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Il Tuono, il Brutto e il Cattivo: Tuono Pettinato e i Paguri a Pisa

Il Teatro Rossi Aperto di Pisa ha ospitato venerdì scorso “Il Tuono, il Brutto e il Cattivo” un incontro moderato da Maurizio Vaccaro, speaker del programma Crazy Mandei, della web radio Radiocicletta. Tuono Pettinato al posto del Buono, Daniele Caluri ed Emiliano Pagani – i Paguri – in quelle del Brutto e del Cattivo, ovvio riferimento alla natura del loro più celebre personaggio, Don Zauker. Argomento principale dell’incontro: la satira.

Leggi anche: I 13 momenti più blasfemi di Don Zauker, scelti dai Paguri

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Per scaldare i motori, gli autori hanno risposto a una domanda generale, cercando di definire il loro concetto di satira.

Tuono Pettinato: «Disegno vignette satiriche sulla rubrica Tippi tuesday che esce il martedì (quando sono puntuale con le consegne) su Fumettologica: per me è lo spazio dove posso raccontare sia fatti di attualità o deliri miei, chiaramente in chiave umoristica»

E cosa intende Tuono Pettinato per satira?

Tuono Pettinato: «Nelle mie biografie cerco di coniugare l’esigenza di raccontare storie di realtà con la mia personale inclinazione a non prendermi troppo sul serio. Anche Corpicino (gRRRzetic, 2014) che parla di un infanticidio, è pienissimo di humor, nero, ma pur sempre umorismo… in Garibaldi (Rizzoli Lizard, 2011) ci sono parti e citazioni dal libro Cuore, perché in quel caso giocavo con i toni della retorica ottocentesca. Con Alan Turing (Enigma, la strana vita di Alan Turng, Rizzoli Lizard, 2013) invece ho cercato una certa empatia, non potevo prescindere dal dramma umano dello scienziato. Ogni storia ha un margine per non prendersi troppo sul serio, e a me interessa questa possibilità delle storie».

Paguri: «Non scriviamo mai pensando a cosa potrebbe intendere il lettore. Noi ci limitiamo a mettere a sua disposizione una narrazione per noi urgente, nel nostro caso lo facciamo con un linguaggio turpe, feroce, volgarissimo. La satira è un fenomeno che viene dal basso e quindi per noi è normale che si esprima con questi toni. Per noi la chiesa è il cancro della società. Il nostro è un fumetto anticlericale ma non perché a noi interessi la religione…è lei che si interessa troppo a noi! La volgarità è anche il vessillo della nostra città, Livorno, carente sotto altri aspetti ma in questo senso ricchissima. Con Don Zauker abbiamo iniziato a fare fumetto tout court, non solo satira, come le vignette. L’importante è non dimenticare che la satira è sempre rivolta a chi ha una posizione privilegiata nella società».

E Pagani incalza: «Comunicare che l’imperatore è nudo, ma avendo sempre cura per il modo, il come si fa. Dalle vignette sul Vernacoliere, fino ad arrivare a Panini con Nirvana, abbiamo sempre lavorato in libertà, come volevamo, senza mai tener conto di nessuna strategia di marketing… facciamo quello che ci diverte, senza considerare molto l’effetto sul lettore».

La seconda domanda rimanda alle radici della forma espressiva; Vaccaro chiede infatti agli autori da quali fonti d’ispirazione attingano nel fare satira.

Pagani: «Facciamo satira da quando avevamo 15 anni sul Vernacoliere, lì l’ispirazione era propria dello stesso contenitore. Così su due piedi direi che siamo stati ispirati da Mario Monicelli, dai vignettisti del Male; ci sono piaciuti, al di là delle polemiche, Guzzanti e Luttazzi. Tranne rari casi la vignetta di satira politica sui quotidiani ci intristisce molto… si salvano forse Altan, Mannelli, ma insomma si rischia sempre di asservirsi al potere».

Caluri: «La televisione ha spinto tutto verso la mediocrità, perché è lì dove sta l’interesse del grande pubblico, dove riusciamo a mangiare tutti. Questo ci ha portati a un appiattimento generale… per esempio, non vedremmo mai un Antonio Rezza alla tele. A noi piace prenderci gioco della realtà, anche della più innocente… ma questo al grande pubblico non sempre è gradito».

Tuono: «Personalmente sono sempre stato un appassionato dei Peanuts, di quell’umorismo malinconico che si respira anche in Pogo di Walt Kelly, ne Il mago Wiz di Hart e Parker e in Life in Hell, la serie a fumetti di Matt Groening, poi padre dei Simpson. Loro mi hanno insegnato che si può associare un segno sghembo a un messaggio. Blutch, che ho letto mentre disegnavo Il Magnifico lavativo, è formidabile».

