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FocusGli Avengers e la parità razziale tra supereroi

Gli Avengers e la parità razziale tra supereroi

Le vicende e le rivolte che hanno portato alla ribalta, tra il 2014 e il 2015, città come Ferguson o Madison, non sono che gli episodi più recenti di una lunga storia: la questione razziale negli Stati Uniti. Come è noto, l’elezione a Presidente di Barack Obama ha sopito per qualche tempo antiche tensioni, in una popolazione che ha visto spesso contrapporsi, nel corso dei secoli, la comunità afro-americana e quella bianca. Come è altrettanto noto – almeno ai lettori di fumetto nordamericano – i comics di supereroi hanno variamente riflesso, nel corso dei decenni, queste tensioni culturali.

Uno degli esempi più conosciuti – per certi versi, un vero e proprio riferimento ‘canonico’ su questo tema – riguarda Lanterna Verde, che nel 1971, in una mossa all’epoca inattesa, fu interpretato per la prima volta da un nero (John Stewart). Da allora, numerosi supereroi sono stati protagonisti di storie nelle quali si è messo a tema, in modo via via sempre più aperto, il tema dell’uguaglianza razziale. Ma ci fu un tempo nel quale anche gli Avengers ebbero problemi di parità razziale. Accadde quando un afro-americano dotato di super poteri decise di presentarsi al quartier generale dei Vendicatori e rivendicare il proprio diritto di far parte della super formazione, in quanto rappresentante dei “supereroi neri”. Il suo nome è Rage.

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In molti potrebbero non ricordare questo personaggio. D’altra parte, Rage ha avuto alterne fortune nella storia della Marvel e degli Avengers stessi. Il suo percorso inizia nel novembre 1990, su Avengers #326, nella storia intitolata “Vento dall’Est”.  Lo sceneggiatore di quell’episodio, e creatore di Rage, fu Larry Hama, una firma oggi non troppo ricordata, ma importante per la Casa delle Idee in quegli anni, e dalla personalità interessante. Hama, di origini asiatiche e con alle spalle una breve carriera da attore, aveva iniziato a lavorare per Marvel in realtà come disegnatore, sulle pagine di Iron Fist (nel 1974). In quasi 20 anni di collaborazione disegnerà e scriverà per serie come Star Wars, Conan the Barbarian, Daredevil, Man-Thing e Kazar. I suoi lavori più importanti però si ricordano su una ordinaria serie-franchise come G.I.Joe, e su una delle collane top della Marvel: Wolverine. Quando passò a lavorare sugli Avengers, Larry Hama seguì una linea piuttosto diversa rispetto ai suoi predecessori, improntata a una grande attenzione per l’attualità e il contesto sociale dell’America di quegli anni.

«Ogni fumetto ha delle caratteristiche legate al tempo in cui è stato concepito – disse in un’intervista – Negli anni Quaranta c’erano i nazisti, nei Cinquanta i rossi, e nei Sessanta c’era il terrore nucleare (quando la gente veniva punta da ragni radioattivi). Sono passati i tempi in cui un ragazzino entrava in una caverna e riceveva una parola magica da un alieno che lo avrebbe trasformato in un supereroe. Il modo in cui la gente vede i supereroi deve cambiare».

Fu così che nacque Rage. Hama lo descrive come «una via di mezzo tra Marvin Hagler e Malcolm X», e nasce per rispondere a una precisa richiesta dei fan che, negli incontri o alle convention, gli chiedevano spesso il perché dell’assenza di supereroi neri, asiatici, ispanici, o amerindi. «Tutti coloro che inseriscono personaggi neri all’interno delle storie pensano che debbano essere per forza buoni – diceva Hama – ma Rage, bè, sarà davvero difficile da apprezzare… però sarà comunque un tipo a posto».

Il perché di queste parole sta nel fatto che Rage non è certo un super-bravoragazzo di sani principi. Anzi. Spesso è scontroso, fatica a capire certe cose al volo, e in fin dei conti non è affatto politically correct. Infatti, nella sua prima apparizione, Rage si presenta alla base dei Vendicatori; il maggiordomo Jarvis gli chiede se desidera un appuntamento, e Rage risponde: «Non mi serve un appuntamento, sono un supereroe, mi chiamo Rage e sono qui per entrare nei Vendicatori!!».

