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FocusLa storia della morte di Robin, decisa da un sondaggio telefonico

La storia della morte di Robin, decisa da un sondaggio telefonico

Gli autori di Batman si dividono in due categorie: quelli che considerano Robin un elemento fondamentale del mito, e quelli che lo vedono come una reliquia del passato, un personaggio che servì all’epoca per portare un po’ di colore nelle storie, ma ormai anacronistico.

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Al cinema, dal 1989 ad oggi, l’unico ad avere avuto il coraggio di introdurre il pettirosso senza patemi è stato Joel Schumacher. Sì, proprio quello della bat-carta di credito e dei costumi con i capezzoli – e quindi no, non fa testo.

Di motivi per non amare Robin, insomma, ce ne sono eccome.

Diciamoci la verità: uno vuole fare il Cavaliere Oscuro, che si veste da pipistrello e si cela tra le ombre della notte per incutere il terrore nel cuore dei criminali … e poi si porta in giro un ragazzino vestito di giallo rosso e verde? E poi, è colpa di Robin – per la verità, anche un po’ dell’imperturbabile Alfred – se ogni tanto qualcuno tira fuori pettegolezzi sull’intimità dell’Uomo Pipistrello. Voci difficili da eliminare anche se hai la fama di playboy. Robin è un personaggio in qualche modo associato alla vena più camp e comica dell’Uomo Pipistrello; naturale quindi che, quando qualche autore desideri approcciare Batman in toni e modi più maturi, tenda a liberarsi di questo ragazzino-con-costume-sgargiante.

Prima di parlare della ‘morte’ di Robin, tuttavia, conviene ripercorrerne la vita (editoriale, almeno).

Da Meraviglia a delinquente

Dopo essere stato introdotto nel 1940 da Bob Kane (con Bill Finger e Jerry Robinson), Robin, alias il giovane trapezista Dick Grayson, rimane accanto a Batman fino alla sua partenza per il college, nel 1969. In quegli anni gli allora autori principali delle testate batmaniane, Denny O’Neil e Neal Adams, lo confinano in una serie di storie tutte sue, dove viene promosso da Ragazzo ad Adolescente Meraviglia. E soprattutto dove non può combinare danni: mentre le avventure dell’Uomo Pipistrello ritornano alle atmosfere noir degli esordi, le vicende di Robin appaiono in una sezione distinta e autonoma, posta sul retro di Detective Comics.

Lungo tutti gli anni Settanta le apparizioni di Robin saranno piuttosto sporadiche. Ma ritornato al bat-ovile negli anni Ottanta, per Dick non è più tempo di mutandoni verdi e mantelli gialli. Robin è cresciuto e non ha più bisogno di un Batman accanto: è il momento di assumere una nuova identità (e un mullet di prima categoria) diventando Nightwing.

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Dick Grayson, da ragazzo Meraviglia ad adulto con mullet

La solitudine di Batman non dura a lungo, perché tutto sommato c’è chi pensa che Batman abbia bisogno di un Robin. Basta trovare un nuovo orfanello da aiutare, nella fattispecie un ragazzo di nome Jason Todd, introdotto nel 1983. Passa qualche anno: l’universo DC Comics viene sconvolto da un cataclisma chiamato Crisis on Infinite Earths. È l’occasione per fare ordine nel multiverso DC: cancellare i troppi mondi paralleli accumulati negli anni, accoppare Flash e Supergirl e azzerare decenni di continuity ormai diventata troppo pesante e complessa da leggere, nonché da gestire.

Passata la Crisi, nel 1987 Batman incontra di nuovo il giovane Jason, reimmaginato come un giovane delinquente che tenta di rubargli le gomme della Batmobile… Come non considerarlo il soggetto ideale per diventare il secondo Robin? All’inizio i metodi rigorosi di Batman sembrano fare breccia e Jason sembra scavezzacollo e spensierato come il suo predecessore di quarant’anni prima.

