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RecensioniNovitàPolpette Spaziali, la fantascienza secondo Craig Thompson

Polpette Spaziali, la fantascienza secondo Craig Thompson

Non posso negare di essere da sempre un grande fan di Craig Thompson, da quando rimasi folgorato da Blankets, un volume che mi colpì da post-adolescente, da un lato per la pennellata elegante, potente e sinuosa (che divenne un mio importante riferimento insieme a quella del quasi coetaneo Frederik Peeters), e dall’altro per una storia in grado di raccontare, tra le altre cose, i turbamenti del primo amore in maniera genuina. Crescendo – ammesso che a un certo punto si smetta di essere post-adolescenti – ho seguito l’evolversi della sua carriera, segnata in pratica solo da opere “spesse” (in senso sia fisico che metaforico), con un misto di ammirazione per la naturale capacità di raccontare attraverso le immagini, e una certa perplessità di fronte alle scelte di temi e punti di vista adottati.

Seppur non si possa negare che Carnet di viaggio e – soprattutto – Habibi siano dei fumetti ambiziosi, devo constatare come mi abbiano dato l’impressione di non riuscire del tutto nel loro intento, schiacciati forse dall’importanza degli argomenti trattati, con alcune conseguenti semplificazioni e stereotipizzazioni (sia per iperbole che per sottrazione), che in opere che dichiarano apertamente le proprie intenzioni sin dall’esordio possono essere dei peccati fatali. Il “germe” di questa tendenza si poteva forse già avvertire in Blankets, in cui la parte dedicata al rapporto con la religione e con la propria famiglia finiva per sbilanciare e appesantire un po’ troppo la narrazione nel suo complesso.

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thompson polpette spaziali

Questa lunga premessa per arrivare a sostenere che Polpette spaziali, il nuovo lavoro di Thompson, sembra recuperare invece lo spirito che aleggiava in Addio, Chunky Rice, fumetto d’esordio dell’autore: uno spirito forse più libero e giocoso, meno ossessionato dalla necessità di affrontare “monoliti tematici” come le religioni e relativi rapporti tra culture distanti.

Se c’è invece una cosa che caratterizza tutti i personaggi di Thompson, che siano inventati o che sia il proprio alter ego disegnato, è una costante ricerca e bisogno di amore, e una necessità di formarsi come individui senza però prescindere mai dalla relazione affettiva con chi è vicino e li accompagna.

In questo, Polpette spaziali non fa eccezione. La storia è ambientata in un universo fantascientifico abbastanza “sgarruppato”, come se fossimo in Star Wars e vivessimo nel porto spaziale di Mos Eisley sul pianeta Tatooine, e avessimo ben altri problemi da affrontare che stare a osservare Jedi e Impero che se la danno di santa ragione (procacciarsi il cibo e avere un tetto sotto cui dormire, per esempio). Ci sono esseri umani, ma anche numerose specie aliene di misteriosa provenienza: siamo insomma in un futuro che però potrebbe anche essere solo un altrove. La protagonista è Violet, una bambina vispa e sensibile, figlia di un’improbabile coppia, lei stilista e lui specie di camionista spaziale, con l’aspetto da boscaiolo tatuato. Non è una famiglia che se la passa particolarmente bene: vive in una sorta di “parcheggio per camper spaziali”, i genitori costretti a svolgere le rispettive mansioni lavorative in maniera alquanto precaria, e la figlia a passare da una scuola pubblica all’altra in conseguenza della devastazione portata da quella che è la specie dominante dell’universo, cioè le balene spaziali. Le suddette balene sembrano quasi essere un omaggio, ma forse si potrebbe parlare di ispirazione vera e propria, anche per il ruolo che rivestono nella storia, agli Ohmu (o Ohm) di Nausicaä della Valle del vento: esseri giganteschi e tendenzialmente pacifici, che però se provocati diventano feroci e implacabili.

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La vicenda entra nel vivo proprio perché in conseguenza dell’ennesima distruzione provocata dalle balene, il padre di Violet prende parte a un’operazione segreta, e finisce disperso. La giovane protagonista non vuole rassegnarsi alla scomparsa del padre, e fuggendo alla sorveglianza della madre si imbarca in un viaggio alla ricerca del genitore di cui non si hanno più notizie. Non sarà sola in questo viaggio, ma accompagnata da due altrettanto giovani amici conosciuti “in corsa”: Zaccheus ed Elliot, rispettivamente una specie di piccola zucchina arancione e un erudito pollastrello. I due amici svolgono il ruolo delle spalle comiche e degli aiutanti di Violet, mettendo comunque in scena due caratteri opposti: tanto è impulsivo e vitale Zaccheus, quanto è serio e introspettivo Elliot. Senza fare spoiler, la “quest” di Violet le permetterà di crescere, affermarsi, stringere importanti rapporti d’amicizia e capire qualcosa di più sullo spicchio di universo in cui vive.

Craig Thompson ha pensato questo fumetto per un pubblico diverso dal solito, più giovane. Non a caso negli Stati Uniti il fumetto è uscito presso la casa editrice Scholastic (decisamente non il classico editore di graphic novel), ma non per questo è venuta meno la cura certosina con cui affronta ogni propria opera: si percepisce chiaramente il grande lavoro nel concepire un universo narrativo e visivo ampio e coerente, e un gran numero di personaggi (oltre ai pochi citati) tutti caratterizzati in maniera singolare e definita, ognuno con un preciso ruolo nella storia, per quanto piccolo. Anche se la cosa che si nota al primo impatto è la presenza, per la prima volta, del colore: Thompson “pulisce” la propria pennellata fino al puro tratto (per quanto ricchissimo di dettagli) per lasciare massimo spazio all’estro di Dave Stewart, uno dei più noti coloristi statunitensi, vincitore di ben nove Eisner Awards. La gamma di colori è ricca, accesa, varia, ma ha la saggezza di non perdersi in virtuosismi gratuiti come spesso accade nel fumetto mainstream americano.

cutpanels

Avendo letto questo quanto i lavori precedenti di Thompson, mi verrebbe da dire che l’autore funziona meglio quando si prende meno sul serio, quando mette la storia e i personaggi davanti ai temi, e si fa trasportare dai primi. Non che Polpette spaziali sia un’opera perfetta, anzi, si avverte comunque un po’ troppo la presenza degli snodi narrativi obbligati e della macrostruttura che guida la storia in una certa direzione (oltre a una gestione del ritmo non del tutto ottimale, con una partenza lenta e un finale acceleratissimo), e la volontà dell’autore di toccare necessariamente certi argomenti e provare a suscitare determinate emozioni (nei personaggi e di conseguenza nei lettori), ma è una storia divertente e appassionante, che si fa leggere con piacere, sia dagli adulti che da quella fascia d’età tra i 9 e i 13 anni che quasi nessun fumettista sembra abbia il coraggio di affrontare.

E comunque anche quando si fanno le recensioni dei film della Pixar le criticità che emergono sono queste, o no?

Polpette spaziali
di Craig Thompson
Rizzoli Lizard, 2015
320 pagine, 35 €

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