Il mondo delle autoproduzioni è un laboratorio permanente che, come è noto, ha trovato in internet un terreno fertile e una vetrina sempre più ampia. Succede così che un collettivo nato un paio di anni fa possa trovare un suo percorso e un’identità, si faccia conoscere dai lettori, riesca ad incontrare un editore particolarmente attento ai webcomics, e finisca con il pubblicare libri (cartacei) con una buona distribuzione e presenza ai festival.
Il collettivo è Pee Show (formato dai tre giovani autori Francesco Prenzy Chiappara, Giulio Batawp Rincione, Lucio Luciop Passalacqua), l’editore è Shockdom. La prima opera pubblicata a seguito di questo incontro è 666, il Male Dentro, che vede Prenzy ai disegni e ben sei autori ai testi di altrettanti racconti brevi.
Leggi l’anteprima di 666, il Male Dentro
Come talvolta accade, i nuovi collettivi di autori dotati di talento ed energia (e i tre membri di Pee Show ne hanno) riescono persino a guadagnare l’appoggio e la collaborazione di autori già affermati. Soprattutto quando anche questi autori più ‘esperti’ vengono da un percorso di editoria indipendente e autoprodotta. E infatti proprio così è andata anche per Prenzy, che ha coinvolto Akab, Squaz, Officina Infernale, Alex Crippa, Marco Taddei e Davide La Rosa.
La storia di 666, come ci racconta lo stesso Prenzy al telefono, nasce da un primo incontro con Marco Taddei, a Napoli Comicon 2014. Prenzy aveva letto Storie Brevi Senza Pietà (di Taddei e Simone Angelini) e lo aveva apprezzato. Propone quindi a Taddei di produrre assieme un racconto breve, da pubblicare sul sito del suo collettivo.
La storia, di ambientazione biblica, è in linea con le Storie Brevi: si parla del male e della crudeltà come condizione interiore dell’essere umano, delle pulsioni di morte e del perché, di come si agisce cedendo a questa condizione priva di freni inibitori. Prenzy da un lato è entusiasta di lavorare su di una storia di Taddei, dall’altro apprezza anche molto il lavoro di ricerca e di studio per decidere come illustrare il racconto. Prende spunto da diversi linguaggi, non solo fumettistici. Guarda vecchi colossal biblici hollywoodiani, cerca riferimenti di colore in pubblicazioni d’epoca e anche nella pittura sacra. Nasce il primo dei sei racconti, Il Dubbio di Labano. Riuscito l’esperimento, Prenzy decide di continuare su quel filone, mettendosi alla prova nell’adattare il suo stile ad altri racconti.
Gli abbiamo quindi chiesto di raccontarci come ha affrontato stilisticamente le sei storie, ma anche come gli autori gliele hanno presentate. D’altra parte la sceneggiatura, strumento di lavoro e di comunicazione tra scrittore e disegnatore, influisce molto sul processo creativo. Può essere dettagliata e includere note di regia, oppure può contenere – in alcuni casi e in lavori autoriali come questo, meno codificati – solo dialoghi o indicazioni parziali di ambientazioni e situazioni. Il disegnatore a sua volta può interpretare con una certa libertà anche una sceneggiatura molto costrittiva o cercare di ricostruire uno stile in caso di assenza di indicazioni da parte dello scrittore. Insomma: i casi sono molto diversi tra loro. E proprio di questo abbiamo discusso con Prenzy.
Francesco, dopo aver lavorato con Taddei, quale è stato il primo autore che hai contattato?
Ho contattato Alex Crippa, uno sceneggiatore che apprezzo moltissimo, ad esempio per il suo lavoro su Dei (disegnato da Emanuele Tenderini, n.d.r). Lavorare con lui come secondo autore è stato semplice perché veniamo da un mercato simile, anche lui collabora con gli americani. Quindi la sceneggiatura che mi è arrivata era molto completa, dettagliata, anche con lo schema delle gabbie pronto! Mi sono sentito subito a mio agio e infatti la sua è anche la storia per la quale ho mantenuto uno stile che corrisponde maggiormente al mio, nei colori e nel segno. Uno stile che ricorda la serialità americana, nei colori pop e nella costruzione della gabbia.
Diverso sarà stato l’approccio di Andrea Mozzato, Officina Infernale. Lui ha scritto per te La Routine del Male in Prima Serata.
Sì, l’approccio era completamente diverso…il suo racconto è stato quello per il quale ho mantenuto lo stile più simile a quello dell’autore. Del resto la scrittura di Officina Infernale e la sua costruzione della tavola sono strettamente legate. Per me è stato naturale cercare di mantenere quella costruzione e lo stile integrandoli con un mio segno. Mozzato mi ha descritto anche vignette nel dettaglio, ma non tutte. Ha sottolineato i dettagli e i passaggi che riteneva più importanti.
Raccontaci invece di AkaB, il suo racconto è Io Scrivo.
AkaB ha mantenuto con me lo stesso metodo di lavoro che usa per se stesso e che userei anche io da autore: mi ha scritto solo i testi, lasciandomi libero di interpretare la storia e visualizzarla mano a mano che la leggevo. Per illustrarlo mi sono quindi sentito libero di allontanarmi dal suo stile e di trovarne uno che mi permettesse di illustrate le situazioni molto crude e forti che AkaB ha descritto. Ho preso spunto da un fumetto in particolare, The White Suits, edito da Dark Horse, disegnato da Toby Cypress. C’è molta grafica, colori piatti, l’uso di retini e personaggi cartoon. Il segno di Cypress è volutamente molto più grezzo, c’è la matita, io ho reso tutto ancora più grafico e lineare, ma l’ispirazione è stata quella.
Un altro autore completo che è anche disegnatore è Squaz, lui ha scritto il racconto Nomen.
Sì, anche Squaz è un disegnatore, ma con un diverso metodo di lavoro. Mi ha mandato una sceneggiatura molto accurata, con la divisione in vignette, molto chiara. I suoi testi sono sempre molto evocativi, simbolici. Per questo ho deciso di mantenere un segno a matita evidente, grezzo anche se delicato. Non volevo che la matita fosse piatta ma ricca di segni e per i colore ho scelto uno stile il più possibile pittorico.
Davide La Rosa ha scritto il racconto Moriremo tutti… tutti!1!!.
Anche Davide mi ha mandato una sceneggiatura accurata, con un tema che tratta spesso, quello della comunicazione su internet. Per il suo racconto ho scelto uno stile da cartonato francese, volevo che avesse l’aspetto di una pellicola d’epoca, con le sue sporcature e il rumore di fondo. Ho usato un tratteggio frenetico ma delicato. Uno stile che mi interessa e che voglio esplorare ancora.
Un ultima domanda: ti sei fatto approvare le tavole dagli autori o hai lavorato in autonomia?
Non me l’hanno richiesto, ma per correttezza ho mandato loro sempre tutto, dalle matite, alle chine, al colore. Sono stati sempre soddisfatti, credo, dato che non ho avuto correzioni!