Milo Manara: il mio Caravaggio ha il volto di Andrea Pazienza [Intervista]

Non si poteva immaginare cornice migliore per celebrare la grandezza di Caravaggio che la Biblioteca Angelica a Roma, situata accanto alla chiesa di S.Agostino, dove si può contemplare la meravigliosa Madonna dei Pellegrini, a pochi passi da S.Luigi dei Francesi, che ospita ben tre capolavori del genio lombardo (La Vocazione di S.Matteo, S.Matteo e l’Angelo, Il martirio di S.Matteo).

In quel luogo dal fascino straordinario (da molti accostato all’immaginario di Harry Potter per l’atmosfera magica che vi si respira), è stata presentata la nuova opera di Milo Manara, Caravaggio – La tavolozza e la spada, pubblicata da Panini Comics Italia. La publishing manager Sara Mattioli ha dichiarato che l’autore è già al lavoro sul secondo volume dell’opera, dove saranno narrati gli eventi successivi alla fuga del pittore da Roma in seguito al commesso omicidio di Ranuccio Tommasoni.

caravaggio manara

Il presente volume narra invece le vicende, tragiche e picaresche, della permanenza romana di Caravaggio, dilaniata tra la bellezza dell’arte e la crudeltà della vita quotidiana. Lo storico dell’arte Claudio Strinati, esperto di Caravaggio che ha redatto l’introduzione al libro, ha elogiato l’opera, definendola «ineccepibile dal punto di vista scientifico», aggiungendo: «la storia del Caravaggio è raccontata da Milo Manara con grande rispetto e creatività. Non è esattamente una storia romanzata, poiché l’intreccio narrativo è plausibile. Il suo Caravaggio, pur riflettendo perfettamente quello storico, è, per l’appunto, suo, uno delle sue più belle invenzioni».

Quando lo storico ha appellato Manara come maestro, il fumettista si è smarcato citando una battuta di Alberto Arbasino: «Lui sostiene che la carriera di un autore avrebbe tre fasi: giovane promessa, solito stronzo, venerabile maestro. Sono contento di aver superato la seconda fase!».

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Manara ha continuato: «Il fatto che un vero storico dell’arte si sia occupato della mia divulgazione a fumetti mi ha molto colpito. Non mi aspettavo soprattutto un commento così attento, puntuale e preciso. Diciamo che quando ho letto l’introduzione sono rimasto colpito già dal fatto che lo avesse effettivamente letto! Uno degli aspetti che lui enfatizza nella sua introduzione è la resa della Roma del Seicento. Il motivo è che, mentre per i romani probabilmente non è così, l’impatto per chi viene da fuori con l’architettura di Roma Antica è impressionante e meraviglioso. Mi sono dunque immaginato l’effetto che possano aver fatto  le vestigia di Roma Antica sul giovane Caravaggio, arrivato a Roma attorno ai vent’anni».

L’autore ha poi confessato la sua venerazione per Caravaggio ed anche il suo timore che l’opera risulti deludente dopo aver destato alte aspettative. La profonda passione nei confronti del pittore ha portato Manara a non utilizzare riproduzioni fotografiche: «Ho disegnato a mano tutti i quadri di Michelangelo Merisi: per avvicinarmi al genio dovevo ripetere i suoi gesti. Tutto ciò che ci circonda è stato disegnato prima, in fase di progettazione. Disegnando si ripercorre all’indietro il processo di creazione della realtà, si conosce ciò che ci circonda. L’essenza si coglie solo disegnando. Per conoscere qualcuno o qualcosa devi disegnarlo a mano». Ha chiosato, poi, giocosamente: «Forse è per questo che disegno spesso donne!».

Al termine del suo intervento, l’autore ha risposto con molto garbo ad alcune domande dei giornalisti presenti, di cui riportiamo il botta e risposta.

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Esiste per lei Caravaggio oggi? E se esistesse, cosa farebbe?

Oggi Caravaggio se fosse tra noi  non farebbe il pittore: probabilmente farebbe cinema, perché lui è  sostanzialmente un narratore. Se dovessi indicare un nuovo Caravaggio, non lo indicherei nella pittura ma proprio nei fumetti. Basta vedere le prime tavole del libro: da giovane l’ho ritratto con il volto di Andrea Pazienza. Non solo per il suo straordinario talento, ma perché come Caravaggio era un uomo d’azione, che ha vissuto una vita dinamica, avventurosa, dall’esito tragico. Per entrambi vale l’antica analogia della candela che brucia come accesa in tutte e due le estremità: fa più luce anche se dura meno”.

Nella sua versione Caravaggio frequenta molte donne, ma non c’è traccia della sua supposta omosessualità. Come mai?

