Nella terza pagina di More Fun, il surrogato finzionale di Bacilieri (il suo alter ego nel fumetto, cioè il caro vecchio Zeno Porno) si chiede «Sarà mica un accidenti di metafumetto? Speriamo di no… non li sopporto». Eppure, nonostante le paure del protagonista/autore, More Fun apre anche a una riflessione sul medium e, soprattutto, sulla sua posizione nella storia della cultura di massa. Ma forse è meglio darsi una calmata con i paroloni (ecco qua: meta-recensione!) e fare un doveroso passo indietro.
Con More Fun, Paolo Bacilieri riprende e conclude il progetto iniziato nel 2014 con Fun, pubblicato anch’esso da Coconino. I due volumi, ispirati dalla ricerca di Stefano Bartezzaghi (già figlio dell’enigmista Piero) compongono una sorta di storia a fumetti del cruciverba, a più riprese inframmezzata da racconti di spiazzante quotidianità, in apparenza scollegati dai motivi principali. Come contrappunto alla narrazione storiografica, troviamo inoltre una sottotrama poliziesca, che si dipana intorno a un tentato omicidio nei confronti di Pippo Quester (una specie di Umberto Eco), ossia l’autore fittizio della reale storia del cruciverba che occupa il resto delle pagine. Come si evince da questo breve riassunto, la struttura del graphic novel è assai complessa, se consideriamo come buona parte del volume consista in un adattamento a fumetti di quella che è a sua volta una mise en abyme, un ‘libro nel libro’, ossia il saggio che Pippo Quester sta scrivendo.
Eppure, Fun – intendendo il progetto complessivo – è molto più di un’interessante genealogia del cruciverba. È una geografia sentimentale di luoghi-simbolo della contemporaneità, tra Parigi, New York e soprattutto Milano, mai così bella sulle pagine di un fumetto.
Nelle tavole di Bacilieri, il cruciverba e l’architettura urbana si sovrappongono alle modalità espressive del medium fumettistico, per entrare un in discorso condiviso sulla percezione della modernità. In questo modo, gioco e medium vengono assorbiti in quell’insieme di esperienze estetiche di inizio Novecento che, un po’ come il flâneur per Walter Benjamin, rispecchiano e nel frattempo forgiano il senso collettivo del moderno. La frammentarietà dell’esperienza urbana, la razionalizzazione delle forme, l’estetica verticale dei cartelloni pubblicitari: leggere la pagina diventa così ‘leggere’ la città, mentre fumetto e cruciverba concorrono a quell’eccitante sequela di stimoli che è la chiave dell’esperienza moderna. Come scrivono J. Ahrens e A. Meteling nella prefazione all’interessante raccolta di saggi Comics and the City (2010):
Il fumetto ha un certo livello di autoreferenzialità. Come autentico medium della modernità urbana, non solo rispecchia aspetti della vita moderna, ma ne adotta l’estetica formale e i prerequisiti culturali [p. 6, traduzione mia].
In Fun, il fumetto come elemento culturale fa capolino anche attraverso la serie di citazioni e riferimenti, che Bacilieri inserisce per spostarsi nel territorio ironico e riflessivo del postmodernismo. Quindi, tra Testa di Martello (un vecchio villain di Spiderman), i Peanuts, la rivista Métal Hurlant, è legittimo pensare che la misteriosa attentatrice situazionista Mafalda, di origine argentine, possa essere un dissacrante ibrido tra la creatura di Quino, già citata nel primo volume, e la sexy fotografa Valentina di Crepax.
Fra le altre cose, questa sottotrama di impronta noir, caratterizzata dai riferimenti tipici del genere poliziesco (omicidio, investigazioni etc.) si lega a doppio filo con la riflessione su modernità e fumetti, se pensiamo a come la crossword craze sia coeva alla nascita del sistema dei generi nel fumetto americano. È infatti nei tardi anni Venti, nel pieno boom delle “parole crociate”, che le comic strips sui quotidiani iniziano a strutturarsi intorno a formule narrative e modelli estetici ben definiti, mutuati entrambi dalla letteratura e dal cinema. Il 7 gennaio 1929 vengono infatti pubblicate le prime strisce sia di Tarzan, disegnato dal grande Hal Foster, che inaugura il fumetto d’avventura, sia di Buck Rogers, progenitore dei comics di fantascienza. Poco dopo, nel 1931, arriviamo proprio al poliziesco, con Dick Tracy di Chester Gould, giallo procedurale dalle tinte hardboiled.
Per certi versi, le due parti di Fun mettono in scena la tensione ideale tra queste composizioni formulaiche, tipiche del fumetto ‘di genere’, e le esperienze dimesse e quotidiane (qualcuno direbbe borghesi) del graphic novel post-underground, diciamo da A Contract with God in poi. A dirla tutta, potremmo persino percorrere a ritroso la controcultura, per risalire a Jungle Book (1959) di Harvey Kurtzman, nume tutelare dell’underground da cui Bacilieri (come molti altri) riprende il gusto per i balloon ‘ombelicali’ – così come li ha chiamati Eisner in un’intervista con Bill Fingeroth del 2003.
In qualche modo, Fun rappresenta un compendio di queste diverse anime del fumetto, a cavallo tra gusto popolare e sofisticazione autoriale, in piena coerenza con l’esperienza artistica dell’autore. Soprattutto, tutte queste declinazioni narrative vengono messe in relazione con l’altro grande figlio del modernismo popolare di inizio secolo, il cruciverba, per comporre un affresco sugli stravolgimenti percettivi e sensoriali nel primo quarto di Novecento.
Qualcuno diceva che, nell’epoca moderna, tutto ciò che è solido svanisce nell’aria. Ora che anche Umberto Eco non c’è più, possiamo dire lo stesso per Fun? Come ogni volta, mi chiedo cosa ci rimane in mano a fine lettura. La risposta è a pagina 108, nella descrizione del primo numero de La Settimana Enigmistica: “Concezione innovativa e moderna, veste grafica chiara, semplice, ma originale, a cominciare dalla testata, standard qualitativi molto elevanti su ogni aspetto: cruciverba, giochi enigmistici, rubriche, rebus, vignette umoristiche, tecnologia di stampa […] ed estrema cura per ogni dettaglio”.
Fun e More Fun
di Paolo Bacilieri
Coconino Press, 2015 e 2016
139 e 156 pagg., 18,00 e 19,00 €