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RecensioniNovitàDal fumetto alla tv e ritorno: lo S.H.I.E.L.D. secondo Mark Waid

Dal fumetto alla tv e ritorno: lo S.H.I.E.L.D. secondo Mark Waid

Prendi un universo fatto di supereroi, grandi saghe, continue minacce al pianeta Terra, tensioni emotive e puro intrattenimento. Per cinquant’anni sviluppalo a dismisura sulle pagine di migliaia di albi a fumetti, venduti in tutto il mondo. Poi fai il grande passo, e grazie a un paio di intuizioni ben più che felici (struttura seriale + innesti da commedia brillante) portalo al cinema, rastrellando miliardi di dollari con proprietà intellettuali su cui in pochi avrebbero scommesso. A questo punto ti ritrovi tra le mani una gallina dalle uova d’oro e, con tutte le ragioni del mondo, hai intenzione di spremerla fino allo sfinimento.

In primo luogo la vendi alla Disney per una cifra folle, poi pensi a tutte le possibili diramazioni che questa scelta possa avere. Tra i primi progetti collaterali spunta, immancabile e puntuale come le tasse, la deriva televisiva. Il progetto ha un buon successo – molto più contenuto di come ce lo si aspettava, ma comunque non disprezzabile – tanto da decidere di mandarne in stampa la versione cartacea. Il ciclo è chiuso, al netto di un profitto mostruoso e di un impero costruito sulle stesse quattro idee declinate in ogni forma possibile. A dire il vero è quasi grottesco che partendo dall’incredibile bacino di idee costituito dalla Marvel originale, quella dei giornaletti di carta, si finisca a parlare del il tie-in a fumetti del tie-in televisivo del tie-in cinematografico delle sue stesse produzioni. «Ma tant’è, inutile farcisi il sangue amaro», devono aver pensato in redazione, «cerchiamo di fare il meglio possibile con quello che ci viene dato».

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Ed ecco spiegato il perché al timone di S.H.I.E.L.D. non sia stato piazzato un mestierante qualsiasi ma un veterano come Mark Waid, capace di salvare la giornata in ogni condizione lo si metta a lavorare. Infatti il Nostro ci riesce anche questa volta, rivoltando la serie come un calzino e dotandola di un concept davvero potente. A sommi capi potremmo definire il protagonista Phil Coulson, il responsabile della piccolla cellula operativa dello S.H.I.E.L.D. su cui sono basati sia telefilm che fumetto, come una sorta di über-nerd con ben pochi pari.

Un completista allo stadio terminale, ossessionato da supereroi e nemesi malvagie fin dall’infanzia, che ora si ritrova nella stanza dei bottoni. Autorizzato a premerne quanti ne vuole, basta che questo contribuisca a preservare la pace e a salvare vite umane. L’ unico superpotere del Nostro è la sua cultura supereroistica, così sviluppata da riuscire di volta in volta a trovare nuovi modi di sfruttare i doni di questi grandi eroi in modi che loro stessi non avrebbero mai immaginato. Come dice nel primo numero lui è «quello con un piano», senza particolari abilità se non l’acceso alla guida telefonica di Nick Fury e l’autorità di poter chiamare qualsiasi numero gli pare possa essere utile per annientare la minaccia di turno. Del resto della squadra ci interessa ben poco, visto che pare compaiano giusto il minimo sindacale per rassicurare i fan del telefilm.

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Non ci vuole molto per capire la metafora: Coulson siamo noi. Che non possiamo volare o sparare raggi dagli occhi, ma abbiamo passato davvero troppo tempo a leggere di tizi capaci di farlo. Tanto da spingerci, ogni volta che incappiamo in una qualsiasi assurdità narrativa non bloccata dall’editor di turno, a pensare cose del tipo «ma non poteva semplicemente volarsene via?» oppure «se ci fosse stato Doop sarebbe andata in maniera decisamente diversa». Da questo punto di vista, Waid ha fatto il miracolo, prendendo un compito ingrato e tirandoci fuori un’idea davvero stuzzicante. I problemi sono ben altri. Pensateci bene, se una persona scrive uno dei migliori Daredevil di sempre per ben quattro anni di fila, non è detto che riesca a fare lo stesso anche per tutti i lavori seguenti. Soprattutto se, e adesso arriva il problema più grosso, deve farlo imbastendo storie autoconclusive di venti pagine l’una. Ogni volta con un disegnatore diverso, per giunta.

Con simili premesse è davvero dura pensare si possa raggiungere qualcosa di più del gradevole. Abbiamo qualche picco di qualità – il secondo numero per esempio, disegnato da Humberto Ramos e costruito attorno a Ms. Marvel – dove l’idea di fondo dell’episodio, i dialoghi e i disegni si sposano alla perfezione. Manca, per ovvie ragioni di spazio, il giusto respiro per rendere la storia qualcosa di più di un semplice divertissement. Tutto si risolve in maniera frettolosa, senza il minimo accenno di pathos. Oppure il delirante sesto numero, a cui infatti non occorre introduzione poiché costituisce la conclusione di un esile story arc portato avanti in maniera quasi invisibile nei primi cinque numeri. Succede di tutto e si rimane a bocca aperta per la sorpresa almeno in un paio di occasioni. A essere sinceri c’è da dire che nessuno dei numeri usciti fino a ora negli Stati Uniti è davvero pessimo, garantendo sempre e comunque grandi disegnatori – magari svogliati, ma comunque di talento – e il costante impegno di Waid per consegnarci un perfetto albo per lettori adolescenti, magari arrivati alla carta dopo aver scoperto la Marvel al cinema o in televisione.

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Riflettendo su questo aspetto era inutile sperare in bizzarre raffinatezze alla Agent of Atlas, tanto per citare una serie sviluppata per rimanere un titolo di nicchia proprio in virtù della sua natura di outsider. Qui il messaggio deve arrivare forte e chiaro a chi di dovere. Per questo non ho idea di come la possa prendere un preadolescente alla sua prima esperienza con i supereroi su carta, soprattutto considerando l’idea dietro al titolo. Autentico atto d’amore verso i fan più fedeli. Noi assidui frequentatori ci potremo anche divertire, forse in maniera troppo canonica rispetto a quello che ci si sarebbe aspettato, ma la mancanza di vero spessore e carisma si fa sentire. Non una serie da buttare quindi, ma un progetto speculativo e dal target ben preciso portato avanti nel migliore – forse fin troppo – dei modi possibili. Anche se questo implica una veste fondamentalmente usa e getta per idee che altrimenti sarebbero potute diventare davvero qualcosa di grosso.

S.H.I.E.L.D.
di Mark Waid e Aa. Vv.
Panini Comics, 2015
64 pagine, 2,90 cad.

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