Le città non sono solo agglomerati di cemento, i palazzi non sono solo strutture.
Fin dalla loro nascita le città sono state viste da poeti, artisti, tecnici e studiosi come organismi viventi, estensione delle aspettative e dei sogni dei loro abitanti, specchio delle società e del vivere in esse. Sogni, quando rappresentano le possibilità e le attività di chi le vive, mostri, quando create per profitto, speculazione, senza progettualità sociale.
Terre Perse – il libro creato dallo studio di architetti TAM Associati di Venezia (per vocazione impegnati in progetti ecocompatibili e sostenibili) ed edito da BeccoGiallo Editore – prende il via dal racconto dall’alluvione a Genova, nell’ottobre 2014: con un linguaggio ibrido (fumetto, infografica, racconto illustrato, fiction e rigorosa inchiesta) ci racconta la cause e le conseguenze del dissesto idrogeologico italiano e della cementificazione selvaggia del territorio visti dagli occhi di una non addetta ai lavori, Beni, una giornalista investigativa.
Assieme agli autori del libro (Raul Pantaleo, Marta Gerardi, Luca Molinari)abbiamo selezionato alcune immagini e approfondito aspetti legati al linguaggio che più ci interessa, il fumetto.
Questi eventi drammatici vengono raccontati di solito in cronaca, meno spesso approfonditi. Il vostro volume rende immediatamente leggibile quello che i giornali fanno fatica a raccontare, tra dettagli tecnici e statistiche. Come si procede nell’impostare un racconto che è in parte fiction e in parte rigorosa infografica?
Fin da subito avevamo deciso che dovesse essere un libro fatto di citazioni e di statistiche. Avevamo due ottimi punti di partenza, il film di Rosi “Mani sulla città” e il romanzo semi biografico di Calvino “La speculazione edilizia”. Tutta la storia gira attorno a questi due grandi spunti. Poi ci sono i dati statistici. Di questo dobbiamo ringraziare Fabrizia Ippolito, ricercatrice presso la Facoltà di Architettura “Luigi Vanvitelli” SUN, che grazie al lavoro di ricerca portato avanti con il suo gruppo di lavoro ha nutrito tutta quella parte d’infografica non sarebbe potuta nascere. Legare i due elementi, fiction e infografica, non è stato semplice. Mi è venuto in aiuto il meccanismo del sogno, delle visioni, come collante.
E soprattutto l’uso del personaggio “guida”, in questo caso Mario Calvino, il padre di Italo, che come una specie di Virgilio conduce per mano Beni, la protagonista, in questo viaggio di ricerca. Beni comunque rappresenta il lettore curioso, che non sa ma vuole conoscere. Alla fine Beni ero soprattutto io. Non essendo architetto molte cose non le sapevo e le ho scoperte grazie alla realizzazione di questo libro. Un altro importante elemento onirico è il nano da giardino.
Cosa sono le terre perse? E come lo intendete invece voi, questo termine?
Hanno un significato duplice.
Per me sono soprattutto terre che non potranno più essere usate come campi coltivabili, non daranno più frutti, avendo perduto la loro fertilità. “Terre perse”, appunto.
Lo schema di colore scelto, la scala di grigi calda e il rosso, sono stati scelti perché colori naturali? Tutto sembra richiamare proprio i toni del terreno, dell’humus.
Devo ammettere che l’elemento colore è per me un punto critico. Deve essere discreto, un buon amico che accompagna il disegno senza troppa invadenza. Comunque in parte sì, doveva richiamare sia il cemento sia la terra, con elementi positivi e negativi a seconda di dove si trova. Ecco del perché di quel guizzo di colore accesso improvviso, messo su certi punti da evidenziare.
La scelta del taglio a vivo delle pagine avvicina visivamente il testo alla grafica di una rivista o di un opuscolo. Come un libro da avere in mano, consultare, sfogliare. E’ corretto? Come avete pensato questa impostazione?
Sì, la tua osservazione è in sostanza corretta, in effetti c’è molto di grafica e “libretto delle istruzioni”, accentuata dal fatto di aver scelto di raccontare certi passaggi con le infografiche. Avevamo già sperimentato questa scelta, sia in Destinazione Freetown che in Architetture resistenti, e mi sono accorta di come questo permettesse non solo di costruire delle tavole più libere ma di creare una specie di continuità con il “mondo fuori” dalla pagina. Come se ciò che si vede nel libro fosse solo un dettaglio. Il supporto cartaceo (o lo schermo di un pc) è un confine limitato ma che può proseguire sia nella pagina successiva che nella realtà.
Avete usato poco la closure e molto una composizione che si integra con la grafica. Si traccia una sorta di percorso. C’era un suggerimento al viaggio, all’esplorazione, ad andare a vedere i territori feriti?
Le classiche vignette non le ho mai sopportate. Le ho sempre considerate delle gabbie rigide, delle prigioni. Perciò le uso pochissimo, solo dove necessario. Senza costrizioni e gabbie i personaggi viaggiano liberi. Mi piace Il concetto di viaggio e fino ad ora è stato un elemento costante in tutti i nostri racconti a fumetti. Viaggiando si scopre, si impara. E per questo ho tracciato un percorso, un sentiero. Ogni tavola è collegata graficamente con la successiva, soprattutto alcuni passaggi. Se si mettessero una di seguito all’altra, le linee potrebbero combaciare
Spiegate così la presenza del nano da giardino citato poco fa: «un oggetto kitsch, ma in fondo legato ad un esigenza più che umana di portare il fantastico nelle nostre vite». Qual è il senso della sua presenza?
Il nano da giardino è una costante, un elemento simbolico oltre che comico. Il Nano rievoca il mondo “altro” analizzato da Raul Pantaleo in Pisolo in giardino (Eléuthera 2006).
Quindi, le città sono mostri divoratori di terre o sogni di uomini che vogliono costruire qualcosa per sé e per gli altri?
Per me entrambe.
Quanto conta, nel vostro racconto, dare l’idea del senso di comunità che, se percepito, forse impedirebbe agli speculatori e agli imprenditori di agire praticamente indisturbati?
Il libro ha proprio questo scopo quello di aumentare la sensibilità per il territorio come “bene comune”, e il ruolo delle tante comunità che abitano le nostre metropoli è centrale nel processo di riappropriazione e trasformazione di molti luoghi lontani o abbandonati.
«È delle città come dei sogni: tutto l’immaginabile può essere sognato, ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio, oppure il suo rovescio, una paura». Perché avete scelto questa citazione di Calvino?
Perché secondo me la frase è un riassunto concettuale di tutto il libro. Per me c’è molto di onirico nelle città. E come tutti i sogni hanno molto di simbolico. Condensano in sé sia il lato positivo che quello negativo. I desideri e le paure. Le città come vorremmo che fossero e quello che invece ci fa più paura.