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RecensioniNovitàSugar Skull: dall'adolescenza Charles Burns non guarirà mai

Sugar Skull: dall’adolescenza Charles Burns non guarirà mai

 

Probabilmente non c’entra nulla, almeno non direttamente. Ma mi è capitato di (ri)sentire gli Undertones (punk rock irlandese di fine Settanta) proprio nelle stesse ore in cui leggevo l’ultimo Burns – capitolo finale della trilogia già composta da X’ed Out e The Hive – e il loro pezzo più famoso, Teenage Kicks, sembra proprio esprimere brevemente alcune delle idee e delle atmosfere esplorate da Burns nei suoi ultimi tre libri (Burns mette la questione molto più sul pratico di quel che sembrerebbe, ma entrambi si scontrano sogni adolescenziali, ragazze e droga che lasciano il segno).

Di riferimenti pop e musicali nella trilogia di Burns ce ne sono, ma sono piuttosto distanti e diretti alla tradizione (post)punk americana (in Sugar Skull si vede pure un tipo con una maglietta dei Flipper) e poi c’è molta psichedelia, tematica e visiva. Ma cosa arriva alla fine a dire Burns, dopo la straniante e discutibile scelta di una sorta di prologo di due volumi?

Are teenage dreams so hard to beat?

Prendiamola come ci pare. Che gli Undertones intendessero che è difficile stare al passo con i proprio sogni adolescenziali, che è difficile che ci sia qualcosa di meglio dei sogni adolescenziali, o che da questi sia difficile separarsi, queste idee sembrano appartenere anche a Sugar Skull. Le si trovano nelle pagine di Burns su più livelli di lettura, tanto che i sogni e gli incubi qui non sono altro che proiezioni di spettri del passato.

Leggi l’anteprima di Sugar Skull.

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Dopo il trip lisergico dei primi due albi – e in parte lo è anche questo terzo – Burns scaraventa il lettore di fronte a una realtà dei fatti più spietata e tangibile. Il protagonista, Dougy, ora adulto, non è troppo diverso dall’adolescente stralunato che avevamo visto prima, solo un po’ più bolso. Burns ci spiazza, perché se con X’ed Out era lecito pensare di essere solo di fronte a un prologo, con The Hive non aveva ancora mostrato intenzione di adottare un approccio narrativo più concreto. A quel punto, il viaggio onirico del protagonista, col suo alter ego Johnny 23, avrebbe potuto continuare chissà quanto. Peraltro, il costante spettro del citazionismo falsava in parte il giudizio, facendo passare la trilogia come un’opera di divertissement (intendo il chiaro riferimento a Tintin nella figura di Johnny 23, ma anche nel formato alla francese).

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Dopo un’altra carrellata di ambientazioni oniriche, il Dougy maturo di Sugar Skull appare come un tipo qualunque, con una relazione, un lavoro, e qualche problema di alcol alle spalle. È evidente che sia rimasto ancorato al passato, abbracciato al un’adolescenza che non gli appartiene più. A quel tema dell’adolescenza come malattia dalla quale non è detto di riuscire a guarire è rimasto abbracciato anche Burns, che per le sue riflessioni ha trovato una nuova chiave di lettura, talmente diversa da risultare sconveniente da paragonare a quel “monolite nero” che è Black Hole – se ve lo state chiedendo, sì, Burns ha raccontato anche altro, oltre all’adolescenza, in Big Baby o Skin Deep.

Per Dougy l’adolescenza non si è manifestata come una malattia metaforicamente deformante (in BH i ragazzi sviluppavano protuberanze animalesche), per lui il problema è ben più reale: l’incapacità ad affrontare l’età della crescita ha avuto conseguenze che non lo abbandonano mai. Gli spettri delle prime pagine si smascherano letteralmente. Si scopre cos’è che ha reso l’adolescenza di Dougy uno spettro incombente, una presenza intangibile e un rimorso inestinguibile.

Nelle sue ultime sequenze, questa trilogia cosparsa di simbologia e riferimenti si afferma come una lettura estremamente evoluta e dura, che chiede al lettore fiducia e impegno. Quello che all’inizio si prospettava come un esercizio, una variazione sul tema, diventa un lavoro psicologicamente brutale, addirittura commovente.

In Black Hole Burns porta il romanzo di formazione a scontrarsi con l’impatto e l’appeal del racconto horror moderno e simbolico. Nella trilogia, invece, crea qualcosa di ancor più maturo, che trascende i generi, ma soprattutto va oltre l’enfatica caricatura della demonizzazione/mitizzazione dell’adolescenza, portando la riflessione su un livello inaspettatamente molto pratico e ordinario.

Sugar Skull
di Charles Burns
Rizzoli Lizard
56 pag, colore – 22 €

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