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Jason Todd dopo Crisis, mentre tenta di derubare Batman

A detta dell’editor di allora Denny O’Neil (quello che aveva spedito il primo Robin al college), Jason è però il classico caso di personaggio che assume una vita propria. Lui e gli sceneggiatori non avevano coscientemente deciso di trasformarlo in un rompiscatole: è successo un po’ alla volta, e nel giro di qualche mese l’allegro Robin diventa un giovane problematico, in uno stillicidio che culmina con l’omicidio a sangue freddo di uno stupratore; un uomo che nemmeno Batman potrebbe toccare, perché protetto dall’immunità diplomatica. Robin però se ne frega e lo accoppa comunque, affermando che sia semplicemente scivolato dal balcone.

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Robin appena prima di accoppare un cattivo

La tragica e paradossale gestione di Jim Starlin

Robin che uccide: è un punto di non ritorno, oltrepassato il quale bisogna prendere provvedimenti. Arriviamo così a Una morte in famiglia, saga degli anni Ottanta da poco riproposta nella nuova collana DC Best da RW/Lion. Ai testi troviamo Jim Starlin, già creatore di Thanos e ‘assassino’ di Capitan Marvel, all’epoca passato da non molto alla DC. Ai disegni il veterano Jim Aparo, solido professionista qui non al massimo della sua forma. Il suo Batman di quel periodo ricorda molto Neal Adams, solo più legnoso e con seri problemi nella caratterizzazione dei volti maschili, che si basano tutti sullo stesso pattern, con scarse variazioni. La trama, sviluppata originariamente in quattro puntate su Batman 426 – 429 (1988-89), è presto detta.

Dopo l’ennesimo comportamento sconsiderato Jason viene messo in punizione da Batman. Per passare il tempo il giovane mariuolo ritrova per caso dei documenti grazie a cui scopre che la sua vera madre potrebbe essere ancora viva. Logico che decida di partire per cercare di ritrovarla; prevedibile che Batman gli si metta alle calcagna. Le indagini conducono i due in Medio Oriente, dove (pura coincidenza, naturalmente) si trova il Joker che, dopo la ennesima evasione, compiuta creando il suo letale gas – nota tecnica: mescolando detersivi – si ritrova in bolletta. Per sua fortuna si ritrova giusto in cantina un missile cruise da piazzare agli amici terroristi, con cui raggranellare qualche spicciolo. Nella compravendita è coinvolta anche la dottoressa Sheila Haywood, una delle candidate al titolo “Vera madre di Robin 1988”. Ed in effetti – sorpresa – la vera madre di Jason è proprio lei; ma i due non fanno in tempo a riunirsi che vengono catturati dal Joker, il quale teme che mammina possa spifferare qualcosa dei suoi traffici in Medio Oriente.

Dopo avere massacrato a sprangate Jason/Robin e averlo rinchiuso in una casa piena di esplosivo assieme alla ritrovata genitrice, la terza puntata si chiude, in modo decisamente originale, con la versione comic book del “televoto”. La pagina incriminata la trovate qui sotto – ma non precipitatevi a chiamare, perché il centralino, ormai, non funziona più.

La pubblicità ammazza Robin
La pubblicità ammazza Robin

Cosa era accaduto?

Che a Jim Starlin Robin non piaceva nemmeno prima, figurarsi da quando era impersonato dal problematico signorino Jason. Liberarsi di lui era diventata quasi una missione: quando DC Comics vuole produrre un albo speciale sul tema dell’AIDS, Starlin suggerisce di far ammalare il nuovo Ragazzo Meraviglia, e quando alle alte sfere viene in mente di sperimentare il sondaggione telefonico e ci si chiede chi porre sulla gogna, propone a gran voce “Robin! Robin!”.

Il sondaggio si chiuse con 5343 voti contro e 5271 a favore: Robin è condannato, anche grazie, a detta di Denny O’Neal, all’intervento di un tizio che aveva programmato un computer per chiamare automaticamente il numero della morte ogni novanta secondi per otto ore. Se questa storia fosse vera, avremmo trovato qualcuno che detestava Robin più di Jim Starlin.

Prima di passare a vedere cosa accadde DOPO la morte di Robin, concentriamoci un attimo sull’altrettanto tragica storia di cosa capita al malcapitato Jim Starlin, dopo avere finalmente coronato il suo sogno di accoppare il secondo Ragazzo Meraviglia. Gli va riconosciuto che era pronto anche alla malaugurata possibilità che il piccolo birbante potesse sopravvivere: venne persino preparata una pagina alternativa di Batman #428, in cui il Pipistrello ritrovava il suo pupillo ancora vivo.

