Uno dei simboli che hanno accompagnato la campagna di solidarietà e sensibilizzazione ruotata attorno agli attentati di Parigi di venerdì 13 novembre, è l’immagine sottostante, intitolata Peace for Paris, diventata in poche ore virale in tutta la rete.
Una semplice silhouette della Torre Eiffel inserita all’interno del simbolo della pace, tratteggiata a pennello, segno di immediatezza, spontaneità, senza mediazione, dalla mano dell’artista al foglio, e poi nella rete.
Peace for Paris pic.twitter.com/ryf6XB2d80
— jean jullien (@jean_jullien) 13 Novembre 2015
Il logo è opera del trentaduenne Jean Jullien, un illustratore francese residente a Londra. Appena appresa alla radio la notizia degli attentati, Jullien ha realizzato l’illustrazione, condividendola immediatamente su Twitter, Instagram e Facebook. Nel giro di poche ore è diventata simbolo di solidarietà verso la Francia intera, passando prima dalla rete e poi arrivando ad adornare gli striscioni lasciati sui luoghi colpiti (la CNN ha raccolto una galleria di forme in cui è stato usato il logo in questi giorni a Parigi).
Il disegno di Jullien è in pratica diventato il nuovo “Je Suis Charlie” (motto/logo nato dopo la strage di Charlie Hedbo dello scorso gennaio), muto e ancora più forte –possibilmente – dell’hashtag #prayforparis. Sì, perché quest’ultimo è stato fonte alcune critiche, tra cui quella del fumettista francese Joann Sfar (espressa con una vignetta), secondo il quale non è tanto di preghiere che ha bisogno la Francia, ma di gioia (in riferimento ad alcuni luoghi colpiti dall’attacco terroristico: un ristorante e una sala concerti, in un venerdì sera).
La comunicazione visiva di Jullien è stata più forte delle parole, le ha superate, riuscendo a unire senza confini, né linguistici, né di sfumature concettuali. Jullien è illustratore professionista, a Parigi ha conoscenti e colleghi. In merito alla popolarizzazione del suo logo e su come è nato, ha dichiarato alla CNN: «Io disegno. È questo il modo in cui mi esprimo. La prima reazione che ho avuto a quell’orribile violenza è stata un bisogno di pace». Il logo nasce come «una reazione diretta e spontanea», non mediato né da «schizzi o nient’altro di preparatorio». Tutto si è svolto velocemente, in modo spontaneo, mentre la conta delle vittime saliva, e seguire i feed news dei social network era il modo più efficace per rimanere aggiornati. Il suo logo è stato condiviso da ogni tipo di utente. Dopo quattro ore su Twitter si contavano 16.000 retweet dall’account personale di Jullien; dopo 24, il numero è salito a 53.000; mentre su Instragram, il post dopo 24 ore ha ottenuto 13 milione di “mi piace”.
A renderlo davvero virale, però, è stata cruciale la condivisione di un account Twitter fan di Banksy (ma anche su Instagram sempre da Therealbanksy) a partire dalla quale, sia celebrità che persone comuni lo hanno notato e condiviso a loro volta. E da lì è nato il fraintendimento: sia gli utenti che i media hanno attribuito erroneamente l’illustrazione a Banksy. Poche ore dopo, Banksy (quello vero) ha tenuto a precisare di non essere presente ufficialmente sui social network. Di fatto, il tweet del profilo “Therealbanksy” non era accreditato a Jean Jullien, e non era un retweet di quello originale, solo il post Instagram riporta il tag @jeanjullien.
Eppure, Jullien pare non aver preso affatto male questa sorta di plagio (che, tutto sommato, ha contribuito alla sua popolarità). «Non l’ho fatto per trarne guadagno. È stata solo la mia reazione spontanea cittadino, non di professionista. Non hanno importanza i credit», ha dichiarato al New York Times. Ai tanti che gli han chiesto il permesso di riprodurre il logo su magliette e gadget ha risposto: «purché i profitti vadano alle famiglie delle vittime». Ed è lecito dubitare che la libera diffusione dell’immagine – per forza di cose finalizzata anche al profitto – possa davvero andare solo a vantaggio delle vittime.
In tutto questo, suona quasi strano il comportamento corretto e alla luce del sole di un giornalista della CNN, che con un tweet ha chiesto al diretto interessato il permesso di usare l’immagine sul canale tv.
Questa è la @CNN. @iltommi #Paris #Parigi pic.twitter.com/mGW3g4I1Hp
— nonleggerlo (@nonleggerlo) November 14, 2015
Buona parte del resto della stampa ha seguito il flusso di tweet e link associando l’immagine a Banksy, un nome che fa sempre notizia quando produce una nuova opera. A ora, sono seguite rettifiche, edit e titoli cambiati. Due esempi, uno più attento alle realtà del web e l’altro più tradizioneale: in Italia, l’Huffington Post titolava “Banksy, la vignetta dedicata ai fatti di Parigi: la Tour Eiffel nera inscritta in un cerchio come simbolo di pace”, editato poi in “La vignetta dedicata ai fatti di Parigi: la Tour Eiffel nera inscritta in un cerchio come simbolo di pace”; mentre il Quotidiano Nazionale resta online col primo titolo errato: “Peace for Paris’: il logo di Banksy simbolo dell’attacco di Parigi”.