Giulia Sagramola, o gli incendi di un’adolescenza in estinzione

Ammetto che ero molto curioso di leggere la prima opera lunga di Giulia Sagramola, Incendi estivi (QUI un’anteprima). Nota soprattutto per le proprie illustrazioni e per il lavoro fatto con l’etichetta autoprodotta Teiera (per la quale ha pubblicato numerose storie brevi), la trentenne illustratrice e fumettista fabrianese non si era ancora dedicata però al graphic novel (se si esclude l’autobiografia d’infanzia Bacio a cinque, pubblicata nella collana Gli anni in tasca Graphic di Topipittori).

Conosco Giulia almeno dai tempi di Self Comics, e ho quindi seguito la sua crescita artistica e professionale negli ultimi dieci anni. Devo perciò ammettere un’altra cosa: sebbene sia legato a lei da un rapporto di stima e affetto, ero anche spaventato all’idea di immergermi nella lettura di Incendi estivi. Il “romanzo a fumetti”, come sappiamo, può anche rappresentare un passo più lungo della gamba, per chi da sempre è abituato a confrontarsi con formati più brevi. Per fortuna, invece, non ne sono rimasto deluso. E anzi, penso che l’opera della Sagramola ponga una serie di interrogativi sul raccontare l’adolescenza con il fumetto, quanto mai urgenti e attuali.

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Innanzitutto è una bella coincidenza che questo lavoro sia uscito quasi in contemporanea con L’estate scorsa di Paolo Cattaneo (Canicola), un libro che parla anch’esso di estate, di incendi, ma soprattutto di adolescenza a cavallo del millennio. I due autori sono divisi da pochissimi anni, e condividono un immaginario pressappoco comune, ma scelgono di raccontarlo in modi non solo diversi, ma proprio agli antipodi, come se fossero le due facce della stessa medaglia. Tanto Cattaneo riempie le proprie tavole di dettagli, di rumori, di segni, lavorando di addizione costante e scatenando continue “madeleine” nel lettore più o meno trentenne, quanto Sagramola sceglie di procedere per sottrazione e astrazione (per un approfondimento su L’estate scorsa vi rimando alla recensione di Valerio Stivé).

Perché astrazione e sottrazione, insomma? Incendi estivi racconta l’estate di Rachele, un’adolescente di una città di provincia che ha appena terminato la quarta superiore. Non ci sono grandi avventure nell’estate di Rachele, né eventi catartici, o un finale a sorpresa condito da un repentino twist narrativo. Ci sono invece degli incendi in collina, ben visibili dal centro abitato, che però rimangono sullo sfondo della narrazione; e c’è la breve relazione sentimentale col coetaneo Stefano, che accompagna i ritmi rallentati della bella stagione. Intorno a loro due, le vicende che riguardano Sabrina, sorella di Rachele, e tutte quelle dei membri della compagnia di amici e dei compagni di classe.

Sottrazione perché saggiamente l’autrice sceglie di non prendere le parti della protagonista, supportandola con la voce narrante (cosa che ad esempio risultava pesante e forzata ne Il muretto di Fraipont e Bailly), ma di limitarsi a osservare e riprendere dall’esterno il comportamento e le parole dei propri personaggi. Il che mi sembra renda così un buon servizio al racconto dell’adolescenza, che se è caratterizzata da grandi monologhi interiori, lo è allo stesso tempo dall’afasia, dall’incapacità di comunicare correttamente agli altri il proprio sentire, dalla scontrosità e dall’incostanza (per non dire dell’estrema difficoltà che comporterebbe il raccontare in maniera viva e realistica la ‘voce’ di un adolescente). Sottrazione anche perché, venendo meno i “grandi eventi”, l’autrice decide di sottolineare i piccoli momenti di cui si nutrono le relazioni umane, legati soprattutto agli sguardi e al contatto fisico: il sesso è un elemento ben presente in Incendi estivi, ma non come una meta lontana o un fine del desiderio ipercaricato di senso e significato, bensì come qualcosa di presente e reale, direi “normale”, nella vita di un diciottenne qualunque.

