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FocusDKIII – The Master Race #2: Cos'è successo al Cavaliere Oscuro?

DKIII – The Master Race #2: Cos’è successo al Cavaliere Oscuro?

Nonostante le feste, la distribuzione di fumetti negli Stati Uniti, non trova sosta, e due giorni prima di Natale, il 23 per l’esattezza, le fumetterie americane hanno visto consegnarsi il secondo numero di The Dark Knight: The Master Race, la nuova miniserie che esplora il mondo del Cavaliere Oscuro di Frank Miller (in questo caso coadiuvato da Brian Azzarello ai testi e da Andy Kubert e Klaus Janson ai disegni).

Il primo numero – che qui abbiamo analizzato – ha venduto più di 440.000 copie, un risultato discreto per un fumetto dall’elevato prezzo di copertina (5,99 dollari), anche se in parte ‘falsato’ dalla presenza di ben 55 variant cover (in questo caso, invece, le versioni alternative dell’albo sono state molte meno). Tanto è bastato per risultare l’albo più venduto di novembre, davanti anche alle collane di Star Wars, unico albo DC Comics nella top ten del mese, e tra i top selling assoluti dell’ultimo decennio.

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Episodio II:

L’episodio si apre nell’esatto punto in cui si era chiuso il primo, ma dopo una sola pagina assistiamo a un salto temporale in avanti di 27 giorni. Carrie Kelly è ora in prigione, e a interrogarla troviamo il commissario Ellen Yndel.

Carrie non parla, ma quando rimane da sola la sua mente corre agli eventi che hanno portato alla morte di Bruce Wayne, preannunciata alla fine del primo albo, in una soluzione narrativa un po’ antiquata, con lo stacco temporale indicato nella didascalia e la narrazione che prosegue tramite flusso interiore.

Dopo aver scoperto com’è morto Bruce, l’apparizione di una Bat-mobile sempre più simile a un mezzo corazzato e lo svelamento dei probabili “cattivi” della vicenda, si arriva a un nuovo cliffhanger finale, più ruffiano di quello dell’albo precedente, ma comunque dotato di un discreto impatto emotivo. Il problema vero però è che la storia è ancora molto decompressa, e dopo due albi riusciamo a malapena a scorgere la possibile direzione della trama.

Più interessante invece il nuovo minicomic allegato, che offre un confronto fisico e verbale tra Wonder Woman (sempre con in spalla il neonato Jonathan, di cui non si sa ancora chi sia il padre, anche se qualche idea ce l’abbiamo) e sua figlia Lara, entrambe caratterizzate con l’accetta, ma in modo funzionale alla brevità della narrazione. Oltretutto, i disegni di Eduardo Risso per questa breve storia appaiono più spontaneamente milleriani di quelli di Andy Kubert per il racconto principale, che sembrano invece volerlo essere a forza, con un effetto a tratti posticcio.

E i due racconti offrono un parallelismo: per ora i “World’s Finest” Batman e Superman sono rimasti in disparte, e a reggere la scena sono state le loro eredi, Carrie (figlioccia di Bruce Wayne) e Lara (figlia vera e propria di Kal-El e Diana), più asservita la prima, più ribelle la seconda, che rivendica il proprio paterno retaggio kryptoniano. In attesa dell’ingresso in scena degli illustri predecessori, si tratta di una variazione non troppo originale, ma per ora gradevole.

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Annotazioni sparse:

– Come si può notare dalla tavola qui sopra, i disegnatori riprendono il gioco di ombre sui volti dei personaggi già presente nelle prime pagine di Il ritorno del Cavaliere Oscuro. In quel caso erano le finestre di Villa Wayne a proiettarsi sul viso di Bruce, in questo caso sono le sbarre della cella a ricoprire quello di Carrie. Mentre nella versione originaria però si trattava anche di una soluzione metanarrativa (con la griglia della pagina che si imponeva sul volto del protagonista in attesa di essere definitivamente infranta dall’ingresso in scena del pipistrello), qui il gioco sembra molto più fine a se stesso.

– Altro chiaro rimando è offerto dalla scena della morte di Bruce Wayne, in cui la rappresentazione grafica del suo battito cardiaco si sovrappone al disegno, come sul finale della saga originale, in cui Superman coglieva con il suo superudito la falsità della sua morte. C’è anche un richiamo a Il Cavaliere Oscuro colpisce ancora, dato che la morte viene ricollegata allo scontro fisico con il deforme Lex Luthor lì presentato.

– Per la prima volta nella miniserie viene mostrata una panoramica di Gotham, dall’aspetto molto più avveniristico rispetto ai capitoli precedenti della saga.

– L’apice della storia è probabilmente toccato dalle ultime parole di Bruce, che riassumono in modo esemplare tutta la sua vita e il senso dell’essere Batman con un’estrema sintesi: «My… my parents. They died togheter. Believe it or not, I took some solace from that. I… I always thought I’d die alone.» («I miei… i miei genitori. Sono morti insieme. Sei libera di non crederci, ma ho sempre trovato un po’ di sollievo in questo. Ho… ho sempre pensato che io sarei morto da solo.»)

– A proposito invece di quelli che potrebbero essere i nemici della situazione (la “razza superiore”  del titolo della miniserie, a quanto pare), ci troviamo davanti a una situazione già vista più volte: invasori Kryptoniani che vogliono sfruttare i superpoteri derivanti dal sole rosso della Terra per trasformare il nostro pianeta in nuova Krypton. La novità è che in questo non si tratta di una casta militare o scientifica, come più volte in passato (compreso il film L’uomo d’acciaio di Zack Snyder), ma religiosa. Vedremo nei prossimi numeri cosa queste implicazioni potrebbero comportare: visti i precedenti di Miller, ci auguriamo di poter scongiurare una presa di posizione anti-musulmana.

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