Le due versioni di 'Batman' #428
Le due versioni di ‘Batman’ #428

Usciti gli esiti del sondaggio, Starlin tirò un sospiro di sollievo e si preparò a scrivere le storie di un Batman finalmente Robin-free. Scoprì però ben presto che dietro la dipartita si nascondeva un trappolone: c’era tanto, tanto merchandising con Robin sopra che non poteva più essere venduto perché Robin non c’era più, e tutto ciò era un guaio. Starlin divenne nel giro di due mesi persona non grata e, tristemente, capro espiatorio: fino a quel momento Denny O’Neil si era preso il merito dell’intera faccenda, ma quando le cose precipitarono, la colpa divenne tutta di Starlin, che venne licenziato. Forse ai piani alti non avevano letto con sufficiente attenzione la storia, perché – oggi possiamo dirlo – un autore che riesce a confezionare una vicenda simile cercando pure di rimanere serio, merita tante cose belle e una promozione.

Torniamo dunque a quel capolavoro di sottigliezza ed eleganti soluzioni narrative intitolato Una morte in famiglia per vedere insieme cosa succede dopo la prematura dipartita di Jason Todd.

Robin dopo la ‘morte’, e la geopolitica camp

Dopo aver ritrovato il corpo del suo pupillo tra le macerie, Batman si mette in cerca del Joker perché vuole vendetta, ignaro però che nel frattempo il suo arcinemico sia stato avvicinato dall’Ayatollah Khomeini in persona, che ha deciso di nominarlo nuovo ambasciatore dell’Iran alle Nazioni Unite. Il Joker accetta, ben lieto di poter compiere qualche massacro protetto dall’immunità diplomatica.

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La guest star dell’episodio: Khomeini, il nuovo datore di lavoro del Joker

Ad impedire che il Cavaliere Oscuro faccia qualche sciocchezza, il governo USA chiama Superman, qui in versione boyscout-patriota-yesman del Presidente. A sbloccare la situazione ci pensa lo stesso Joker, che pensa bene di avvelenare le Nazioni Unite con il suo gas mortale. Chissà se questo atto di straordinaria maturità politica era stato concordato con Khomeini. Superman si incarica di salvare tutti e, travestito da guardia giurata con tanto di baffoni alla Super Mario, aspira tutto il venefico gas e vola via (probabilmente, chissà, per scaricarlo su qualche stato-canaglia). Batman nel frattempo insegue Joker che fugge in elicottero; volano pistolettate, il cattivo è ferito e il velivolo precipita in mare. Batman si salva grazie a Superman (sperando che non gli scappi un ruttino al gas Smilex), mentre  il Joker è apparentemente morto (ahahah, come no!)

Ironia a parte, Una morte in famiglia è una storia figlia degli anni Ottanta, e si vede: solo allora avrebbe potuto essere concepita un racconto in cui un leader politico reale assume un serial killer con la faccia da clown per diventare nuovo ambasciatore del suo Paese, in una scena che ricorda tanto l’inizio de La pallottola spuntata, quanto il patriottismo reaganian-stalloniano di Rocky IV.

Starlin ce la mette tutta per cercare di dare una patina seriosa e contemporanea alla sua storia, ambientandola in Paesi martoriati da guerre e carestie, mentre il Joker afferma di essersi impoverito a causa della Reaganomics. In compenso, l’idea di fare un sondaggio per decidere la sorte di Robin anticipa i tanti stunt promozionali degli anni a venire, con un escamotage mai più replicato.

Per molti anni, il “secondo Robin” fu uno dei pochi supereroi morti a rimanere tali.  Fino a quando non venne deciso di ripescarlo, trasformandolo in un supercriminale. E se pensate che eravamo pur sempre negli anni Ottanta, e che la DC non avrebbe più pensato di trasformare il Joker in un diplomatico mediorientale, guardate qui (Birds of Prey #16, 2000):

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Joker ambasciatore… di nuovo

Perlomeno stavolta è il celebre Stato – fittizio – del Qurac.

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