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Ormai la platea affollata del bel teatro all’italiana liberato qualche anno fa da un collettivo di studenti dell’antistante facoltà di Lettere dell’Università di Pisa è pronta per scambi più scoppiettanti, e Vaccaro non si lascia scappare l’occasione per chiedere agli autori che cosa pensino della produzione degli altri presenti al tavolo.

Il primo a rispondere, rompendo gli indugi è Tuono Pettinato: «È vero che usate le parolacce e il turpiloquio, ma lo fate in modo molto aggraziato, quasi poetico. In questo somigliate un po’ a Maicol&Mirco, che usano le bestemmie in modo perfetto».

Caluri: «Tuono è bravo: è un grande osservatore della realtà, il suo disegno è molto più complesso di quello che vuole rivelare, ha una solida capacità di analisi dei nostri tic e delle nostre fissazioni e le trasmette con una gentile ferocia, con un’ironia sotterranea, invidiabile. Offre una varietà e una profondità di rappresentazione notevole e intelligentissima».

Pagani: «È profondo e colto, è molto famoso, piace a tutti perché parla un linguaggio universale».

Il moderatore Vaccaro ironizza sul fatto che tutti quelli seduti al tavolo cerchino in ogni modo di evitare la domanda scontata sull’Isis e Charlie Hebdo.

Tuono chiosa così: «Io penso a Kurt Cobain (Nevermind, Rizzoli Lizard, 2014). Si può fare umorismo su cosa ti pare, ma lo fai prendendoti la tua responsabilità, sia per come affronti il tema di cui stai parlando e sia per come lo disegni. È quello che sei».

Caluri: «Non c’è limite nel far satira, se non quelli del codice penale. Le uniche direttive riguardano il rispetto di quelle leggi (per le quali esistono comunque degli escamotage). Inoltre, e questo è il concetto fondamentale, senza il quale verrebbe meno il concetto stesso di satira, stare dalla parte dei deboli e non da quella dei potenti. La satira si fa per ridere dei potenti, accanto agli sconfitti».

Pagani: «Anche perché al rovescio è il gioco del potere, è reazionario, è fascista».

A proposito della ricezione della satira il moderatore osserva poi che quando Daniele Luttazzi venne censurato dalla Rai, Biagi fece un intervento sulla differenza tra far ridere (sfottò) e fare satira, e chiede agli autori se ci sia tra le due forme espressive la stessa differenza che c’è tra vignetta e striscia. Mentre Pagani parla di “scelta” che porta a preferire l’umorismo alla satira o viceversa, Caluri afferma che la seconda è “un codice più immediato”. Tuono Pettinato aggiunge che forse si tratta di una questione di committenza, ricordando come il web veicoli in modo velocissimo quello che proprio non possiamo fare a meno di commentare e sfottere.

Caluri aggiunge poi a questo proposito: «Secondo me la rete rende tutto più rapido, non rimane nella memoria come altre cose stampate o viste, esperite».

Pagani: «È la dittatura del like, tutto va veloce e si diffondono battute che non possono avere vita lunga, magari fanno ridere e sono efficaci, ma non fanno riflettere, non lasciano il segno. L’autore di satira fa passare il suo segno e la sua visione, il modo in cui vede il mondo».

Tuono: «Nel caso del web però è vero che si riesce ad individuare subito quali autori ci interessa seguire e affiliarsi alla loro visione».

L’ultima domanda di Vaccaro indaga il rapporto con gli altri paesi, il modo in cui si fa satira altrove rispetto a quello italiano.

Caluri: « C’è un vignettista austriaco, Manfred Deix, che è un autore austriaco enorme, ma ha ragione di esistere solo nel luogo dove vive: nella satira esiste ovviamente un forte localismo. Solo la tragedia di Charlie Hebdo, di risonanza e interesse globale, ha generato una folta produzione di vignette, ma al contrario in genere si tratta di una risata generalizzata su un fatto concreto e circoscritto. Qui in Italia poi siamo costretti al buonismo (dal Vaticano) e purtroppo il pubblico italiano di conseguenza non è pronto a un certo tipo di linguaggio e di forma».

Tuono chiude così il giro di interventi: «La notizia su cui si fa satira è generalmente stretta e circoscritta e non arriva fuori zona. Per fortuna ci sono riviste come Internazionale e Linus dove si pubblicano vignette straniere e si ride in modo universale».

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