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Rage non risparmia le polemiche neanche con Capitan America. Non appena Cap gli fa presente che ci sono già stati Vendicatori di colore come Falcon e Pantera Nera, Rage risponde dicendo: «Pantera è un principe miliardario, socio di club privati dove tu non riusciresti neanche a mettere piede. Falcon è entrato solo perchè i federali volevano vi adeguaste alle norme sulle pari opportunità! E poi ammettiamolo, a parte sbattere un po’ le ali non ha mai combinato granché…»

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Aggressivo, presuntuoso, borioso: come si diceva, un personaggio non esattamente politically correct. Succede però che nonostante il caratteraccio Rage riesca ad accattivarsi le simpatie dei Vendicatori, aiutandoli ad affrontare il tenente Ramskov, eroe sovietico di Chernobyl, che sottoposto ad una terapia in un ospedale di New York si risveglia dal torpore diventando un super-essere (il richiamo a Chernobyl è un altro riferimento all’attualità riportato da Hama nell’universo Marvel). Dando un contributo importante alla risoluzione della questione ed al ripristino della normalità, Rage riesce a conquistarsi le simpatie dei Vendicatori e di Capitan America, che lo fa entrare tra le riserve degli Avengers. Ma Rage, presentato durante una conferenza stampa al pubblico, si ritrova a subire il pregiudizio degli attivisti conservatori americani, già avversi agli stessi Avengers. Hama non esita, insomma, a mostrare quanto gli Stati Uniti siano un contesto difficile, per alcuni neri, anche nell’apparente utopia dei supereroi.

«La comprensione non verrà mai da stimoli esterni – dice Rage in una vignetta rivolgendosi ad uno degli attivisti – il cambiamento deve venire dal di dentro. Se i Vendicatori vogliono darmi la possibilità di cambiarli, non mi interessano i motivi per cui lo fanno».

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E i Vendicatori, in effetti, questa possibilità gliela daranno: entra a far parte degli Avengers. Tuttavia la sua militanza nel gruppo durerà una manciata di episodi. Ne sarà infatti escluso dopo che Capitan America scoprirà che, in realtà, Rage è ancora un adolescente. Motivo per il quale sarà poi accolto in un altro team ‘giovanile’, ovvero i New Warriors.

Da allora ad oggi, le apparizioni di Rage non sono state troppo numerose (essenzialmente, qualche comparsata come Vendicatore ‘riservista’ e in Civil War). Ma al di là di tutto ciò, merita di essere ricordato per quel che è stato in questo mini-ciclo di storie (Avengers #326/333): un adolescente dei sobborghi di New York, appassionato di fumetti, perseguitato dai ragazzini bianchi solo perché di colore. Elvin Daryl Haliday (il suo vero nome), per depistare i bulli razzisti che lo inseguivano, finì con l’immergersi in un torrente d’acqua; ma proprio in quel momento un gruppo di uomini spuntati fuori da un camion gli gettarono addosso un bidone pieno di rifiuti tossici. Ecco come nacquero i ‘poteri’ di Rage. Un supereroe minore, e una vittima “come tante” dell’inquinamento ambientale e del razzismo. In un’America che con i supereroi ha fatto spesso sognare, ma talvolta anche arrabbiare.

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Elvin dopo l’incidente tornò a casa dalla nonna Japles, un’infermiera in pensione che lo accolse subito tra le sue braccia. Presto però scoprì di aver ereditato da quel terribile evento dei poteri soprannaturali, da mingherlino e piccolo divenne un uomo alto e possente, pronto a vendicarsi e a ripagare con la stessa moneta tutti i torti subiti, perché «se il buon Dio mi ha reso così é perché vuole che io sia la sua spada vendicatrice». Ma fu la stessa nonna Japles a dirgli:«Se tu fossi opera del Signore non permetterebbe mai che ti consumassi odiando dei piccoli ignoranti». E come in ogni origine Marvel che si rispetti nonna Japles dice subito dopo ad Elvin:«Se sei stato salvato è perché sei destinato a qualcosa di speciale».

Qualcuno ora potrebbe pensare al solito copione da origine di supereroi, ma tutti i riferimenti al duro e crudo mondo reale, alla questione razziale, all’accettazione delle diversità, all’inquinamento ambientale, sono elementi che Larry Hama, ed i fumetti dei supereroi ci hanno dato per raccontarci un mondo che non è tanto diverso da quello che vediamo ogni giorno. E nel quale tutto ciò che non c’è (supereroi compresi) fa comunque parte di noi in un modo o nell’altro.

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