. Con il tempo però ho imparato a controllare questo aspetto e cerco di prendere quello che la musica offre, soprattutto a livello di suggestioni.

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Quali sono gli autori di riferimento? Ci sono libri che devono essere a portata di mano quando disegni?

Cambiano spesso. Quindici anni fa (e per molto tempo) Mattotti, Munoz e Chester Brown, poi le bicromie di Igort e Seth. Ora seguo attentamente i colori di Gipi, Alessandro Sanna e Fior. Mi piace anche la spontaneità del disegno di Bastien Vives. In questo momento sul mio tavolo ho anche Picasso, Grosz e molti libri fotografici sulle montagne, sui poli e su Berlino.

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Puoi parlarci di una dedica, un oggetto o un regalo a cui sei particolarmente legato?

L’unico disegno che ho appeso in casa è una cover de l’Internazionale di Mattotti, ricevuto in regalo da amici per il mio matrimonio. In quell’occasione ho avuto il piacere di chiacchierare con Lorenzo nel suo bell’atelier a Parigi. Una pietra di ossidiana. Un regalo di Matteo Casali di ritorno dall’Africa. Nel 2001 ho disegnato un suo racconto (dal titolo, appunto, di Ossidiana) per il primissimo libro di Coconino Press, il numero 1 della rivista Black.

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Un Batman che Jim Lee mi ha regalato una decina di anni fa, quando viveva in Italia. Nel disegno Jim ha riprodotto la copertina di un mio fumetto, Numeri.

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