Per quel che riguarda la sessualità e la dimensione erotica in Caravaggio io ho interpellato vari studiosi e storici di Caravaggio. La maggior parte è d’accordo nel dire che non ci sono prove sull’omosessualità di Caravaggio. Questo luogo comune deriva dall’accusa di omosessualità di Giovanni Baglione, suo grande rivale in pittura, a cui dobbiamo quasi tutte le testimonianze sulla vita del Nostro. Il paradosso è che da acerrimo nemico  dopo la morte di Caravaggio diventerà un caravaggesco. Caravaggio scrisse una poesia ironica contro Baglione (che iniziava: “O Giovanni Coglione…”, tanto per intenderci) e Baglione lo denunciò in tribunale accusandolo di omosessualità.

Un accusa nata solo dalla vendetta, e il fatto non ebbe conseguenze legali all’epoca, se la sodomia fosse stata accertata, sarebbe sicuramente stata punita. Io posso solo dire che l’argomento per me è poco importante. C’è un altro elemento che ha fatto pensare all’omosessualità di Caravaggio ed è la forte presenza di giovani nudi maschili nelle sue opere. La motivazione però è un’altra: in quell’epoca troviamo nudi femminili , in abbondanza, a Venezia, anche a Firenze. Non a Roma, per ovvi motivi, cioé la presenza del Vaticano e la committenza religiosa. A Roma era molto difficile dipingere nudi femminili, e poco consigliabile, erano realizzati solo per privati che li nascondevano nelle loro biblioteche e pinacoteche. bisogna aspettare Guido Reni per vedere nudi femminili a Roma o Artemisia Gentileschi che faceva nudi di se stessa. Comunque, non conferisco molta importanza all’argomento.

Lei rappresenta la donna in una maniera, comunque, mai volgare. Cosa pensa della volgarità contemporanea, ad esempio in tv?

La volgarità oggi non dipende dai centimetri di epidermide esposta, ma principalmente proviene dalla politica. La volgarità è essenzialmente un fatto culturale, mentale. Volgare è Il linguaggio dei politici di oggi, che si mandano a quel paese senza ritegno: e non parlo sono di Beppe Grillo…Sarà per questo che non vogliono essere intercettati! Ed è anche questo l’interesse nell’ascoltare queste intercettazioni, nello scoprire il linguaggio triviale di chi ci governa, Ci induce, credo molti abbiano pensato la stessa cosa, a rimpiangere personaggi non certo innocenti come Andreotti, che però mantenevano una dignità istituzionale.

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Nell’illustrazione a corredo dell’edizione Artist del libro, lei rappresenta S.Filippo Neri mentre gioca con dei bimbi, quando all’improvviso appare sul muro l’ombra di un enorme angelo.  Si dice che Fillipo Neri abbia detto una volta a Caravaggio: «Io vedo in te due lupi che lottano l’uno contro l’altro». «Quale dei due riuscirà a vincere?», avrebbe chiesto Caravaggio, e il santo: «Quello che tu avrai nutrito di più». Secondo lei, quale dei due Caravaggio ha nutrito di più?

Innanzitutto, vorrei dire che non tutti gli storici concordano nel credere che i due si siano effettivamente incontrati, poiché i primi documenti ufficiali attestano la presenza di Caravaggio a Roma nel 1597, mentre Filippo Neri muore nel 1595.

Però, secondo me, il fatto che i documenti ufficiali siano del ’97 non esclude minimanente che egli possa essere arrivato a Roma anche prima. Baglione, che è la fonte principale per conoscere la vita dell’autore. sostiene che Caravaggio arriva a Roma nel ’91, quidni avrebbe avuto tutto il tempo di conoscere il Filippo Neri. Io credo fermamente che si siano incontrati, che Caravaggio cercasse una figura del genere, il pauperismo di Filippo Neri non poteva non attrarlo. L’illustrazione nasce da un episodio reale che ho tramutato in fantasia: Filippo Neri girava con i suoi ragazzi per Roma, un po’ come fanno gli Hare Krishna, cantando con i tamburelli, ripetendo: «Tutto è vanità».

Ora, l’amico e collega Orazio Gentileschi aveva prestato a Caravaggio un paio di grandi ali, quelle poi ritratte nel Riposo dalla fuga in Egitto. Mi sono immaginato la scena di Caravaggio che cammina per i vicoli di Roma per riportarle all’amico, proiettando questa ombra, che come Caravaggio stesso e la sua arte può essere intesa sia come la manifestazione di un angelo ch quella di un demone. Filippo Neri sicuramente, nella sua grande innocenza, l’avrà presa per un angelo.

Per tornare alla domanda, Caravaggio è tutto luce e tenebre. C’è l’artista luminoso e il frequentatore di bordelli.  Non è facile stabilire quale delle due dimensioni abbia prevalso. Sicuramente, alla fine è prevalso il lupo cattivo. Pensiamo alla Decapitazione del Battista, nel gesto crudele del boia che taglia la testa del santo come se stesse scuoiando un capretto.