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Crescere Quasi signorina a Napoli

È già da un po’ di tempo che la collana Gli anni in tasca dell’editore Topipittori (specializzato in ottime pubblicazioni per ragazzi) si è affermata come uno di quei progetti dell’editoria a fumetti italiana più interessanti e da tenere d’occhio (spesso animata da nuovi talenti). Nei libri a fumetti della collana gli autori compongono racconti autobiografici della propria infanzia, tanto indirizzati al pubblico giovane quanto al lettore più adulto.

Qualche titolo passato meritevole di segnalazione? Senza dubbio il divertente Magnifico lavativo di Tuono Pettinato, racconto frammentato da episodi dell’infanzia dell’autore messi insieme ed elaborati con efficacia e comicità frizzante. Un titolo invece passato forse leggermente inosservato è Capriole di Marina Girardi, un mémoire raffinato e appassionato, che rappresenta un ottimo compromesso tra il linguaggio narrativo e grafico del fumetto e quello del picture book per i più giovani.

L’ultimo arrivato della collana è Quasi signorina di Cristina Portolano, il debutto sulla lunga distanza dell’autrice napoletana (già attiva da anni su autoproduzioni come Ernest, e antologie come Delebile). Come da compito di Gli anni in tasca, la Portolano si racconta dalla nascita all’inizio dell’adolescenza, e lo fa scattando una varietà di istantanee (molti gli intermezzi illustrati di singole pagine che intercalano il libro) e raccontando brevi ma efficaci aneddoti di vita familiare.

Leggi anche: Nello studio di Cristina Portolano

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La suddivisione in capitoli e scene distanti e frammentate è utile per poter raccontare un così ampio arco di anni in poco più di centocinquanta pagine e necessaria, avendo per le mani materiale narrativo sottoposto per forza di cose all’erosione del tempo e dei ricordi. Non è comunque facile mantene attenzione alla storia e coerenza. Portolano ci riesce bene, gestendo ogni episodio con ritmo e tono da commedia, cioè mantenendo un costante equilibrio tra la serietà dei fatto reali  e realistici e l’umorismo con cui li racconta.

Le vicende di Quasi signorina, ambientate tra i vicoli del centro di Napoli o tra le mura domestiche, sono raccontate con uno spiccato senso dell’ironia prettamente partenopeo, quasi tradizionale e dalla forte fisicità. Le vignette si susseguono con una cadenza misurata, con innata dimestichezza alla recitazione; i volti sono grottescamente contorti e deformati, con in bocca la battuta più spiazzante, secondo le tempistiche giuste. Le espressioni recitate dai personaggi e il frangente in cui l’autrice decide di fotografare la loro gestualità sembrano nascere dall’immaginario della recitazione e del teatro napoletano.

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Le figure maschili – che siano il padre o Maradona – paiono interpretate da Massimo Troisi, con l’ampia dentatura sempre in vista, l’occhio espressivo e un po’ fuori dalle orbite. Il contesto popolare napoletano è protagonista del racconto, si manifesta nella irruente presenza scenica dei personaggi e si esprime anche in altri elementi. Poi ci sono, per forza di cose, anche molti elementi pop, inscindibili dalla crescita di una ragazzina tra Ottanta e Novanta. Importanti nella formazione della protagonista sono in egual misura Maradona quanto Barbie. Due figure che – dal punto di vista dell’autrice ormai cresciuta – sono riconosciute come proiezioni del mondo adulto, di aspirazioni e di modelli distanti immaginari e mitizzati.

Nel susseguirsi di vicende e ricordi, l’autrice mantiene sempre viva l’autoironia. Il titolo stesso del libro suggerisce un costante mettersi in discussione. Portolano ride di sé fin dai primi vagiti. La scena della nascita è al limite tra barzelletta e aneddoto familiare e viene riportata con innocenza. È un passaggio (che si può anche riportare, visto che era già nella nostra anteprima) ma, per quanto banale, fa ridere per l’evidente sincerità. Non è poi l’unico del genere.
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Col proseguire del racconto e l’affacciarsi dell’adolescenza, lo spettro tematico si allarga. Quel “quasi” del titolo comincia a suggerire l’incapacità di adattarsi a una educazione e un contesto molto tradizionali. Il libro si chiude con l’affacciarsi della maturità e il racconto dell’arrivo delle mestruazioni (non direi si possa definire uno spoiler, questo). Ma non solo. Le ultime pagine calcano molto la mano su un disagio strisciante verso l’età adulta e verso la necessità di affermare una propria identità. Più di altri libri dello stesso genere (e della stessa collana) Quasi signorina lascia un certo gusto amaro sul finale. Non è tristezza nostalgica, quella con cui si conclude il libro (e che nemmeno si sente nel resto del racconto), bensì la consapevolezza che ci sia altro da raccontare. Come se quel capitolo verso cui si incammina la protagonista nell’ultima pagina meriti approfondimento a sé, il proseguo di quella che solo si accenna come ricerca nel proprio passato più che un semplice resoconto.

Quasi signorina
di Cristina Portolano
Topipittori
165 pagine, colore – 16 €

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