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Piera degli Spiriti di Toffolo rivive coi colori di Alessandro Baronciani [Intervista]

Piera degi spiriti di Davide Toffolo e Giovanni Mattioli è stato un capitolo fondamentale del fumetto italiano degli anni Novanta (e non solo). Pubblicato originariamente da Kappa Edizioni, in questi giorni è stato rieditato in un’edizione rivista e ricolorata, grazie a Panini Comics (già responsabile dell’attuale ristampa di Cinque allegri ragazzi morti, di cui vi abbiamo parlato recentemente in una intervista con Davide Toffolo). L’editore presenterà il volume in anteprima a Napoli Comicon.

Noi abbiamo incontrato Alessandro Baronciani – autore di vari libri a fumetti, tra cui Le ragazze dello studio di Munari e Raccolta e già colorista per Toffolo su Graphic novel is dead – con lui abbiamo parlato dell’esperienza di lavorare su Piera degli spiriti, entrando anche a sbirciare nel suo studio, come vedrete dalle foto.

Piera Degli Spiriti baronciani toffolo
Tu cosa ricordi (fumettisticamente parlando) del momento in cui è uscita Piera degli spiriti?

Mi ricordo il primo numero di Dinamite e Piera degli Spiriti e dello stile di Davide Toffolo. Era quello che mi piaceva di più. L’ho sempre riconosciuto dopo. Spiccava fuori tra tutti gli altri disegnatori. Stava cambiando qualcosa in edicola. Le riviste di fumetti d’autore non mi interessavano più. Costavano troppo e le storie erano a puntate. Se un mese non avevi i soldi per comprare un numero era fatta, non ti ricordavi più niente. Il problema dei fumetti a puntate era una vera rottura di scatole. Ora che ci penso forse è stato anche uno dei motivi di successo di Dylan Dog: la sicurezza di sapere che la storia che stavi leggendo si auto concludeva in quel numero.

Ritrovai Davide più tardi su Mondo Naif. Un upgrade di Dinamite. Una rivista formato Bonelli di soli tre numeri. Una rivista formato Bonelli con scritto in copertina: 1 di 3, senza interviste, senza introduzioni, articoli, recensioni o fotografie. Praticamente un Trojan horse buttato in edicola.

Adesso non so se sembra così importante come lo fu per me allora. Dentro c’erano soltanto storie. E che storie! Praticamente dei pezzi di vita di ragazzi un po’ più grandi di me che vivevano a Bologna. Non c’erano eroi, ne supereroi e le ‘avventure erano quelle di tutti i giorni: Speciali. Sì, perché erano vissute da ragazzi che credevano in quello che facevano fossa anche soltanto passare un esame, fare un film improvvisandosi registi con una telecamera o mettersi in testa che ci sia qualcosa di magico in un cortile segreto. Una rivoluzione per il mondo del fumetto. E Piera degli Spiriti prima di tutti gli altri l’aveva capito.

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Cosa ha significato per te quel libro?

Ho potuto leggere Piera degli Spiriti soltanto quando poi Kappa stampò il libro per le fumetterie. Copertina elegante bianca con Piera a braccia aperte come Jim Morrison nel cd del best of dei Doors. Rileggendolo oggi, prima di mettermi giù a colorarlo, mi sono accorto di quanto io sia legato a quel libro. Ho cominciato scrivendo storie “dalla provincia” perché era quello che volevo raccontare e perché avevo letto su Piera degli Spiriti che si poteva fare. Era moderno. Era tutto quello che stava arrivando anche dall’oriente. Ma lo faceva in un modo inedito. Nuovo. Sembrava importante. Ecco, sembrava tutto molto importante quello che succedeva dentro Piera degli Spiriti, anche se poi non succedeva veramente niente. Un concetto molto punk: è così facile che puoi farlo anche tu.

Come nasce la scelta di ricolorarlo? Perché Davide ha scelto te?