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Sebbene non avvenga nessuna “grande avventura”, è percepibile una crescita della protagonista nel corso della storia: il fumetto inizia con Rachele alle prese con le guide per la patente, accompagnata dal padre, e (moderatissimo spoiler) sul finire dell’estate e dell’opera riuscirà a ottenere la patente di guida. Potrebbe sembrare una sovrainterpretazione, ma il percorso che porta a ottenere quel documento che permette di emanciparsi dalla famiglia assurge a simbolico rito di passaggio verso l’età adulta (il primo dei tanti possibili, perlomeno), in parallelo con gli esiti della relazione tra la protagonista e Stefano.

Tuttavia, ciò che mi ha colpito di più è la gestione dei ritmi narrativi che Sagramola riesce a imporre all’opera, attraverso una gabbia abbastanza costante a quattro vignette (alternata a tavole composte da sei vignette, e altre invece riempite da sporadiche splash page): i tempi dei dialoghi e degli sguardi seguono uno sviluppo chiaro e ben scandito, così come quelli dedicati alla sospensione, all’attesa e ai momenti morti, sottolineati da dettagli e campi lunghi, in un mix che accompagna ed enfatizza le dinamiche della storia che viene raccontata. Semmai si potrebbe sospettare che talvolta l’uso di questi momenti di interludio tenda all’esercizio di stile, alla volontà di rendere fin troppo palpabile il ruolo e le scelte dell’autrice.

Il ritmo si appoggia poi sul segno, che lavora appunto sull’astrazione, sull’iconicità: tanto i personaggi del sopraccitato Cattaneo sono un’esplosione di tratti di matita (gote arrossate, brufoli, pettinature quasi capello per capello, sneaker e abbigliamento filologicamente rappresentati), quanto quelli di Sagramola sono rappresentati in maniera essenziale, con pochissime linee di matita pastosa, e in cui gli unici riferimenti stilistici sono alle scarpe Converse e alle band musicali i cui loghi appaiono sulle magliette dei vari personaggi.

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Tutto questo mi porta a un ultimo (grande) quesito che, probabilmente va al di là di Incendi estivi o de L’estate scorsa. Ovvero: l’adolescenza messa in scena da Cattaneo e Sagramola è forse l’ultima raccontabile attraverso i fumetti?

È normale che autori nati nella prima parte degli anni Ottanta si rifacciano al proprio vissuto, nel momento in cui scelgono di raccontare questa fase della vita. Ma siamo certi che sia una scelta del tutto “naturale”? O forse, essa dipende anche dal fatto che la loro sia stata l’ultima adolescenza dell’umanità vissuta prima dell’avvento di massa di internet e smartphone?

In entrambi i fumetti appaiono infatti i telefonini, ma al massimo inviano sms (cioè qualcosa di graficamente rappresentabile senza troppe difficoltà). L’adolescenza contemporanea è fatta anche di chat, di conversazioni via etere, di social network, di app, e più in generale di una nuova quota di “immaterialità” che rischia di sfuggire alle possibilità del disegno (ammesso che si voglia evitare una riproposizione di stampo fotografico, un po’ pacchiana). Se la scelta di Cattaneo è stata dettata anche dalla volontà di raccontare specificamente gli anni Novanta, e di rivolgersi a un pubblico di suoi coetanei, richiamati dal fattore nostalgia, la storia di Sagramola potrebbe benissimo avere  luogo ai giorni nostri, e funzionare con gli adolescenti d’oggi, se non fosse per il fattore “digitale”. Un aspetto tutt’altro che secondario e decorativo, considerato quanto le tecnologie digitali e i social media hanno spostato il baricentro della comunicazione interpersonale e della rappresentazione che se ne fa nelle narrazioni.

Forse, si tratta solo di aspettare che una nuova generazione di autori trovi la strada giusta per includere questi elementi nei propri racconti di adolescenza. Ciò non toglie che una ragazza in pena possa addormentarsi guardando lo schermo che rimane disperatamente nero del proprio telefono, appoggiato sul cuscino. Oggi, in fondo, come già quindici anni fa.

Incendi estivi
di Giulia Sagramola
Bao Publishing, 2015
208 pagine, 18,00 €