Il porto proibito [Recensione]

Non sono riuscito a fermarmi: dopo la prima lettura, ho ripreso in mano Il porto proibito altre due volte. E ogni volta è stata un’esperienza nuova, più completa e allo stesso tempo diversa.

il porto proibito turconi radice bao

Il porto proibito è un fumetto pieno di dettagli e richiami; un libro ricco di poesia e di musica, in cui puoi arrivare a sentire i violini e le canzoni dei marinai.

C’è L’Isola del Tesoro di Stevenson, c’è Master and Commander di Peter Weir, c’è Long John Silver di Bjorn Larsson; e c’è – soprattutto nei disegni – un richiamo a Tre Ombre di Cyril Pedrosa. Più di trecento pagine e una storia che si snoda sinuosa tra misteri e leggende.

I disegni Stefano Turconi, già autore Disney, sono attenti e particolareggiati: si riempiono di sfumature quando serve e sfilano veloci, come le navi inglesi, da una pagina a un’altra. I disegni a matita non sono stati inchiostrati: per questioni di tempo, innanzitutto; e poi per permettere a determinati passaggi – che potremmo definire di collegamento da un punto ad un altro della storia – di essere più veloci. Non scarni, ma volutamente semplici e funzionali al racconto.

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È un libro dinamico, Il porto proibito. Che si fa leggere e sfogliare, che si fa gustare non solo per la storia ma pure – e per questo va fatto tanto di cappello all’editore BAO Publishing – per l’edizione. È una via di mezzo tra i vecchi romanzi inglesi di fine ‘800, quelli rilegati in pelle e stretti sul dorso, e i grossi tomi enciclopedici che ancora si stampano. Il lettering, soprattutto, è interessante e mai come stavolta calza a pennello con i toni del racconto: le parole non stancano, né a vederle né a leggerle; e tutto fila perfettamente, sulla scia delle intenzioni di Teresa Radice.

Non c’è un solo protagonista nella storia: ce sono tanti e tutti, alla fine, uniti tra di loro. C’è Abel, che farà da paciere tra le sorelle Stevenson e le aiuterà; c’è la bella Rebecca, lentiggini e curve, sorrisi e ammicchi, e ci sono le sue ragazze, prostitute di porto, un’espressione gentile sempre pronta per chi viene e chi va. E c’è Nathan, il capitano, l’ultimo tassello importante di una storia mosaica più grande.

Il porto proibito è un posto mistico: un posto che in pochi possono vedere, che si trova al largo delle coste inglesi e che fa da faro nella notte per i non-vivi e i non-morti: coloro che sono stati condannati a peregrinare per il mondo degli uomini finché non avranno adempiuto al loro compito, di cui però non sanno niente, né natura né scopo.

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Il fumetto è reso appassionante dalla complessità della storia e dallo spessore dei personaggi; dalla cura di certi dettagli (i volti dei marinai, per esempio, ricordano volti già visti, volti che popolano altre storie e che rivivono una seconda volta, come quelli di Master and Commander). Non è stato scritto e disegnato per un pubblico preciso: ha diverse chiavi di lettura, quella più bambinesca per i più piccoli e quella più matura, più solida, per gli adulti. Proprio come, è il caso di ripeterlo, L’Isola del Tesoro di Stevenson.

Terraferma, porto, mare e di nuovo terraferma: vediamo i dock e vediamo le locande; sentiamo le storie e i racconti di chi è andato per mare. Rileggiamo i versi dei romantici inglesi, Colerdigde e Wordsworth, e finiamo per immergerci, mente e cuore, in un mondo che non esiste più: quello delle grandi avventure per mare, dell’Ammiraglio Nelson e della Marina di Sua Maestà. Il sole sulla faccia, il vento nei capelli e la forza delle braccia contro quella tremenda, mortale delle onde.

Il porto proibito
di Teresa Radice e Stefano Turconi
Bao Publishing, 2015
280 pag., 21,00 €