La Compagnia della Forca, “un classico che tutti devono vedere e rivedere”

La serie originale de La Compagnia della Forca esce in diciotto episodi in formato tascabile, dall’aprile del 1977 al settembre dell’anno seguente, mentre un numero speciale doppio, che chiude le trame rimaste in sospeso, esce nel luglio del 1979. Da allora, la Compagnia è stata ristampata in tre occasioni.

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La copertina del secondo volume dell’integrale Rizzoli Lizard

La prima in ordine di tempo, riproposta anche nell’edizione Rizzoli Lizard, è quella edita da Alessandro Distribuzioni, che inizia nel 1986 ripubblicando il già raro episodio conclusivo della collana, per poi riprendere dai numeri iniziali e terminare nel 1995. Le tavole a due vignette del tascabile erano state «rimontate» dallo stesso Magnus, al fine di adattarle al nuovo formato 24×34. Nel frattempo, tra il 1992 e il 1994, la bolognese Granata Press pubblica tutta la serie in venti albi tascabili all’interno della collana Magnus Schegge, che ripropone inoltre i primi sei albi de Lo Sconosciuto.

Da ultimo, tra il 2005 e il 2006, Panini Comics propone una nuova ristampa, sempre in formato tascabile, in soli dieci albi, ognuno dei quali contiene due degli episodi originali. Tutte e tre le collane hanno avuto un buon seguito (per Granata si parla di una tiratura media di ottomila copie a numero, per Panini di diecimila), garantendo una costante presenza in libreria: una prova di affetto da parte del pubblico verso una serie che alla prima apparizione aveva chiuso tutto sommato in maniera ingloriosa, se pensiamo che l’episodio finale conteneva gli ultimi sei albi di una serie che prevedeva ventiquattro puntate. Un chiaro segno anche della trasformazione degli stessi lettori, per i quali la narrazione storica ‘comparata’, come lo stesso Magnus definiva il dispiegarsi dell’avventura per luoghi diversi, era divenuta un genere ormai codificato e di largo successo.

D’altra parte, gli autori hanno dimostrato di credere al valore della Compagnia e soprattutto alla sua capacità di poter attrarre anche un pubblico diverso da quello che frequentava le edicole e oggi le fumetterie. Lo prova anche il tentativo portato avanti soprattutto dagli eredi Raviola di realizzarne una serie animata, messo in campo a fine anni Novanta con la collaborazione dello studio romano Musicartoon. Dell’iniziativa rimane un pilot in inglese di qualche minuto, diretto dal regista Enrico Paolantonio: un cartoon progettato per il mercato internazionale, e proprio per questa ragione tradotto come e Company of the Gallows. Ma forse ancora più rivelatrice è la serie TeleMontBlanc, pastiche pensato per la Edifumetto di Renzo Barbieri, inedito fino al secondo volume dell’edizione Rizzoli Lizard della Compagnia (vedi alle pp.373-393).

@ Rizzoli Lizard
© Rizzoli Lizard

A metà anni Ottanta, Magnus era ormai lanciato verso una visione dell’editoria ben lontana dai tascabili delle origini: era entrato da protagonista nella rivoluzione del ‘fumetto d’autore’, che per l’artista bolognese comincia dalle ultime puntate de Lo Sconosciuto e prosegue fino a Le femmine incantate e Lunario. Assieme all’editore milanese continua però a collaborare alla collana Necron, i cui ultimi due numeri appaiono rispettivamente nel 1983 e nel 1985. Ed è proprio in quel torno di tempo, con la ristampa di Alessandro Distribuzioni di là da venire, che il duo Magnus & Romanini imbastisce il soggetto e le prime bozze di TeleMontBlanc.

L’idea prende forma con la diffusione delle televisioni libere di quegli anni. Tra il 1984 e il 1985, appare il cosiddetto ‘Decreto Berlusconi’, una serie di tre decreti legge emanati dal governo Craxi che di fatto abilita la trasmissione delle reti private su scala nazionale. Al contempo, programmi come Drive In (1983-1988) diventano dei fenomeni di costume e aumentano a dismisura la visibilità di queste emittenti. Gli autori pensano di rimaneggiare i singoli episodi della Compagnia in modo da inserire stacchi pubblicitari e trasmissioni di una fantomatica TeleMontBlanc, in modo che per la serie «l’assunzione [risulti] facilitata».

A talfine, i due autori preparano siparietti e loghi, inserendo fra questi anche la pantera, simbolo della Edifumetto. Gli intrattenitori di questa improbabile ‘antenna ducale’ sono il messo imperiale, reso più ‘pupazzettoso’ rispetto alla versione originale, e il suo scudiero Rosencranz, trasformati per l’occasione in improbabili registi per volontà di un fantomatico tycoon, proprietario della rete. Le vignette avrebbero dovuto avere una forma stile ‘schermo televisivo’, impattando anche graficamente sulla presentazione di alcune tavole, come si vede fin dalla pagina di apertura del primo episodio. Della collana prevista, a noi rimangono solo le matite di quello che avrebbe dovuto essere l’adattamento del quattordicesimo episodio della serie originale, Il tappeto volante.

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© Rizzoli Lizard

Il numero dei bozzetti sopravvissuti per la copertina del primo volume testimonia un impegno non casuale. Lo conferma anche l’intenzione di provare a ristamparla a colori, secondo il racconto dello stesso Giovanni Romanini, mediante un particolare procedimento di colorazione applicato direttamente su lucido, effettuato per prova sulla tavola 28 del secondo episodio, Il castellano Sparviero. A un certo momento, possiamo anche supporre che sia comparsa l’idea di proporre albi che contenessero due delle storie originali, se prendiamo in esame una copertina inedita per un volume destinato a raccogliere gli episodi Gli schiavi di Punis e Il tappeto volante, attraverso un’immagine che, una volta modificata, sarebbe diventata la copertina del settimo volume della serie di Alessandro Distribuzioni, Quelli schiavi e quelli bravi.

Da lì a poco, il progetto sarebbe stato superato proprio dall’edizione targata AD, forse per la difficoltà di riadattare gli altri episodi, o forse perché gli autori erano tentati dalle possibilità gra che della riproposta in grande formato. Le tavole di TeleMontBlanc restano comunque una prova della particolare attenzione verso una storia, Il tappeto volante, che meglio di altre testimonia la volontà degli autori di rendere le avventure della Compagnia della forca un esempio di ‘storia comparata’, e che quindi ben illustra le ambizioni della serie. E ancora, quelle tavole ci restituiscono la memoria di un periodo di transizione della nostra storia nazionale, nel quale le televisioni private potevano ancora essere un simbolo, per quanto già ammaccato, di evasione e libertà.


*Questo testo è la postfazione al volume La compagnia della forca: 2 edito da Rizzoli Lizard. Qui riprodotto per concessione di Rizzoli Lizard e Fabio Gadducci.