L’elenco telefonico degli accolli non è una semplice raccolta di storie. Certo, è anche quello. Ma è la sua spina dorsale, il racconto cioè che tiene insieme tutto il libro, che contestualizza le storie, che dà loro una nuova dignità, quello che più lo identifica. E, mi permetto di dire, che più conta.
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Zerocalcare è maturato. Lo sappiamo tutti. E suona anche un po’ strano dirlo. Perché con lui siamo cresciuti anche noi – almeno io, e quelli della mia generazione. Se ha avuto fortuna è stato per il suo modo di raccontare e di porsi. È riuscito, nel corso dei suoi libri e delle sue storie, su carta o su internet, a farci ridere. A raccontarci, cosa ancora più importante, cose come i problemi di ogni giorno con il sorriso – non so se fosse questa, in origine, la sua intenzione; ma alla fine ci è riuscito comunque.
Ne L’elenco telefonico degli accolli, Zerocalcare riprende un discorso iniziato qualche settimana – forse mese – fa: è cambiato. E come lui, sono cambiate le persone che gli stanno attorno. Ed è normale, va benissimo così. L’importante è riuscire a capirlo: a capire che i problemi, “gli accolli”, ce li hanno tutti. Che non sei l’ultimo, ma uno dei tanti. Che come te ci sono altre persone. E in questo – passaggio fondamentale – non c’è una perdita di coscienza o di consapevolezza, men che mai di dignità. C’è, al contrario, una maturazione. Un approccio nuovo al mondo, alle cose e, pure, alle persone.
Chi conosce Zerocalcare – anche un pochino, anche dopo una chiacchierata veloce durante una sessione di disegni a qualche fiera del fumetto – sa che tipo sia, e lui non lo ha mai nascosto. Sicuramente, non lo nasconde ne L’elenco telefonico degli accolli. Fa un passo indietro (carico come sempre di ricordi, di persone, di momenti indimenticabili) e guarda il mondo da un’altra prospettiva. Più adulta. C’è sempre quel citazionismo estremo, costante, a Star Wars, Ken il Guerriero e a tutti i cartoni animati della sua – della nostra – infanzia. Si confessa, Zerocalcare. E lo fa in un modo così brillante, così sincero e così divertente, da catturare non solo l’attenzione, ma pure la simpatia del lettore. Che no, non si è ancora annoiato del “fenomeno” del fumettista di Rebibbia.
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Quando uno scrittore riesce in questo, cioè nel parlare apertamente con il suo pubblico, vuol dire che il passaggio a una nuova fase, non diversa ma intimamente più sentita, è avvenuto. E con Michele, questo è successo con Dimentica il mio nome. Ne L’elenco telefonico, i toni si abbassano – com’è giusto, perché è una raccolta di storie – ma, contemporaneamente, si tengono costanti. La freschezza del tratto, l’originalità delle trovate – quelle ci sono sempre. Ci sono pure i monologhi a cui ci ha abituato nel corso dei suoi libri; c’è, soprattutto, la schiettezza di chi ammette che “ho fatto così perché veniva meglio”. Un avanti-e-indietro costante, zigzagato, tra la quarta parete e quello che c’è dietro, il pubblico.
Una delle storie più belle de L’elenco telefonico degli accolli è, senza ombra di dubbio, quella del ‘Premio Brega’, alias del Premio Strega. Che riassume perfettamente il passaggio di cui parlavo prima: il confronto costante, talvolta forse ingigantito dallo stesso Zerocalcare, tra l’autore e i suoi lettori. Chi sono io, che cosa voglio fare, come vivo la mia vita. Tutto contestualizzato perfettamente – una messa a fuoco necessaria, quasi fondamentale, da cui ripartire. C’è Zerocalcare, ci siamo noi, c’è il resto del mondo. Dobbiamo trovare il nostro posto e capire, una volta per tutte, che quello che più conta è, innanzitutto, quello che pensiamo di noi stessi – una strada in salita, tappezzata di uova, sotto il carico di ricordi ed esperienze passate: è questo il regalo che ci fa, alla fine de L’elenco telefonico, Zerocalcare.
L’elenco telefonico degli accolli
di Zerocalcare
Bao Publishing, 2015
192 pagine, 17,00 €