Insieme ai Cinque Allegri Ragazzi Morti, Panini vuole mandare in edicola tutti gli altri titoli di Eltofo. L’ultima edizione di Piera degli spiriti è quasi introvabile e dato che i Cinque Allegri Ragazzi Morti sarebbero stati riproposti a colori, Davide ha voluto anche Piera a colori, in due versione, la cui deluxe edition con sovracopertina formato poster 100×70 è veramente una figata!

Così un giorno Davide mi chiama e, tra le altre cose, mi butta giù l’idea che ha e mi chiede se voglio colorare Piera, come era successo per Graphic Novel is Dead! Io accetto subito.

Poi comincio a raccontargli cosa penso e perché penso che Piera sia uno dei libri più importanti dei miei anni novanta e in generale della storia del fumetto. Quindi mi dice, «bene, allora scrivi anche la postfazione».

Pitturiamo.
Pitturiamo

Come hai lavorato con lui? Quali erano le sue direttive, se c’erano?

All’inizio le direttive erano troppe. Da qualche parte su WhatsApp ho un suo messaggio che dice: «e se lo facessimo tutto ad aquarello?». Però quello che mi piace di Davide e dei lavori che abbiamo fatto insieme, dalle copertine dei dischi dei Tre Allegri Ragazzi Morti ai manifesti e libri, e che non ti lascia da solo nelle sue visioni. Non so dove va a pigliarsi le idee, ma un po’ alla volta prendono forma sempre meglio e quando mettono le gambe e i piedi vanno avanti da sole. Per cui quando mi ha detto che Piera doveva essere bianca come un foglio di carta e Vic celeste non mi sono agitato per niente.

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È stato più come colorare l’adolescenza archetipica ritratta da Toffolo e Mattioli o colorare gli anni ’90 cercando di ricreare un particolare clima? Cosa senti di apportare a quell’opera col tuo lavoro di colorazione?

I colori sono 100% anni novanta. Anche nella ricerca dei dettagli come l’interregionale arancione bordeaux del finale. Come mi ha detto Davide alla fine di tutto il lavoro, ora c’è anche un po’ di riviera adriatica dentro Piera. Effettivamente mettendoci dentro un terzo autore, il libro è diventato ancora più ricco. È vero anche che quello che racconta il libro è quello che è sempre stato intorno alla mia adolescenza. Guardare fuori dalla finestra di Casa di Vic e come guardare fuori dalla finestra di casa mia. L’ultima scena del libro con l’addio in stazione porta Pordenone direttamente sul mare di Pesaro.

Cambiamo disco
Cambiamo disco

La musica per te e Davide è un elemento creativo fondamentale, direi. E anche per Piera. Qual è la colonna sonora di questo lavoro?

Se non avessi avuto la musica non avrei mai finito il libro, e forse, in generale, non avrei finito nient’altro nella vita. Faccio tutto con la musica. Ne ho un disperato bisogno. Ne voglio sempre e ne voglio di nuova altrimenti poi non mi fa più effetto.

La colonna sonora è stata lunga e varia, e tolti di mezzo Ariel Pink e Colapesce, con i ragazzi in studio abbiamo fatto un bel ripasso anni novanta: Screamager dei Therapy? Cavolo che bomba di disco, perché non lo tiriamo fuori di nuovo dallo scatolone? Cose mie wave come This Mortal Coil, Cure e Diaframma che sono stati i miei ascolti da ventenne e poi Nirvana (una volta sola tutta la discografia), Metallica – appena ascolto The Unforgiven sono di nuovo in corriera che ritorno a casa da scuola – e Sonic Youth, Cranes – Forever, Girls Against Boys (che non so se avete visto finalmente ci sono anche su Spotify), Ende Neu, degli Einstürzende Neübauten, che invece non c’è su Spotify e quindi devi avere il cd altrimenti non lo ascolti.

E infine, quando eravamo in ritardo con le consegne, niente di meglio di Jesus built my hotroad, che ti fa correre come un cavallo imbirrito dentro ad una sala giochi. C’erano anche i Red Hot Chili Peppers negli anni Novanta, il cd era sullo scaffale, ma nessuno in studio ha avuto il coraggio a metterlo su.

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