Il futuro non sono i cinecomics, ma i telecomics

Se c’è una cosa che Daredevil, la serie co-prodotta dai Marvel Studios e da Netflix, ha dimostrato è che il futuro dei fumetti, nell’industria dell’audiovisivo, non è sul grande schermo, e quindi cinema, blockbuster, budget stellari. Piuttosto, il loro destino si potrebbe legare sempre più al piccolo schermo, che sia del televisore o del pc, seguendo ben altre caratteristiche: un formato più appetibile, capitolare, con la possibilità di vedere tutti gli episodi insieme, come in un lunghissimo film di 13 ore, o prendendosi una pausa tra una puntata e un’altra.

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Questa potrebbe sembrare – ne sono consapevole – un pippone nonsense che prova ad anticipare i tempi: un pezzo che tira somme che ancora non ci sono e che vuole profetizzare la fine di qualcosa che a oggi sta andando benissimo (non voglio citarvi i numeri, ma vi basta dare un’occhiata al box office mondiale). In realtà, non è proprio così: dicendo che il futuro dei fumetti nell’entertainment del live-action è in televisione, non voglio né anticipare i tempi, né tantomeno sentenziare la morte di una genere ancora – relativamente – nuovo. Piuttosto, voglio concentrare l’attenzione su un prodotto seriale di qualità, in cui c’è un bilanciamento effettivo e costruttivo tra fedeltà all’opera e originalità dei contenuti.

In Daredevil – che vi sia piaciuto oppure no, che l’abbiate trovato barboso, lungo, prolisso ecc. – c’è questo: c’è una attenzione non indifferente per i dettagli e per i personaggi; un’attenzione che, proprio per le limitazioni di tempistiche e struttura, non può esserci nel medium cinema. In altre parole: un film dura “solo” un’ora e mezza, massimo due ore; e non puoi avere lo stesso spazio o le stesse possibilità che ti si prospettano sul piccolo schermo (specie, poi, se parliamo di una produzione Netflix, omologata per i tredici episodi, lunga e fruibile in qualsiasi momento, tutta insieme).

Nonostante – e non lo dico solo io – i fumetti Marvel siano opere più frizzanti e leggere (talvolta, attenzione; non sempre) di quelli DC, in Daredevil, il nostro metro di paragone, non mancano momenti “oscuri” o incursioni psicologiche tutt’altro che sbrigative; il Kingpin di questa serie è un villain umano, che ha una visione concreta e giustificabile del mondo (di New York e, nel particolare, di Hell’s Kitchen). Lo stesso DD non è certo un “eroe positivo” al 100%. Non è uno di quei super-giustizieri strappati alla strada che cominciano a combattere il crimine “perché sì, perché devono”. Come nello spirito originale dei fumetti, è un anti-eroe. È la giustizia fatta essere umano che colpisce – e punisce – chi, secondo lui, lo merita.

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Ora in produzione, sempre nel quadro della collaborazione tra Netflix e Marvel Entertainment, ci sono Jessica Jones, Luke Cage, Iron Fist The Defenders; e proprio ieri è stato annunciato che queste serie, compresa la seconda stagione di Daredevil, avranno una cadenza semestrale. La critica – sicuramente, “ipnotizzata” da trovate registiche e scritturali come il combattimento in piano sequenza, o una cura del background dei personaggi molto vicina al Cavaliere Oscuro di Nolan – ha già promosso a pieni voti questa iniziativa. Valutandola meglio di un altro esperimento: Agents of S.H.I.E.L.D. (pieno di lacune, buchi, incongruenze; forte nel suo lato comedy e nei suoi effetti speciali). Dello stesso avviso pare essere il pubblico, entusiasta finalmente di Daredevil (addio Ben Affleck, addio 20th Century Fox!).

Un prodotto televisivo seriale è, senza ombra di dubbio, più vicino all’idea di continuity che in questi anni Marvel e DC hanno costruito con i loro prodotti. È, inoltre, una sintesi perfetta e ottimale dei vari media: si conserva la struttura della serie tv, divisa in episodi di circa 50 minuti; ma c’è pure l’attenzione qualitativa del cinema (con budget che crescono senza eccedere) e, in un certo senso, una sceneggiatura “più teatrale” che tende a diminuire la distanza con il pubblico.

Ci vorrà ancora del tempo prima che i telecomics conquistino effettivamente il mercato. Tuttavia, la previsione non pare così discutibile, né comunque impossibile. Nei prossimi mesi, i nuovi prodotti seriali della Marvel (e non della DC, anch’essi, forse, troppo “fumettosi” e poco consistenti dal punto di vista della scrittura, come Agents of S.H.I.E.L.D.) saranno un banco di prova ideale da cui partire – oppure no – per l’intrattenimento dei fumetti del futuro.